A cura di Claudia Babudri
Passano i secoli ma Nicolò Paganini rimane uno dei personaggi pubblici più noti della storia. È stato capace di valicare i confini della propria arte, entrando di diritto nel pantheon della cultura internazionale. Un uomo che ha segnato il suo tempo, ricordato anche in semplici locuzioni quotidiane come la celebre “Paganini non ripete”, frase che l’artista avrebbe rivolto a Carlo Felice di Savoia, ancora oggi usata da coloro che non vogliono ripetersi in qualcosa. Cosa ha significato per lei scrivere di Paganini, confrontarsi con lui? Quali sono state le sue emozioni a proposito?
La scelta di scrivere un romanzo su Paganini è stata meditata da tempo. L’amore indiscusso che lega la mia persona alla musica nasce da quando ero molto piccola, essendo una costante nella mia vita familiare. Avevo sognato un futuro da musicista, ma ciò non è accaduto, in quanto ho seguito altre strade nella mia formazione. Nonostante ciò, la musica ha sempre fatto parte del mio essere. Proprio per dare un senso a questa spinta che sento ribollirmi dentro, ma che avverto come qualcosa che non prende concretezza in quanto la mia professione mi porta verso altri ambiti, ho deciso di scrivere un romanzo che trattasse di musica. L’intento principale è quello di riuscire a rendere la magia della musica attraverso quella scrittura e spero di esserci riuscita. La scelta della figura di Nicolò Paganini è dettata dal fascino che emana il musicista, la cui vita è contornata da un alone di mistero. Proprio con l’intento di svelare, a me stessa e al pubblico, quale può essere il senso di questa personalità controversa, ma nello stesso tempo dotata di un talento eccezionale che ha stupito intere generazioni, la mia scelta è ricaduta su Nicolò Paganini e ne sono felice, in quanto dalle ricerche svolte sono riuscita a comprendere molte verità che connotano la sua esistenza e che ne hanno fatto uno dei musicisti più grandi di tutti i tempi.
Paganini aveva umili origini. Madre casalinga e padre semplice lavoratore nell’ambito dell’imballaggio e stoccaggio delle merci. È noto il comportamento non sempre dolce e calmo di quest’uomo nei confronti della sua famiglia. Nonostante questo, è proprio grazie a suo padre, Antonio, che Nicolò si avvicinò alla musica, interessandosi al mandolino, suonato dal genitore a livello amatoriale. Fu proprio quest’ultimo il suo primo manager, volenteroso – come leggiamo nel suo libro – di farne un musicista ad ogni costo. La superiorità tecnica dell’artista era infatti dovuta al talento e all’ossessiva preparazione del maestro, il quale, secondo le fonti (in primis lo scrittore tedesco Julius Max Schottky, autore della prima biografia ufficiale del Maestro), avrebbe detto: “Se non mi esercito per un giorno me ne accorgo io. Se non mi esercito per due se ne accorge il pubblico”. Quanto, secondo lei, può aver influito la rigida educazione paterna sul modus operandi così metodico del grande musicista?
La rigida educazione paterna ha sicuramente influito molto sulla formazione del carattere del grande musicista, che sin da piccolo è costretto a lunghe ore di studio e applicazione sullo strumento. Il metodo educativo adottato dal padre è stato rischioso, in quanto avrebbe potuto scatenare nel giovane una repulsione verso lo studio della musica, che tanto lo assilla per lunghe ore di esercizio stancante e ripetitivo. Nonostante questo, l’amore di Paganini verso la musica rimane inalterato, segno che fa parte del suo intimo. Nicolò Paganini è individuato, sia in vita che dai posteri, con numerosi appellativi. Tra di questi ve n’è uno che risulta emblematico, “l’uomo violino”, proprio a indicare il legame indissolubile che ha sempre accostato Nicolò alla musica. In nessun modo il giovane avrebbe potuto rinunciare alla sua passione. La musica è per lui come l’aria e l’acqua. La determinazione del padre, in un certo senso, ha agevolato l’adempimento di un progetto che è già ben rappresentato nella personalità del giovane.
Nella seconda metà del Seicento, Genova appare ricca di stimoli culturali, punto di incontro di importanti personalità. Nel suo romanzo, lei accenna al grande maestro Rodolphe Kreutzer. Paganini suonò con lui alla presenza di Giuseppina Bonaparte. Nel suo libro il lettore partecipa vivamente all’emozione del giovane violinista al quale è stata data l’occasione della vita…o una sfida da vincere. Per quale delle due propende di più?
Nicolò Paganini sapeva che un giorno sarebbe riuscito ad affermarsi e a far conoscere la sua musica al mondo. Era solo questione di tempo. Giovanissimo esprime una grandissima forza di volontà nell’inseguire il suo sogno e ogni occasione è buona per portare a compimento il grande progetto che è scritto dentro di lui. Vive ogni opportunità con passione e forza, trasmettendo al pubblico il suo grande amore per la musica.
Paganini fu uno straordinario compositore e polistrumentista. Oltre il violino suonava anche mandolino e chitarra. Fu un talento indiscusso vissuto in una epoca di grandi cambiamenti sociali, politici e culturali promossi da importanti intellettuali e artisti con cui il maestro entrò in contatto (Madame de Staël , Foscolo, Ingres e gli amici Gioacchino Rossini e Mauro Giuliani). La sua carriera e la sua fama non hanno conosciuto crisi perché il suo talento e la sua reputazione erano tali da non poter essere strumentalizzati politicamente. Alla luce di quanto ha scritto nel suo libro, quanto si trova d’accordo con questa affermazione?
Sono pienamente d’accordo con questa affermazione, anche perché il carattere estremamente determinato di Nicolò Paganini non avrebbe permesso a nessuno di strumentalizzare il suo talento. Il grande musicista ha avuto la capacità di attuare e rendere concreta ogni sua volontà, e tutto ciò che lui è diventato e ha fatto è stato fortemente voluto.
Ha descritto in maniera vivida e calzante le emozioni che la musica del maestro riusciva a suscitare nel suo pubblico. Paganini aveva una capacità comunicativa senza pari. In che misura ritiene che questa virtù, il suo saper vivere e imparare da esperienze disparate, sia stata influenzato dalla frequentazione di ambienti diversi (popolare e aristocratico)?
Senza dubbio la sua vita densa di stimoli, e il contatto con ambienti diversi, hanno contribuito notevolmente a formare la personalità del musicista che si è trovato varie volte a interagire nelle situazioni più disparate. Nonostante la sua famiglia non provenisse da un ambiente aristocratico, Nicolò è riuscito a inserirsi in modo ottimale all’interno delle corti più in voga per il periodo, facendosi amare e desiderare per le emozioni che riesce a suscitare. A queste esperienze se ne sono accostate altre in ambiti più popolari, nei quali Nicolò ha anche trovato l’amore.
Paganini non era fisicamente un adone. In più, svariate patologie ne colpirono il fisico, portandolo nel tempo a consumarsi. Tralasciando la bellezza indiscutibile della sua musica, egli risultava piacente fisicamente nonostante l’aspetto non proprio felice. Nel suo libro ha raccontato le molteplici storie e avventure del maestro, tra le quali, Eleonora, l’unico affetto vero, tra i tanti usa e getta preferiti per motivi di interesse. Dunque, per quanto concerne Paganini uomo e seduttore, alla luce di quello che ha raccontato nel suo romanzo, quanto il Maestro è stato strumentalizzato ed usato (o ha lasciato che lo fosse) dalle ricche e frivole aristocratiche presso cui ha lavorato e si è esibito? Quanto se ne è pentito dopo?
La vita di Paganini è stata costellata da innumerevoli storie d’amore con donne piacenti dell’aristocrazia, ma anche con donne di estrazione popolare, con le quali il maestro ha intrecciato una relazione. Nicolò è affascinato dalle donne; potrebbe essere identificato come un seduttore. Tutto questo avviene nel quadro della grande musica che lo spinge a viaggiare molto di città in città, impedendogli di legarsi a una donna in particolare. Tra tutte le avventure amorose, i sentimenti provati verso Eleonora Quilici appaiono più sinceri. Difatti è l’unica che sarà citata nel suo testamento, alla quale riserverà una rendita stabile. Ironia della sorte è anche l’unica donna con la quale Nicolò non ha una relazione intima, ma il loro rapporto si intesse su sentimenti di stima reciproca e di rispetto. Quando il maestro si sarà affermato pienamente, e la sua carriera prenderà il volo, si renderà conto di avere tralasciato proprio quel sentimento che, se coltivato, lo avrebbe portato alla felicità. Purtroppo la sua è una lotta interiore contro la voglia irrefrenabile di affermazione, di far conoscere a tutto il mondo la sua arte.
Giornali, passaparola e lo stesso atteggiamento teatrale e anticonformista di Paganini, così incline alle sfide con se stesso e con gli altri, hanno contribuito ad accrescerne il mito di “musicista del Diavolo”. Alla luce di quanto scritto nel libro, si evince una notevole invidia nei confronti del grande compositore, colpevole solo di essere bravo e di saper utilizzare a suo vantaggio la pubblicità (soprattutto cattiva). Ad esempio, i giovani musicisti del Teatro Argentina da lei descritti, scornati dal confronto impossibile con Paganini, lo accusano di possessione. Come si dice, la volpe che non arriva all’uva dice che è acerba?
È sicuramente vero che verso la figura di Nicolò Paganini ci sia stata l’invidia degli ambienti dei musicisti del tempo, ma è anche vero che Nicolò non se ne cruccia molto, sicuro che la sua arte non abbia eguali. La gelosia e le malignità gli servono anzi da stimolo per sfidare proprio coloro che lo avversano, riuscendo ad avere vittorie schiaccianti su ogni campo. La grandezza del musicista sta proprio in questo: nell’unione tra un grande talento e una personalità molto forte e determinata.
Nel suo libro ha parlato in maniera toccante dell’artista e del violino che lo ha reso celebre. Nel capitolo dedicato alla sua creazione, il lettore può rendersi conto della cura con cui il Guarneri, celebre liutaio, sceglie il legno adatto alla fabbricazione dello strumento. Esso diviene materia viva nelle mani di Paganini, compositore di musica immortale. Potremmo definire il Cannone e le opere del maestro, non solo testimonianza della sua presenza storica ma anche suo eterno testamento al di là del tempo e dei tempi?
Il connubio con uno strumento molto particolare, quale è il Cannone, attualmente conservato a palazzo Doria Tursi di Genova, è una costante nella vita del grande musicista. Paganini spesso lo individua come “il mio Cannone violino”. Di Paganini ci rimangono molti oggetti ma, senza dubbio, il Cannone è quello più rappresentativo in quanto, quando viene suonato, ci permette di ascoltare ancora la voce della musica di Nicolò Paganini. Si tratta di un vero e proprio testamento musicale che è destinato a parlare ai posteri, alle nuove generazioni, rappresentando un ricordo indelebile del grande musicista.
Ho trovato altrettanto toccante il rapporto di Paganini con il figlio Achille, presenza costante nella vita di suo padre, specialmente negli ultimi momenti, quando si scopre tutta l’umanità e la fragilità di un uomo al tramonto. Nel libro, ne descrive il rapporto unico e privilegiato, frutto di un amore (purtroppo sfortunato) con una soprano dell’epoca. Achille è rimasto al suo fianco fino alla fine, battendosi per suo padre e per il suo violino, cercando di proteggerli entrambi e a tutti i costi. Potremmo affermare che, alla fine, quest’uomo dalle forti passioni, abbia trovato redenzione nel figlio e nell’amore, vero, disinteressato e genuino, che provava per lui?
Nicolò Paganini è stato un uomo fortemente passionale, che nella vita insegue una meta precisa. La sua esistenza spesa per la musica non gli permette di avere degli amori stabili, ma il fato vuole che il suo attaccamento alla famiglia si concretizzi con la nascita del figlio Achille, al quale Nicolò è legatissimo. Questo amore è fortemente ricambiato, in quanto sarà proprio il figlio Achille ad avviare un percorso di riscatto del padre, giungendo a dargli adeguata sepoltura all’interno del cimitero monumentale di Parma, dove le spoglie del grande musicista riposano con tutti gli onori che meritano.
“Quando la ragione non riesce a dare spiegazioni sulle capacità straordinarie di alcuni grandi uomini, che hanno segnato con il loro talento il cammino dell’umanità, subentra il sospetto, la calunnia, la menzogna. È quello che è accaduto a un genio indiscusso della musica di tutti i tempi: Nicolò Paganini. Il romanzo trasporta il lettore in un mondo di armonia e suoni, con l’intento evidente di manifestare la magia della musica attraverso quella delle parole, quale ragione profonda dell’esistenza.”