Trama
Romanzo – Se la Storia della fede non fosse come ci è stata tramandata?
Palestina, Anno Domini 1196.
L’incoronazione di Enrico VI di Svevia, secondogenito di Federico I Barbarossa, ha posto in essere la temuta unione di Impero e Regno di Sicilia, avversata dal Papa e dalla Chiesa, imponendo un nuovo modus vivendi carico di conseguenze sul piano politico. Anche la caduta di Gerusalemme (1187) ha costretto a nuove priorità e solo un’altra crociata potrebbe ristabilire le pretese di dominio della cristianità sull’Oriente. In questo scenario si svolge la vicenda del romanzo, ovvero dei manoscritti rinvenuti nelle grotte presso un eremo sperduto nel deserto. Una cronaca di misteriose morti e sparizioni perpetrate tra le mura monasteriali che Guigo, uno dei novizi, dovrà dipanare prima che sia troppo tardi, mentre qualcuno è disposto a tutto pur di scoprire il segreto degli antichi rotoli di pergamena dimenticati per secoli e protetti da un oscuro codice.
Recensione a cura di Laura Pitzalis
Degli uomini l’avevano affidato al grembo della terra perché lo conservasse e altri uomini l’avevano strappato all’oblio, tentando di comprenderne il significato
Attirata dalla copertina e dal titolo che mi ha evocato uno scenario di misteri, segreti e astrusità ho deciso di leggere
“L’eremo nel deserto” di Francesco Grimandi.
Già dalle prime pagine, come trasportata da una macchina del tempo, mi sembra di essere a gomito a gomito con i protagonisti, in un monastero in mezzo al deserto, al nulla: un’estensione di pietre e sabbia delimitata da tre montagne, rese tremolanti dall’aria calda e fissa, un deserto dai confini incerti che si dilatano all’infinito.
Le ore trascorsero eterne mentre il sole arrostiva crudele la terra arida. Guigo esaminò l’orizzonte: ogni luogo che prometteva un po’ d’ombra, ogni fessura che potesse garantire refrigerio era contesa tra gli esseri che abitavano quel mondo ostile e roccioso
Siamo in Palestina nel 1196 .La vita dei monaci va avanti giorno dopo giorno in un lento scorrere tutto uguale, fatto di monotonia e vana attesa. Ma non è stato sempre così. Un tempo era meta di pellegrini che giungevano per espiare i peccati e guadagnare la santa indulgenza, fino alla caduta di Gerusalemme da parte dei Saraceni e la successiva carneficina mossa dal loro odio esecrato verso i soldati cristiani e i cavalieri Templari. Il monastero riuscì a salvarsi da questo bagno di sangue ma rimase escluso da qualsiasi contatto con le terre cristiane che potevano essere raggiunte solo a costo di grandi rischi e sacrifici. Ora il mondo li ha scordati e loro hanno scordato il mondo fino al giorno in cui
Guigo, un giovane novizio, di vigilanza in un torrione delle mura del convento, vede avvicinarsi due sagome che man mano si raffigurano e diventano consistenti: due uomini che procedono stremati verso il monastero.
Pian piano, le due figure diafane si delinearono nel riflesso. Gli esseri diabolici acquisirono gambe e braccia poi volti infine sembianze umane.
E da qui si dipana una serie di eventi, omicidi, sparizioni che hanno come perno la biblioteca del monastero e delle antiche pergamene che, una volta decifrate, rivelano una difformità con libri su cui si basano i testi canonici ufficiali della Chiesa: la loro divulgazione comprometterà le fondamenta della Chiesa cristiana. Chi sono i due forestieri che si presentano al monastero? Cosa si nasconde dietro l’affannosa decodificazione delle pergamene? A chi possono essere utili? E perché? Non risponderò a queste domande per non rovinare il mistero in cui è avvolto il racconto. Le risposte le avrete leggendo il libro.
Come definire il romanzo di Francesco Grimandi?
Senza dubbio è un romanzo storico. Le vicende narrate infatti s’inseriscono in un quadro storico definito, quello del XII secolo, con le lotte fra il papato e l’impero e le contrapposizioni intestine alla Chiesa. Non lo definirei thriller, c’è un omicidio e una sparizione ma si sa chi ne è l’autore e il perché lo fa.
Forse un giallo, un giallo storico: c’è l’ambientazione, non solo in termini geografici e storici ma nella ricostruzione della società dell’epoca, in questo caso quella monastica , nella quale si svolge la vicenda, del modo di vivere e soprattutto di pensare dei personaggi.
Lo stile è scorrevole e chiaro, alcune citazioni in latino mi hanno ricordato “Il nome della rosa”, ma se ne discosta completamente. Diciamo che qui le citazioni non sono parte vincolante della trama, servono ad abbellire, come dei quadri in una stanza, dei camei. E in effetti non rallentano la lettura.
Un libro carico di cultura e riferimenti storici; l’amore per la storia è evidente in ogni pagina e sapientemente mescolata con la fantasia dell’autore, rendendo manifesto lo studio e la ricerca che c’è dietro la stesura del romanzo.
I personaggi sono ben caratterizzati e contraddistinti da passioni e caratteri così precisi che mi sembra di averli davanti, di vederli, di sentirli.
Così come realistiche le descrizioni degli ambienti: e mi trovo a gironzolare nello Scriptorium alla fioca e tremolante luce delle candele, tra antichi tomi, ad accarezzarne le coste bronzate, a respirarne l’odore d’antico, il profumo dei secoli.
La luce sottile delle candele rompeva a tratti le tenebre, svelando nei suoi guizzi l’austera imponenza del luogo. Due file di colonne lo attraversavano, reggendo gli aguzzi costoloni che si innervavano nel soffitto e la teoria di finestre altissime che gli cingeva corona.
Un leggìo troneggiava al centro, dominando i banchi posti sotto le finestre e gli scaffali addossati alle pareti colmi di preziosi codici; una fitta selva di coste in pelle brunita e di legature d’oro si levava a baluardo contro l’oblio degli uomini.
Oppure a camminare nelle strette gallerie, scavate nella roccia, dei sepolcri comuni, rischiarate dalla flebile luce delle torce, avvolta da un’aria gelida e infreddolita dall’umidità emanata dalle pareti.
Al passaggio delle fiaccole accese, le mummie scheletrite che si affacciavano dalle nicchie ricavate nei muri, sembravano animarsi, abbandonando l’inquietante riposo, come se in esse rifluisse la vita. […] In quella zona di confine tra i vivi e i morti ognuno difendeva il suo dominio.
Sicuramente un libro che mi ha suscitato domande su alcuni aspetti religiosi, e più volte mi sono chiesta se i fatti narrati fossero veri o frutto dell’immaginazione dell’autore. Questo mi ha portato ad approfondire, a scavare, a capire la parte nascosta del libro rendendolo vivo anche quando, finito di leggere, l’ho riposto in libreria.
Copertina flessibile: 233 pagine
Editore: Independently published (3 dicembre 2018)
Lingua: Italiano
ISBN-10: 1790684242
ISBN-13: 978-1790684243
Link d’acquisto volume cartaceo: L’eremo nel deserto
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