Trama
“Paleolithic” è un racconto fluido e visivo che permette di immaginare un mondo perduto che solo le evidenze archeologiche riescono a narrare. Tutta la vicenda si sviluppa sullo sfondo della Siberia sud orientale di 22.000 anni fa. La scelta non è casuale. Questo immenso continente è stato da sempre considerato un luogo affascinante e quasi magico, per la gelida tundra del nord e la più mite steppa del sud, adorna di conifere. È una storia di amori, amicizia, magia, guerra e tradimenti, che affonda le sue radici nel tempo remoto delle nostre origini e che riproduce l’immagine della natura umana nel caleidoscopio delle sue diversità di forme e sentimenti. Un viaggio affascinante tra sei tribù, in lotta per il potere e per il possesso di una preziosa erba, le cui storie si intrecciano in un avvincente susseguirsi di colpi di scena. Inizia la tiepida stagione delle bacche mature e un gruppo di donne guerriere, capeggiate dalla coraggiosa quanto scellerata Barz, intraprendono un viaggio per raggiungere il villaggio dei Lenidi. Una profezia inascoltata innescherà la fitta trama del romanzo in cui il Grande Spirito giocherà con il destino degli uomini.
Recensione a cura di Maria Rita Truglio
Il Paleolitico Superiore, ovvero il periodo compreso fra i 40.000 e 16.000 anni fa, ebbe inizio in Africa e Asia e fu un’ era caratterizzata da una economia basata su pesca e caccia.
La storia che ci presenta
Stefania Nicolai è ambientata in Siberia e come scrive lei stessa in una nota per noi lettori, ha voluto dare rilievo alle origini delle radici culturali dei nativi americani che attraverso lo stretto di Bering giunsero nel continente americano.
Pagina dopo pagina si hanno assaggi di quelli che erano usi e costumi di quei popoli: dall’utilizzo dell’ossidiana per le lame o ciondoli, all’utilizzo dell’avorio per le armi.
Ma andiamo con ordine.
Sei tribù popolano il territorio:
I Lenidi, i Wakidi, le donne guerriere, gli Atarita, i Norkesh, il popolo nomade.
I capi tribù vengono ispirati dallo sciamano, figura in grado di dialogare col Grande Spirito e quindi capace di consigliare e guidare.
Lo sciamano si presentò nella sua veste di gran guaritore, con il copricapo di ossi e conchiglie, il volto impiastrato di colori e tatuaggi, i denti giallastri che sbucavano da una bocca tinta di nero
Non nascondo che inizialmente la moltitudine di personaggi mette un po’ in soggezione. Si ha la sensazione che la storia prenda una strada dissestata da cui difficilmente districarsi. Niente di più sbagliato. Dopo le prime pagine che ho definito di “assestamento”, la strada è spianata a quello che sarà un racconto che mette alla prova lo stupore del lettore.
Merito indiscusso della penna dell’autrice, bravissima a raccontare il tutto in modo lineare, in cui gli eventi si incastrano alla perfezione.
Ad accendere la miccia è
Barz una delle Donne Guerriere che, non credendo alle profezie, non segue il consiglio dello sciamano Papua e decide di seguire la strada più breve. Deve infatti, con alcune delle sue compagne, riportare al villaggio Lenida i figli maschi che, dopo i due anni d’età, devono continuare a crescere con i padri.
Il Popolo delle Guerriere è composto da sole donne il cui compito è quello di allevare le figlie femmine crescendole come combattenti,
sacrificandone la femminilità e gli affetti.
Appartenere ad una stirpe così leggendaria era l’orgoglio e la dannazione di tutte loro: non erano ammessi sentimentalismo o debolezze e, per migliorare il tiro con l’arco, era necessario rinunciare perfino alla femminilità sacrificando la crescita del seno destro
Da quel momento si scateneranno una serie di eventi che metteranno in pericolo la flebile pace esistente.
Tutte le tribù si ritroveranno coinvolte contro i Wakida, in assoluto il gruppo con più sete di vendetta, non solo per un torto subito ma anche per il possesso di un’erba dalle proprietà curative.
In mezzo agli scenari naturali di una
Siberia Paleolitica, assistiamo a guerre per la supremazia ma anche ad amori ed amicizie, determinanti nelle battaglie.
La Valle dei Venti si era trasformata molte volte, aveva indossato il manto candido della neve, quello sonoro e svolazzante delle foglie cadute, quello del fresco e gioioso dei fili d’erba caldi di sole
Un libro costruito coniugando lo storico al fantastico, tra riti e magia, in cui credenze popolari e vita sono un tutt’uno;
un libro che permette di avere non solo uno sguardo al passato ma anche al futuro. La caratterizzazione dei personaggi ci porta a conoscere tutti i lati dell’essere umano compresa la determinazione di alcuni. Come la figlia di Barz che non accetta il suo destino di donna guerriera e combatte per la propria emancipazione.
Tra vite perse e tradimenti le tribù capiscono che nulla possono contro il volere di madre natura e che
la loro presunzione è un cancro da estirpare.
Perché il vero perdono è dimenticare ogni male subito, del tutto e per sempre
Un libro ambizioso come questo poteva essere un’arma a doppio taglio. Come già detto, c’era il rischio che risultasse pesante nei suoi intrighi e ingarbugliato nei suoi intrecci, ma il risultato è una lettura fluida che gioca con la mente di chi legge:
quando pensi di sapere, non sai. I colpi di scena possono essere dietro l’angolo. Dulcis in fundo, il finale aperto fa pensare ad un probabile sequel. Lo spero.
Copertina flessibile: 568 pagine
Editore: Espera (16 ottobre 2018)
Collana: ArcheoRacconti
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8899847142
ISBN-13: 978-8899847142
Link d’acquisto volume cartaceo: Paleolithic
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