“Dico che il farmacista non deve essere fanciullo né troppo giovane, né superbo, pomposo, o dedito alle donne e alla vanità; si astenga dal gioco e dal vino, sia sobrio e non indulga alle carapule e disdegni i banchetti: ma sia premuroso, sollecito, di animo mite e onesto, timoroso di Dio e della propria coscienza. Sia retto e giusto, coscienzioso soprattutto verso i poveri. Sia anche ben istruito ed esperto nell’arte sua, non rozzo novellino, perché deve avere tra le mani la vita umana che è il bene più prezioso.”La qualità del prodotto venduto doveva essere alta, seguire regole prescritte dalla corporazione e superare anche controlli molto severi da parte di coloro che venivano definiti “veditori” o “saggiatori”. Particolare pensare che bastasse “la prova di due testimoni huomini di buona fama” per denunciare uno speziale alla corporazione. Addirittura era prevista una ricompensa di dieci soldi al giorno per coloro che venivano definiti “ricercatori”, cioè coloro che con il loro lavoro riuscivano ad individuare i ciarlatani. Nella seconda parte del saggio troviamo un inventario molto dettagliato della bottega dello speziale senese Domenico di Bartolomeo di Luca aromatario. L’autrice ne elenca le proprietà, l’arredamento interno della bottega ma soprattutto i prodotti da lui utilizzati e venduti. Sono rimasto affascinato dalla quantità di curiosità elencate che ignoravo totalmente. Ve ne elenco alcune, lasciandovi con la curiosità che sarà soddisfatta nell’intervista all’autrice che seguirà nei prossimi giorni. Sapevate che gli speziali facevano uso di arsenico, sia liquido che solido? Avete mai sentito parlare dell’olio di scorpioni? Io ora so anche come veniva prodotto… E l’olio apostolico? Conoscete l’origine e il significato di questo nome? Il libro si chiude poi con un’appendice relativa all’attività del frate speziale del monastero francescano della Verna, anch’essa molto interessante e dettagliata. L’analisi da parte dell’autrice Veronica Ambrosino, pur concentrata in 90 pagine, è molto approfondita e fornisce un’utile guida a chi si volesse avvicinare allo studio di questa antica professione. Questo saggio può essere un ottimo punto di riferimento per chi cerca informazioni sull’attività degli speziali, uno studio molto interessante per comprendere meglio la professione e per ottenere spunti da inserire nei propri romanzi e racconti. Copertina flessibile: 90 pagine Editore: LULU PR (17 ottobre 2018) Lingua: Italiano ISBN-10: 0244725969 ISBN-13: 978-0244725969 Link d’acquisto volume cartaceo: Speziali a Siena nei Secoli XIV-XV
Trama
Gli speziali: un gruppo professionale di uomini che avevano fra le mani un’arte tra le più nobili, e prestigiose, in epoca medievale e non solo. In questo lavoro si passa dallo studio di alcuni passaggi del Breve senese degli speziali, (redatto nel 1356), all’analisi delle spezie usate a livello culinario e curativo nella cucina dell’ospedale Santa Maria della Scala di Siena e nella sua spezieria, soffermandosi, in particolare, sull’aspetto della dieta alimentare come cura. Con Domenico di Bartolomeo di Luca aromatario, speziale senese, vengono fuori tutte quelle caratteristiche che rendono questa figura lavorativa da considerare benestante e facente parte della classe medio-alta del tempo. Guardati come dei benefattori anche gli speziali del convento della Verna hanno, in queste pagine, una rilevanza notevole per il lavoro che svolgevano: costantemente alle “dipendenze” dei più bisognosi, alla stregua del propositum di S. Francesco.
Recensione a cura di Roberto Orsi
Veronica Ambrosino in questo breve e interessante saggio analizza nel dettaglio la figura dello speziale nel tardo medioevo.
Prendendo spunto da vari libri e pubblicazioni in merito alla figura dello speziale e soprattutto dal Breve senese degli speziali, un documento redatto nel 1356 riportato “in vita” nel 1942 dal lavoro dei due studiosi Cecchini e Prunai, l’autrice ci descrive questa intrigante professione, in una delle città italiane più affascinanti dal punto di vista storico.
Ma chi era lo speziale? Che ruolo aveva all’interno della società? Siamo sempre portati a pensare allo speziale come al nostro moderno “farmacista”. Ma in realtà non era solo questo.
Lo speziale era un imprenditore a tutti gli effetti: oltre ad avere specifiche competenze e conoscenze in ambito medicinale, gestiva un’impresa anche se di dimensioni medio piccole. Un artigiano e un commerciante, con un giro di affari molto consistente come ci dimostra l’autrice all’interno del saggio.
Creditori, debitori, fornitori e clienti di varia natura e genere, gli speziali avevano rapporti con tantissime realtà della società medievale. Dai semplici cittadini ai colleghi di altre botteghe, dagli ospedali (si veda l’analisi riportata dall’autrice sull’Ospedale di Santa Maria della Scala) ai conventi. Molti di loro erano legati alla curia e per il volume di affari generato finivano per appartenere a quella categoria sociale moderatamente abbiente.
Non si pensi che lo speziale vendesse solamente medicinali e prodotti per l’igiene e la salute; i prodotti presenti nella sua bottega erano di vario genere: cera, miele (usato in campo farmaceutico per le sue proprietà emolienti, energetiche e balsamiche), candele, pepe, mandorle, riso, carta, zafferano, noce moscata e cannella.
Queste ultime tre sono spezie che venivano impiegate, oltre che a livello culinario, soprattutto come rimedi medicamentosi. Sullo zafferano l’autrice si sofferma con una nota molto interessante e ci spiega come lo stesso venisse impiegato, grazie alla sua proprietà, come “viagra” femminile e come rimedio per la peste bubbonica. Interessante non credete?
Lo statuto della corporazione degli speziali senesi, analizzato in questo testo, prevedeva pene pecuniarie molto pesanti per coloro che esercitassero la professione senza seguirne i precetti. Segno questo, di una professione molto controllata, che richiedeva anche una certa specializzazione del personale coinvolto.