Continuano le interviste di Thriller Storici e Dintorni. Oggi abbiamo il piacere di avere con noi la scrittrice Valeria Montaldi.
Prima di iniziare con le domande, conosciamola meglio…
Valeria Montaldi è nata a Milano, dove ha seguito gli studi classici e si è laureata in Storia della Critica d’Arte. Dopo una ventina d’anni di giornalismo dedicato a luoghi e personaggi dell’arte e del costume milanese, nel 2001 ha esordito nella narrativa. Le trame dei primi sei romanzi sono ambientate nel Medioevo e si snodano fra i castelli della Valle d’Aosta, i vicoli di Milano, i boschi del contado lombardo, le strade di Parigi e i canali di Venezia. Nel settimo romanzo, La Randagia, l’azione si svolge in due epoche diverse, la contemporanea e la remota. Due storie noir che si intrecciano in uno stesso enigma, un gioco di specchi fra personaggi del passato e del presente.
I romanzi di Valeria Montaldi sono pubblicati in Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Grecia, Serbia, Ungheria, Brasile.
Valeria Montaldi vive e lavora a Milano.
Buongiorno, sig.ra Montaldi e grazie per aver accettato di concederci questa intervista.
Come è diventata scrittrice?
Dopo anni di giornalismo, ho deciso di cimentarmi nella narrativa: è stata una sfida con me stessa, considerando la differenza sostanziale che esiste fra un resoconto giornalistico e l’invenzione letteraria, ma l’idea mi stimolava molto e ho voluto provarci.
Perché proprio i romanzi storici e perché il medioevo?
Il medioevo, o meglio, il lungo lasso di tempo che impropriamente chiamiamo tale, è un periodo complesso, spesso contraddittorio e, proprio per questo, particolarmente interessante. Un periodo gravido di cambiamenti politici, di violenza e sopraffazione, ma anche di grandi rivolgimenti culturali e sociali: basti pensare al fiorire dei commerci, alla ramificazione di nuove tendenze artistiche e architettoniche, alla diffusione delle cosiddette eresie. Un terreno fertile su cui costruire storie di invenzione, ma con solide basi documentarie.
Come vede oggi il mercato editoriale soprattutto per il genere del romanzo storico?
Difficile, come qualunque altro “genere” letterario: siamo in molti a scrivere, mentre sono ancora troppo pochi i lettori.
Quanto è difficile essere originali oggi nel “dipingere” una storia?
È molto difficile, perché tutti gli scrittori hanno già scritto di tutto. In ogni caso credo che ciascuno di noi debba seguire il proprio istinto nello scegliere una tematica, evitando di calcolare in anticipo quella che potrebbe interessare al lettore.
Che rapporto ha con i social? La diffusione e il marketing attraverso le piattaforme web, dai blog alle pagine e gruppi facebook, sembrano essere molto diffusi. Lei come si rapporta con questo?
Li trovo molto utili, e non solo per diffondere notizie sulla propria produzione, ma anche per avere un confronto diretto con i lettori: spesso bastano le poche parole del commento a un post a far capire se si sia apprezzati o dove si stia sbagliando. Il che permette di sviluppare un’autocoscienza critica, fondamentale in questo lavoro.
C’è un libro della sua grande produzione a cui è più affezionata? Quello che consiglierebbe a tutti i lettori per iniziare a conoscerla?
No, li amo tutti allo stesso modo: in ognuno, ho messo grande impegno e non saprei proprio stilare una classifica di preferenze. Quanto al consigliare il lettore, credo che basti leggere la bandella di ogni singolo romanzo per avere un’idea del tema trattato e, di conseguenza, scegliere quello che può sembrare più intrigante. Sul mio sito web www.valeriamontaldi.it, alla voce Bibliografia, si trovano le sinossi di tutti i romanzi pubblicati.
Diversi suoi libri storici (ad es. “La ribelle”, “La randagia”, “La prigioniera del silenzio” e l’ultimo “il pane del diavolo”), hanno protagonisti femminili, donne dal carattere molto forte. Vuole parlarcene e spiegare il motivo di questa scelta?
Da scrittrice, trovo doveroso parlare di donne. Per troppi secoli la donna è stata alla mercé della volontà altrui, oggetto di soprusi, umiliazioni, violenze. Ritengo quindi necessario portare a conoscenza del lettore questa secolare condizione di sudditanza, senza tuttavia dimenticare che molte di queste donne hanno saputo combattere e ribellarsi a una condizione che ritenevano profondamente ingiusta, come appunto accade alle protagoniste dei romanzi che avete appena citato.
Parlando dell’ultimo suo lavoro, “Il pane del diavolo”, salta all’occhio la presenza importante del cibo e della cucina medievale. A cosa è dovuta questa scelta?
L’attuale proliferare del cosiddetto “cooking” su qualunque mezzo di comunicazione mi ha incuriosito: per capire il perché di questa nuova tendenza culturale, mi sono messa a studiare gli antichi ricettari, scoprendo con sorpresa quanto, anche molti secoli fa, l’arte della cucina fosse tenuta in gran pregio. Gli aristocratici ne facevano uno strumento di potere: ai loro banchetti, sontuosi fino all’inverosimile, si stipulavano alleanze, si dichiaravano guerre, si stipulavano matrimoni. Le portate, spesso stupefacenti, erano presentate con la stessa cura scenografica che troviamo oggi sulle tavole dei maggiori chef stellati. Un argomento interessante, insomma, capace di farci comprendere come, nel bene e nel male, la storia della cucina sia sempre andata di pari passo con quella dell’umanità.
Ci sono altri progetti in cantiere di cui vuoi/puoi parlarci?
Certo che ci sono, ma non penserete che voglia mettervene a parte, vero?!
Grazie mille per il tempo che ci ha dedicato. È stato un piacere averla ospite nel blog TSD
Sul nostro blog trovate anche la recensione all’ultimo libro pubblicato di Valeria Montaldi “Il pane del diavolo”