Per la rubrica delle interviste TSD, oggi abbiamo con noi Daniela Scimeca autrice di romanzi storici quale “Il mistero della tomba di Federico II” di cui potete leggere una nostra recensione, qui.
Prima di curiosare nella sua vita di autrice, conosciamola meglio:
Daniela Scimeca vive a Palermo, è laureata in lettere e insegna al liceo. Nel 1996 ha vinto il Primo Premio di Giornalismo giovanile “Dario Arrigo”, ha collaborato con la rivista Biblìon con pubblicazioni di carattere didattico. Nel 2010 ha pubblicato il romanzo La lunga marcia verso casa con SBC edizioni che ha ricevuto il Premio della Critica al Concorso Nazionale Val di Magra – Roberto Micheloni. Nello stesso anno, il suo racconto “La visita” è stato inserito nella raccolta E’ solo poesia con GDS Edizioni. Nel 2014, al concorso internazionale Nat Scammacca, ha ricevuto una segnalazione di merito per il racconto “Samir e gli altri” inserito nell’antologia Erice e Nat. Collabora con varie associazioni culturali, organizza laboratori di lettura per bambini, è lettrice volontaria nel progetto ministeriale Libriamoci. Scrive articoli e recensioni on-line, partecipa a reading poetici.
Quest’ultimo romanzo è stato finalista regionale al Premio RAI La Giara 2013.
Buongiorno Daniela e grazie per il tempo che vorrai dedicarci rispondendo alle nostre domande.
Parlaci un po’ di te, delle tue letture, dei tuoi generi preferiti. Ogni scrittore è anche un lettore, cos’è per te leggere?
Si, è vero, ogni scrittore che si rispetti è prima di tutto un buon lettore. Io sono sempre stata una lettrice onnivora, leggo molto e di tutto: dal thriller al saggio sulla formazione. Non c’è un libro che non leggerei e so che non mi basterà l’intera vita per leggere tutto ciò che vorrei.
In me c’è una leggera preferenza per le trame complesse che ben mescolano cultura, storia e immaginazione, trame che esprimono la complessità dell’uomo, dei contesti in cui vive. Esprimere preferenze per me è sempre molto difficile, comincerei con elencare i classici che mi hanno accompagnato durante gli anni di liceo a cominciare dall’Odissea e dall’Iliade, capolavori universali che lasciano un segno indelebile, arrivando ai capolavori dell’Ottocento e del Novecento come I promessi Sposi, I Malavoglia, La coscienza di Zeno, libri questi che mi hanno fatto compagnia e hanno incanalato i miei gusti verso la lettura. Arrivando ai giorni nostri, maestro indiscusso per me rimane Umberto Eco, la stella polare del mio cielo. Presi in mano Il nome della rosa a dodici anni, da allora fu amore a prima lettura, ho letto tutti i suoi romanzi e buona parte dei saggi, la sua capacità di creare interi universi solo con la parola e con il suo immerso sapere accumulato dalla lettura, credo siano un esempio per tutti gli scrittori del mondo. Altra autrice che mi piace molto è Matilde Asensi, anche lei maestra nel costruire thriller arguti complessi e molto originali. I suoi L’ultimo Catone e Il ritorno di Catone li considero dei capolavori da leggere assolutamente.
La storia cosa rappresenta per te?
La storia è una complessa trama di vicende che segna l’evoluzione umana. Dovrebbe essere magistra vitae, cioè maestra di vita e insegnare all’uomo attraverso i suoi errori, ma non lo è mai stata, non lo è adesso e non lo sarà mai. Gli errori nella storia si ripetono, così come i contrasti sociali, le guerre, le crisi.
Personalmente sposo la lezione manzoniana secondo cui in un romanzo scritto bene storia e fantasia
devono essere così ben mescolate da non potersi più scindere.
Daniela, quanto tempo dedichi della tua giornata alla ricerca e alla scrittura?
Ricerca e scrittura presuppongono molto spazio, sono necessari solitudine, riflessione interiore e un
completo isolamento dal mondo. È necessario aver un buon rapporto con se stessi, occorre ascoltarsi e seguire ciò che ci suggerisce la parte di più profonda di noi. Nella quotidianità non è semplice, cerco sempre di ritagliarmi qualche spazio per dedicarlo alla scrittura, ma tali spazi, tra il mio lavoro di insegnante e i miei ruoli di moglie e mamma sembrano sempre troppo pochi. Per scrivere un libro ci vogliono settimane, a volte mesi e puoi conciliare impegni così gravosi come l’insegnamento, la famiglia e la scrittura solo se hai molta passione e solo se chi ti sta accanto comprende e ti aiuta in questa impresa. In genere scrivo nel periodo estivo, quando riesco a dedicare almeno un paio d’ore al giorno alla scrittura.
Quando termini la stesura di un romanzo, che sensazioni provi? Quando finisco di scrivere, tiro un sospiro di felicità per essere riuscita a portare a termine un’impresa che sembrava ardua. Credo che la grande speranza di ogni autore, sia riuscire a scrivere qualcosa che valga davvero la pena leggere, che cambi in meglio il lettore e il mondo che lo circonda.
C’è un grande classico della letteratura, o uno scrittore del passato che senti abbia influenzato, in qualche modo, il tuo stile narrativo?
La capacità manzoniana di far trasparire l’ironia nella scrittura rimarrà sempre per me un punto di
riferimento a cui tendere. E poi, il già citato Umberto Eco credo che abbia molto influenzato la mia
scrittura, anche se il suo stile rimane unico e irraggiungibile.
Come nascono nella tua mente i personaggi comprimari dei tuoi romanzi?
Nascono dalla fantasia mescolata alle suggestioni del reale e forse anche dal mio inconscio. Nei personaggi, o scrittore, anche inconsapevolmente, mette qualcosa di sé, qualcosa di vero e riconoscibile.
C’è un altro personaggio storico di cui vorresti raccontare le gesta attraverso un nuovo romanzo?
In questo momento non c’è un personaggio in particolare che suscita la mia curiosità. Più in generale mi piacerebbe scrivere un romanzo su una qualche donna che abbia avuto un ruolo determinante nella storia.
Le grandi donne della storia, rimangono ancora oggi delle cenerentole, mi piacerebbe dar loro nuova dignità. Certo ce ne sono tante, avrei l’imbarazzo della scelta.
Parliamo del tuo libro: Il mistero della tomba di Federico II, finalista regionale al Premio RAI La Giara 2013. Com’è nata l’idea, cosa vorresti dire ai tuoi lettori per invogliarli nella lettura?
Tutto è cominciato sette anni fa, da un invito di mio padre a leggere un articolo su un quotidiano locale in cui si parlava della tomba di Federico, della sua apertura e dei resti di una donna sepolta accanto a lui di cui non si riusciva a capire l’identità. Mio padre mi suggerì quella lettura perché era convinto che ne potesse venire fuori la trama di un romanzo. Purtroppo mio padre morì qualche giorno dopo all’improvviso. E quel suo suggerimento divenne una sorta di testamento morale.
La ricerca storica, in particolare, relativa alla stesura di questo tuo ultimo romanzo è stata per lo più incentrata sulla storia della Sicilia. Il desiderio o la ”lampadina”, che ti hanno fatto decidere di dedicare a Federico II un tuo romanzo, sono scaturiti proprio dallo studio delle origini storiche della Sicilia oppure avevi una predilezione per Federico II?
La scelta è venuta fuori dalle ricerche che feci sulla questione della tomba di Federico. Notai che la storia era molto intricata e, in particolare, da quando le indagini scientifiche avevano dato prova certa che i resti del terzo corpo appartenessero ad una donna, storici e storiografi si scervellavano per poter capire l’identità, ipotizzando alcuni nomi di donne che avrebbero potuto essere sepolte accanto all’Imperatore.
Insomma c’erano tutti i presupposti per costruire una trama attorno alla questione includendo ovviamente il grande Federico. Inoltre all’Università di Lettere, avevo avuto l’occasione di studiare le due opere storiografiche (a mio parere più complete) su Federico II e la sua epoca come “Federico II imperatore” di Ernst H. Kantorowicz e “Federico II” di David Abulafia, quindi avevo già una conoscenza pregressa molto ampia sul personaggio storico e il suo tempo.
Grazie per la tua disponibilità Daniela! A presto con le prossime interviste di TSD!
Roberto e Sara