Trama
“Non nascerà mortale più bello di lei” così profetizza Zeus, mutatosi nel cigno che feconda Leda; e così, con la nascita di Elena la Splendente, inizia questo romanzo che racchiude in sé tutto il cosiddetto “Ciclo Troiano”. Storie che arrivano da lontano, da teogonie e miti antichissimi, che cantano il destino comune di dei e uomini per narrare una parabola funesta e accecante: il passaggio dall’età dell’oro a quella del ferro, la fine del tempo degli eroi. Storie che si intrecciano proprio in virtù della bellezza di Elena, la più desiderata, la più contesa e imprendibile. Ma Cesare Sinatti non si limita a riattualizzare i miti, allontana gli dei dal mondo degli uomini e attenua il loro controllo sui destini individuali, intrecciando con sapienza i modi dell’epica a quelli della tragedia (quella antica e quella moderna, da Euripide a Shakespeare), portando prepotentemente in scena l’umanità dei sentimenti e delle passioni dei protagonisti. Tolti alla fissità del mito, Odisseo, Agamennone, Menelao, Achille e Patroclo, ma anche Epipola, Clitemnestra, Penelope, Palamede e molti altri ancora, emergono da queste pagine con estremo nitore, nutriti della sensibilità di un loro coetaneo di oggi. Nei ventiquattro capitoli che compongono il romanzo – tanti quanti i libri dell’Iliade e dell’Odissea – Sinatti tesse le loro storie, passando dai toni lirici degli amori alla feroce vividezza delle battaglie cruente.
Recensione a cura di Sara Valentino
Cesare Sinatti vince il Premio Italo Calvino con questo romanzo, ma non è solo questo ad avermi spinto a comprare
“La splendente” e a leggerlo con voracità quanto più la curiosità, avevo sete di miti greci e mi sono dissetata.
“Avrebbe dovuto vedere negli occhi di lei la scintilla, la fiamma azzurrina di chi ha ricevuto il dono di un Dio”
La splendente è
Elena e il romanzo si apre proprio con la
leggenda di Leda e del cigno, del suo accoppiarsi la stessa notte con Zeus e con il mortale Tindaro, motivo per cui non è chiaro se tutti i quattro figli nati siano di origini divine; Elena nasce da questa unione ed è la figlia di Zeus;
“La bellissima”, attorno a lei si consumano, amori, odii, tradimenti nonchè una guerra… e che guerra.
“Ma ora che la guerra e la morte erano uscite dalle canzoni come furie venute a pareggiare gli orrori del passato, non era più tempo di essere deboli”
Con queste parole Sinatti ci introduce il mito di Tantalo, la sua maledizione e quella di tutta la sua stirpe, e lo fa portandoci in una barca ad osservare dall’alto la lotta selvaggia tra due fratelli.
“Loro non erano che le ultime vittime, le ultime marionette entrate in scena in una tragedia di quattro generazioni”
Come non ricordare
Teti e Peleo la disperazione di quest’ultimo davanti a un prodigio che non aveva capito, vedere il figlio tra le braci che ardeva invulnerabile.
“come stagioni sui rami degli alberi, così sarebbero trascorsi gli anni su di lui e nulla si sarebbe conservato più com’era”
La partenza di Achille, la sua consapevolezza nel sapere che non avrebbe fatto ritorno, la sua amicizia con
Patroclo, l’accanirsi sul cadavere di Ettore, sono in scena in questo romanzo e scorrono come
scene di teatro davanti ai nostri occhi, ma quello che traspare è la rivisitazione in chiave umana da parte dell’autore.
“combattevano con occhi identici ai loro, eseguendo le stesse danze di combattimento che avevano appreso per gioco da bambini e che ora usavano per uccidere altri uomini. Lo stesso sguardo sorpreso, la stessa meraviglia negli occhi di assaliti e assalitori, lo stesso stupore di scoprire quanto fragile sia il corpo di un mortale e con quanta leggerezza si può togliere la vita”
Ulisse…non l’ho dimenticato, lo menziono per ultimo solo per lasciare che chiuda lui la scena perchè è il mio preferito, ho sofferto con lui e
Penelope la partenza da Itaca, il suo fingersi pazzo, e il tranello in cui venne indotto; l’amore per il figlio
Telemaco lo tradì. Il suo ritorno a Itaca viene raccontato con altrettanta enfasi, non può non emozionare.
“Odiato dai nemici… Sarai di certo un grande eroe. Di quelli che vengono cantati dai poeti e il cui nome non si perde mai”
Questi che ho elencato, corredati di citazioni, che ho scelto appositamente per rendere l’idea sulla scrittura particolare di questo autore, sono solo alcuni degli episodi che Sinatti mette in scena nel suo romanzo, la sua grandissima preparazione sull’argomento gli permette una rivisitazione dello stesso, rivelando i miti in tutta la loro umanità e mi ripeto nel dirlo perché mi preme sottolineare questa sua capacità non così comune.
Purtroppo, non ho una conoscenza adeguata sui miti greci in generale, ma questo non significa che non sia irrimediabilmente attratta dagli stessi. Perchè? Perchè fondamentalmente in queste storie, racconti, leggende, vedo
gli esseri umani con le loro debolezze, vedo il desiderio ancestrale di eternità di voler avere una natura divina che permetta all’uomo di non avere paura; eppure anche gli dei, o i loro figli semi-dei, hanno avuto paura, hanno desiderato rinunciare.
Ho apprezzato in maniera particolare il romanzo di Sinatti perchè attraverso i suoi, brevi e incisivi capitoli, che scorrono come su un palcoscenico, ho avuto la possibilità di leggere dei miti passati; il suo linguaggio è poetico e ricercato, ma allo stesso tempo permette anche ai neofiti dell’argomento, come la qui presente, di essere partecipi di quelle storie mitiche.
Credo, a questo punto, sia doverosa una considerazione. L’attualizzazione dei miti greci nella nostra società è forse il messaggio che Sinatti vuole lanciare con il suo romanzo?
I miti non sono forse metafore o allegorie dei misteri, storie che ci aiutano a capire i segreti celati nel nostro animo dalla notte dei tempi?
Non mi resta che pensare, dopo aver letto questo romanzo, a quanto sarebbe auspicabile per me approfondire questi temi con la lettura di Iliade e Odissea.
Copertina flessibile: 238 pagine
Editore: Feltrinelli (25 gennaio 2018)
Collana: I narratori
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8807032708
ISBN-13: 978-8807032707
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