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Hedy Lamarr. Un’eredità scientifica riconosciuta troppo tardi

Articolo a cura di Raffaelina Di Palma

Hedy Lamarr, nome d’arte di Hedwig Eva Kiesler, attrice cinematografica austriaca, naturalizzata statunitense nel 1953, nata a Vienna il 9 novembre 1913.

Perché parlare di lei? La biografia di Hedy Lamarr è una fonte di continue sorprese. Una vita lunga, intensa e ricca di episodi che hanno raccontato una donna forte e intelligente anche in campo scientifico. Una persona dotata di originalità, una diva del cinema; diventò grazie alle sue ricerche un punto di riferimento anche negli sviluppi tecnologici in campo di trasmissioni radio, difficile da credere, sia per i tempi sia per la carriera da diva, che l’hanno vista in primo piano.

Dotata di notevole bellezza e fascino legò la sua immagine alla prima scena di nudo della storia del cinema, recitando nella controversa parte di Eva in “Estáse” (1933) di Gustav Machaty, nella quale compariva nuda.

La Metro Goldwyn Mayer, la chiamò a Hollywood dove, impegnata con un contratto, ci rimase sette anni: anni in cui fu obbligata a trasformare la propria, istintiva, carica sensuale per dissipare l’atmosfera di “offesa alla morale” sollevata dalla sua interpretazione in Estáse, ricoprendo ruoli di donna orgogliosa, fredda, raffinata, da cui poté raramente riscattarsi e riuscendo, solo in parte, a rivelare le sue qualità d’interprete fine e intelligente, con un fondo di riflessione che lasciavano intuire la genialità naturale di una donna, mai sfruttata appieno.

Acclamata attrice del grande schermo, ma non tutti sanno che Hedy Lamarr, di origini ebreo-austriache, in realtà, fu l’inventrice di un sistema di comunicazione segreto usato contro i nazisti.

Tra i suoi ammiratori fu determinante la presenza nella sua vita di Fritz Mandl, un ricco industriale di armi austriaco conosciuto per il suo interesse per il nazismo.

Oltre a corteggiarla e poi sposarla, la obbligò a partecipare alle sue riunioni d’affari dove c’erano persone di primo piano del regime nazista come Mussolini e Hitler, nonostante le origini ebraiche di lei. Sebbene estenuanti, questi incontri furono per lei un’occasione impensata e utile per acquisire informazioni sugli armamenti e le tecnologie militari dell’epoca, patrimonio di conoscenze che le sarebbero state utili in futuro.

Leggendo la sua biografia si rimane sorpresi, che una bellissima, famosa diva di Hollywood, che ha ispirato il volto di Catwoman e forse anche quello di Biancaneve della Disney, non aveva mai dimenticato la passione per gli studi di ingegneria.

Gli insegnanti a scuola segnalarono ai genitori di Hedy che la ragazza aveva una mente superdotata.

Dopo l’iscrizione alla facoltà di ingegneria, però, decise di lasciare gli studi per intraprendere la strada del cinema.

Riuscì, fortunosamente, a sfuggire dall’asfissiante marito e durante la traversata, che da Londra la portava negli Stati Uniti, conobbe il produttore Louis Mayer, che le offrì subito un contratto. A Hollywood, l’attrice interpretò da protagonista più di trenta film.

Autodidatta e incredibilmente intuitiva, non dimenticava la sua passione per le scienze. Progettò un supporto per aiutare i disabili a entrare e uscire dalla vasca da bagno, un collare fluorescente per cani, il drink analcolico incapsulato in cubetti di ghiaccio, un nuovo modello di semaforo e un progetto per migliorare  l’aerodinamicità delle ali degli aerei.

L’aviatore e produttore Howard Hughes la definì “un genio” quando progettò per lui l’ala di un aereo.

Ad una festa Hedy Lamarr conobbe il compositore surrealista ed esperto di endocrinologia George Antheil, famoso in Europa per il suo spettacolo d’avanguardia “Ballet Mécanique” nel quale aveva coordinato a distanza e, suonando martelli, seghe, campanelli, eliche di aerei e sedici pianoforti, utilizzò delle schede perforate, presenti, tra l’altro, nella Macchina Analitica di Babage (Charles Babage matematico e filosofo, scienziato proto informatico che per primo ebbe l’idea di un calcolatore programmabile).

Con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale, Hedy Lamarr collaborò con il governo degli Stati Uniti e fornì informazioni riservate all’esercito tedesco. Per questo fu accusata anche di spionaggio. Lavorando nel dipartimento di tecnologia militare, si rese conto che i segnali radio che guidavano i siluri dell’esercito nordamericano erano molto facili da intercettare. Fu allora che elaborò , insieme all’amico compositore George  Antheil, un sistema di rilevamento di siluri radiocomandati. Calcolato sulla base di un principio musicale, funzionava su ottantotto frequenze, l’equivalente dei tasti del pianoforte, ed in grado di far saltare i segnali di trasmissione tra le frequenze dello spettro magnetico. Solo a guerra finita, alla fine negli anni cinquanta, la Difesa Americana iniziò a usare il sistema, oggi chiamato, frequency hopping spread spectrum. Il brevetto divenne la base di tutte le tecnologie di comunicazione senza fili che usiamo oggi, come il GPS e il WiFi.

La potenzialità di vigilare su un dispositivo da lontano era ciò che più interessava l’attrice / inventrice, su cui vertevano i suoi studi. Le riunioni a cui aveva partecipato con l’ex marito insieme ad altri venditori di armi adesso le tornava utile. In seguito a questa esperienza aveva capito l’argomento che più interessava in tempo di guerra: riguardava proprio lo sviluppo di sistemi di controllo efficaci per evitare intercettazioni nemiche, in particolare nell’utilizzo dei siluri.

Quando la nave inglese SS City Benares venne affondata, nel 1940, da un sottomarino tedesco, stava trasportando civili in fuga, dall’Inghilterra al Canada, Hedy Lamarr e George Antheil (che era stato anche ispettore di artiglieria) presentarono un progetto al National Inventor’s Council, fondato proprio in quell’anno dal presidente Roosevelt per favorire la partecipazione dei civili nello sviluppo di idee utili allo sforzo bellico.

Purtroppo, il National Inventor’s Council decise di non dare credito al brevetto 2.292.387, da loro proposto: non diedero fiducia a una giovane attrice e a un compositore-endocrinologo alla fine della carriera. Tenendo presente le tecnologie allora a disposizione, il progetto venne accantonato e sigillato.

George Antheil dichiarerà nel 1945, che il merito di quella straordinaria invenzione era unicamente di Hedy. Quell’idea pionieristica subirà il processo naturale di perdita dei ricordi e quindi finirà nell’oblio: tuttavia, una nuova era l’avrebbe presto riportata alla luce.

L’attrice affrontò sfide notevoli come donna impegnata in due ambiti, tradizionalmente dominati da uomini: la scienza e il cinema. La sua bellezza abbinata all’intelligenza ebbe un impatto considerevole sulla sua immagine e sulla sua carriera, formando sia le opportunità che le limitazioni con le quali si trovò a confrontarsi nel corso della sua vita.

Una donna dai mille volti, la società dell’epoca forse l’ha temuta più per la sua intelligenza che per la sua bellezza.

Hedy Lamarr, fu o no una spia? Ma anche se fosse, è chiaro che le capacità non le sarebbero mancate: quello che è certo è che fu una donna dall’intelligenza straordinaria. Il suo profondo desiderio di ricerca lo espresse in questa frase: “La speranza e la curiosità per il futuro mi sembravano meglio della sicurezza del presente. L’ignoto è sempre stato molto attraente per me…e, lo è tutt’ora.

Curiosità

Quando nel 1997 le comunicarono che aveva vinto il Pioneer Award rimase impassibile, si limitò a dire: “Era ora.”


Nell’estate 1999 il Kunsthalle (galleria d’arte) di Vienna organizzò un progetto multimediale come omaggio all’attrice e inventrice più singolare del XX secolo. Hedy sarebbe morta sei mesi più tardi a 85 anni, amareggiata e disillusa.


Nonostante la sua invenzione abbia avuto un enorme valore, Hedy Lamarr, non ha mai ricevuto alcun compenso per il suo brevetto.


Negli anni e con la possibilità di impiegare transistor più leggeri, il suo dispositivo, brevettato nel 1942, iniziò a venire sempre più spesso impiegato dalla marina statunitense.

CONSIGLI DI LETTURA

L’invenzione di Eva
Alessandro Barbaglia

(Link alla recensione sul sito qui)

Trama
Scordata. Come può essere dimenticata colei che a lungo è stata considerata la donna più bella del mondo? La diva per eccellenza, quella che tutti ammirano, che tutti sognano. Eppure è quel che accade a Hedy Lamarr, ebrea austriaca figlia di un dirigente di banca e di una talentuosa pianista. Hedy, al secolo Hedwig Eva Maria Kiesler. Eva, come la prima donna. È il 1932 quando gira il film che la renderà famosa. Solo che lo fa a diciassette anni, mostrandosi nuda e sensuale come nessuna prima. Forse non c’è talento nella bellezza, ma Hedy sa farne un’arma micidiale che, qualche anno più tardi, le spalanca le porte di Hollywood. Ma c’è qualcosa che stona nel modo in cui se ne serve. Così carnale, disinibita, a tratti spudorata anche nella vita privata, dove amanti e mariti si susseguono senza vergogna. Ci vuole un occhio molto attento per intuire che quel corpo provocante e quel viso celestiale possono essere la sua fortuna, ma anche la sua condanna. Perché tutti guardano quelli, e nessuno si rende conto che Hedy, in realtà, è un genio. Non se ne sono accorti nel momento in cui, da bambina, ha costruito un carillon con una scatola di metallo e gli ingranaggi di un vecchio orologio, o quando da ragazzina ha aggiustato una telecamera che si era rotta sul set semplicemente mettendoci le mani, né quando ha inventato il fondo a vite per il tubicino del rossetto, così da non doversi sporcare le mani a ogni applicazione. Impossibile allora che qualcuno le dia retta il giorno in cui, basandosi sull’accordatura del pianoforte, scopre il salto di frequenza, che consente di comandare le cose a distanza, senza fili. Hedy ha inventato il Wi-Fi e nessuno se n’è accorto. Perché essere le prime, esserlo troppo presto, significa essere sole. Con L’invenzione di Eva , Alessandro Barbaglia restituisce a questa donna geniale e disperata ciò che il mondo ha tardato troppo a riconoscerle. Lo fa con trasporto e gratitudine, senza dimenticare il privilegio di raccontare una vita così straordinaria, e dimostrando ancora una volta come memoria e narrazione siano spesso gli unici strumenti per risolvere l’incompiutezza di certe esistenze.

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