Recensione a cura di Raffaelina Di Palma
Dopo 18 opere ambientate in Sicilia, l’autore questa volta ci porta in Val Padana.
Domenico Cacopardo, torna in libreria offrendo uno spaccato realistico del contesto storico nel quale si districano le sue trame. Stavolta non ci parla della Sicilia, se non nei ricordi del protagonista: Domenico Palardo, suo alter ego, una sorta di Avatar, come diremmo oggi, sia dal punto di vista anagrafico sia per il passato da esperto di diritto e appassionato di letteratura.
“È trascorso tanto, troppo tempo dall’ultima mia visita a Candora, il paese in cui sono vissuto lavorandoci come segretario comunale – primo impiego – dal 1957 al 1962, quando risultai diciottesimo su 40 vincitori di un concorso romano e pronunciai l’addio al remoto centro di provincia padana e ai suoi abitanti.”
Il genere è il giallo, ma senza la sfilza lineare di “odio, delitto, vendetta,” invece trova l’ispirazione narrativa nella potenza dell’animo umano, con i suoi segreti, che inevitabilmente affiorano e, comunque, chiedono una decisiva soluzione. Vicende passate non risolte sono al centro della trama di questo romanzo, come un segno concreto della miseria umana, capace dei crimini più deplorevoli, in quanto sventati e inimmaginabili. E questo, è valso in tutti i tempi, tanto per il singolo quanto per la Storia, responsabile di gravi crimini contro l’umanità di cui l’esempio più grave è la Shoah: ed è proprio questo l’argomento che fa da sfondo alla vicenda trattata in questo libro.

Candora, un paese immaginario dal nome rievocativo, celebra i suoi cento anni e in occasione di questo anniversario la giunta comunale decide di commemorarlo con un volume, il cui trattato introduttivo sia dedicato a un noto personaggio della zona. Il compito viene affidato a Domenico Palardo, magistrato in pensione, proprio in ricordo di quegli anni vissuti nel borgo, viene chiamato ad approntare l’opera e a scrivere la storia di una nota famiglia del posto.
Tutto ha inizio dall’idea di onorare i personaggi che hanno dato prestigio al Comune di Candora.
La scelta, condivisa da tutti, non può che cadere su Siro Sieroni, l’uomo, l’imprenditore che ha, con le sue imprese, portato lavoro e benessere alla comunità. Il giudice Palardo si impegna a raccogliere informazioni dirette, in primis dalla cerchia dei famigliari; i tre figli avuti dalla prima moglie, Manuela Venturi, e quattro nipoti.
Tuttavia, la sua storia nasconde segreti che i figli e i nipoti cercano di tenere celati. Il giudice Palardo, mosso da una curiosità professionale, per lui ormai istintiva e dal suo senso di giustizia, da il via alle indagini.
“Giacché era chiaro che qualcuno era informato, conosceva cioè il segreto ben custodito che c’era nel tielino, (zona del fiume Tiele), sino a una settimana prima: Che Siro Sieroni s’era giovato delle leggi razziali fasciste e aveva quindi preso l’azienda del suocero e probabilmente le sue ricchezze in denaro e in preziosi. […] E che avevo così spiegato il mistero dell’invisibile Manuela Venturi, già Zylvermann, moglie di Siro e testimone dei misfatti, muta in quanto relegata in una stanza, impedita d’ogni contatto con gli altri.”
Un giallo diverso, un modo diverso di comunicare a partire dalla cover che inquadra lo stesso scrittore di spalle che potrebbe sembrare un gesto irriverente ma non lo è, anzi, questo annuncia uno stile di scrittura particolare, come se volesse raccontare sottovoce, con discrezione, le vicende dei protagonisti che ci portano in Pianura Padana, nella irreale Candora, per richiamare una primitività ideale e identificarla con gli aspetti di forze naturali che sfuggono al controllo dell’uomo.
“Pas de Sicile. Ritorno a Candora” edito da Ianieri Edizioni, è una storia ispirata dalla realtà. Uno dei nodi di fondo della narrazione riguarda l’anno 1938: anno dell’approvazione delle leggi razziali, cominciato con la sottrazione operata con la violenza dal fascismo, del patrimonio degli ebrei, prima ancora della deportazione e delle camere a gas.
“Secondo le sue istruzioni, io non parlerò, ma metterò in moto le ricerche della famiglia Venturi -Zylverman: gli ebrei sacrificati nei campi nazisti sono censiti e i loro nomi si trovano negli archivi di Israele e americani. Solo dopo che avrò ricostruito la storia di Avraham renderò pubblica la sua testimonianza, che potrò utilizzare solo se la trascriverà in una dichiarazione legalmente valida.”
Il giudice viene a sapere così che c’è un altro figlio, Pantaleone, nato da una relazione extra coniugale di Sieroni con la, allora, minorenne Lucetta Pagni, bellissima segretaria assunta dall’imprenditore e da lui concupita, secondo i paesani maldicenti. Solo dopo la morte del figlio legittimo, Omobono, Pantaleone, il figlio della colpa,viene riconosciuto.

Era stato un legame consensuale o si era consumata una violenza messa a tacere dai danari di Sieroni?
Scavando nel passato di Sieroni e parlando con il figlio illegittimo, il giudice, scopre una serie di segreti accuratamente e ostinatamente sepolti.
L’indagine che, inizialmente, ha lo scopo di celebrare la memoria di Sieroni, si trasforma in una vera e propria caccia al colpevole che si conclude con un delitto inaspettato, un ulteriore tassello da inserire nella vicenda già intricata che sconvolge la piccola comunità e, tra minacce e compromessi, si crea un ambiente di incertezza e di paura che accompagneranno tutta la durata delle indagini del giudice Palardo che, grazie al suo intuito, riesce a raggiungere un risultato sorprendente.
“Ero stupefatto per l’atteggiamento di Fabio Sieroni che portava in sé la quota di sangue ebraico donatagli da sua madre e che non aveva nessun pudore nell’elogiare la Soluzione finale del problema ebraico, decisa da Adolf Hitler ed eseguita in primis da Heinrich Himmler e dai suoi accoliti. Criminali comuni.”
Palardo si scontrerà con il sospetto e l’ostilità della famiglia Sieroni, sino a dare luogo ad una aperta ribellione e minacce alla sua persona dai nipoti dell’imprenditore, ormai morto e sepolto.
Ritorno a Candora di Domenico Cacopardo è un giallo con sfumature “frenate” non violente, con un lavoro di scavo che penetra nel dedalo dell’animo umano svelandone le tinte più complicate e cupe. Il protagonista, in realtà, non è un semplice detective, ma un osservatore con la capacità di esaminare attentamente l’animo umano per accostarsi ai personaggi con empatia e sensibilità. Sensibilità con cui l’autore entra nella vita dei personaggi, con una prosa intima di un monologo interiore indiretto, che rende i pensieri dei personaggi “visibili” al lettore.
Candora, luogo nato dalla fantasia dell’autore, ma che si può benissimo porre in qualunque altra parte del mondo, non soltanto nell’Oltrepò pavese.

Se vogliamo, c’è assonanza tra Candora e “candore” la parola simbolo de “Pas de Sicile”. Volendo associarla ad una presupposta rettitudine dei suoi abitanti.
Ma c’è assonanza anche con “pandora” che ricorda la tortuosa realtà nascosta di machiavellici sotterfugi, simulazioni di virtù e bugie che caratterizzano il genius loci che oltrepassa i confini di Candora.
Il mistero aleggia anche sul destino della prima moglie di Siro Sieroni, della quale figli e nipoti si rifiutano ostinatamente di parlare. Una storia permeata di ironia amara e in questo cammino, la voce di Palardo echeggia indignata ricordandoci i tempi incerti che viviamo, per riflettere su una moralità che si va perdendo pur senza lasciare indietro gli accenni storici che non lascia indenni i piccoli e ridenti borghi della memoria, il cui candore, quasi sempre, è tale soltanto nei ricordi giovanili.
“Ogni mio momento/ io l’ho vissuto/ un’altra volta/ in un’epoca fonda/ fuori di me.” (G. Ungaretti)
Pro
Lo scopo del magistrato è quello della verità, costi quel che costi, oltre ogni avvertimento o minacce per ridare vita alla storia, non soltanto quella del singolo caso di Candora, ma anche rispetto alla Storia dell’umanità, che dia ispirazione, ma senza supplica, importante, in ogni modo, per non far cadere nell’oblio il passato: nel ricordo di tante vittime travolte dall’odio e dall’umana assurdità.
Ogni capitolo si apre con un verso di Ungaretti, apportando in quella sua immortalità elevata della poesia di fronte alla “povertà” umana che distrugge gli uomini.
Contro
Non è un contro. È una profonda riflessione sulla debolezza della natura umana: l’insensatezza del male, l’incoerenza e la fragilità che, facilmente, si possono radicare in ognuno di noi.

Trama
Incaricato dal Comune di Candora (immaginario, evocativo del candore), Domenico Palardo, magistrato in pensione, deve coordinare il volume celebrativo dei 100 anni della costituzione del Comune stesso e scrivere il saggio di apertura dedicato al personaggio che ha creato lo sviluppo del paese con le aziende da lui fondate. Ma la storia di Siro Sieroni, il personaggio, cela qualche segreto che le figlie cercano di rendere impenetrabile. Indagando e scavando in paese, interpellando il figlio nato da una relazione del Sieroni. Palardo viene a conoscenza dei segreti accuratamente sepolti nella famiglia di questa personalità. Minacce, danneggiamenti e un delitto sono la cornice di questa indagine del tutto privata e del tutto legittima. Nata per elogiare la memoria di Siro Sieroni si conclude appunto con un omicidio, il cui autore viene alla fine scoperto per l’intuito del dottor Palardo.