Personaggi Storici Viaggio nella storia

Livia Drusilla: la prima First Lady dell’Impero

Articolo a cura di Barbara Maduli

La bellezza e il potere

Livia Drusilla doveva essere una donna di straordinario fascino se riuscì a conquistare il cuore di Ottaviano Augusto, passato alla storia come il primo imperatore di Roma. Tacito racconta che Augusto, ammaliato dalla sua bellezza (cupidine formae), la sottrasse al marito, Tiberio Claudio Nerone, portandola nella sua casa nonostante fosse incinta di Druso Maggiore (Annales, V, 2).

Nobildonna appartenente all’antica e influente famiglia patrizia dei Claudii, Livia era però, soprattutto, una donna intelligente e scaltra. E non si limitò al ruolo tradizionale di moglie, ma divenne un’alleata strategica per Augusto nella fondazione del Principato. Per più di cinquant’anni rimase a fianco di colui che aveva sconfitto Antonio e Cleopatra, domato il Senato e sovvertito la res Publica dalle fondamenta (senza, in apparenza, metterne in discussione l’impalcatura istituzionale). E, di questa rivoluzione, fu parte attiva.

Ritratti contrastanti

Le fonti storiche offrono immagini discordanti di Livia. Velleio Patercolo, entusiasta ammiratore dell’imperatore Tiberio – che di Livia era il primogenito –, la definisce “la più nobile, la più virtuosa e la più bella tra le donne romane”, enfatizzandone la pietas e il rispetto verso Augusto, di cui divenne sacerdotessa e figlia adottiva dopo la divinizzazione del princeps (Historiae Romanae, II, 75, 3).

Tacito, al contrario, la ritrae come una figura ambigua, descrivendola come una madre ambiziosa e una donna spregiudicata (Annales, V, 1-3). Questo giudizio risente della misoginia e dell’ostilità verso le donne di potere della famiglia imperiale, oltreché dell’ideologia filosenatoria che contraddistingue lo storico. Nel discorso funebre che apre il V libro degli Annali, infatti, Tacito ci lascia un ritratto di Livia – morta in tarda età, nel 29 d.C. – in bilico tra l’obbligo sociale e l’ossequio alla tradizione, da un lato, e l’uso spregiudicato e illegittimo del potere, dall’altro.

La moglie di Augusto è descritta come donna di virtù antiche e di notevole lignaggio nobiliare ma, al tempo stesso, dotata di aspetti caratteriali non certo confacenti all’indole femminile. Conformemente al costume antico, Livia fu una moglie irreprensibile nella vita domestica (sanctitate domus priscum ad morem) ma, secondo Tacito, più compiacente (comis) del lecito e perfettamente in linea con l’astuzia del marito e l’ipocrisia del figlio Tiberio. Infine, a detta dello storico, Livia sarebbe stata una madre dispotica e autoritaria (mater impotens). 

Una nuova concezione della famiglia

In realtà, per comprendere il potere effettivo esercitato da Livia su Ottaviano e sul Senato, e quindi sulla politica romana, è dalla domus Augusta che bisogna partire, e dalla nuova concezione della famiglia introdotta da Augusto. Il princeps, infatti, trasformò la domus Augusta in un modello di riferimento non più privato ma pubblico. Attraverso le sue riforme legislative, varate negli anni 18 e 17 a.C. (Lex Iulia de adulteriis coercendis e Lex Iulia de maritandis ordinibus) e poi, anche con la Lex Papia Poppaea, del 9 d.C., promosse il ritorno ai valori tradizionali e impose alle donne il rientro tra le pareti domestiche, per incentivarne la maternità e combattere adulterio e celibato, ormai dilaganti nella società romana.

Al centro di questo sistema ideologico e propagandistico, che è un vero e proprio sistema di potere, c’è Livia, la sposa del princeps, che incarna e interpreta alla perfezione il ruolo e l’ideale muliebre concepito da Augusto, in linea con l’avvento del principato: quello della matrona irreprensibile, modello di castità e fedeltà assoluta, capace di bilanciare la sfera domestica con il ruolo pubblico. Livia diviene quindi un’icona pubblica e il paradigma di quelle virtù e di quegli ideali aviti di cui il marito Augusto si è fatto corifeo e che ha cercato di ristabilire per tutte le famiglie. E tutto questo in virtù di un patto implicito, sancito tra Augusto e la sua consorte, fondato su valori condivisi e su un matrimonio durato ininterrottamente per ben 52 anni, dal 17 gennaio del 38 a.C., data che la tradizione antica ha fissato per le nozze, al 19 agosto del 14 d.C., data della morte di Ottaviano.

Dotata di una bellezza discreta e poco appariscente, per nulla amante degli ornamenti, parca nei desideri, frugale nei cibi, Livia ha saputo indossare con impassibile eleganza e naturalezza la maschera della matrona perfetta, al punto tale da tessere personalmente gli indumenti di lana che Ottaviano, molto freddoloso e cagionevole di salute, era solito indossare d’inverno sotto la toga (Svetonio, Vita di Augusto, LXXXII). Come nella migliore tradizione, “Casta fuit, domum servavit, lanam fecit” (“Fu casta, custodì la casa, filò la lana”: virtù domestiche esaltate in innumerevoli iscrizioni funebri latine).

Il potere discreto di Livia

Livia esercitò con discrezione non solo un’influenza significativa nella politica romana ma anche un enorme potere. Le fonti antiche ci raccontano come fosse tenuta in grande considerazione da Augusto, al quale presentava petizioni e dispensava consigli sulle sue scelte politiche. Inoltre, gestiva un proprio circolo di clientes, utilizzava la sua influenza per far conferire cariche pubbliche ai suoi protetti, tra cui il futuro imperatore Galba; intratteneva rapporti personali e relazioni diplomatiche con famiglie reali, come quella di Erode; a lei si rivolgevano sovrani alleati. Le sue capacità la resero una delle donne più ricche e potenti dell’impero. Dalle fonti emerge così il ritratto di una donna scaltra, ambiziosa e determinata a raggiungere i suoi obiettivi, abile nel manipolare le persone secondo i propri interessi: un “Ulisse in gonnella”, come la definì ironicamente Caligola.

Ma, soprattutto, in virtù della sua eminente posizione al fianco di Augusto, Livia poté esercitare un controllo ferreo e duraturo all’interno delle mura domestiche, sulla casata imperiale, divenendo la custode e la garante più severa dell’educazione dei giovani rampolli della domus Augusta. Nonostante la mancanza di figli legittimi – le fonti parlano di una gravidanza interrotta, che potrebbe aver messo a repentaglio la sua incolumità e a rischio ulteriori tentativi -, Livia si trovò infatti a gestire una vera e propria famiglia allargata, nata dall’unione delle due casate nobiliari dei Giulii e dei Claudii. Fu chiamata quindi, in quanto consorte di Augusto, a prendersi cura di una pletora di pronipoti, tutti consanguinei, in virtù del matrimonio tra Agrippina Maggiore (figlia di Giulia, unica figlia di Augusto) e Germanico (figlio di Druso Maggiore, il secondo figlio avuto dal primo marito Tiberio Claudio Nerone e di cui era incinta al momento delle nozze con Ottaviano).

Il prezzo dell’ambizione

Nel far riferimento all’atto di forza con cui Ottaviano la sottrasse al primo marito, Tacito adombra un’iniziale reticenza di Livia, ossia la possibilità che lei non fosse pienamente consenziente (incertum an invitam). Ma, che lo fosse o meno, quel che è certo è che Livia, a vent’anni e al sesto mese di gravidanza, si trovò di fronte a un bivio cruciale della sua esistenza e fece la sua scelta: quella di sposare Ottaviano, nipote e figlio adottivo di Giulio Cesare, astro nascente della politica romana, dotato di carisma personale e di un largo seguito. Aveva capito che, al suo fianco, avrebbe potuto aspirare a un ruolo sociale di primo piano.

Nonostante i ripetuti tradimenti di Augusto, Livia seppe mantenere il suo ruolo con pragmatismo e determinazione. La sua priorità era garantire la successione del figlio Tiberio, un progetto che cercò di attuare per mezzo dei matrimoni e delle alleanze dinastiche da lei orchestrate. Questo obiettivo, che per lei dovette essere una vera ossessione, si rivelò una fonte di tensione con Tiberio stesso, giovane ombroso e laconico, dal carattere problematico e introverso. E il rifiuto che Tiberio, una volta diventato imperatore, avrebbe espresso nei suoi confronti, il suo rancore dovuto a vecchie incomprensioni e forse a traumi infantili, sarebbero stati per lei fonte di enorme sofferenza.

L’eredità di Livia

Livia rappresenta una figura rivoluzionaria nella storia femminile dell’Impero, un modello di potere e resilienza. La sua influenza su Augusto e sul destino della dinastia Giulio-Claudia segna un cambiamento epocale nella rappresentazione del ruolo femminile nella politica romana. Livia ottenne infine un riconoscimento straordinario: l’adozione testamentaria da parte di Augusto e il titolo di Augusta, primo conferimento di questo rango a una donna nella storia romana. Con lei si inaugura così la tradizione delle “imperatrici” della domus Giulio-Claudia.

Livia Drusilla può essere quindi, a buon diritto, considerata la prima First Lady dell’Impero, una protagonista di primo piano sulla ribalta della Storia.

Barbara Maduli


Bibliografia

  • Anthony A. Barrett, Livia, la First Lady dell’Impero (trad. it.), Edizioni dell’Altana, Roma, 2006
  • Francesca Cenerini, Dive e Donne. Mogli, madri, figlie e sorelle degli imperatori romani da Augusto a Commodo, Angelini Editore, Imola, 2014
  • Marisa Ranieri Panetta, Le donne di Augusto, Electa, Milano-Verona, 2014
  • Marisa Ranieri Panetta, Le donne che fecero l’Impero. Tre secoli di potere all’ombra dei Cesari, Salerno Editrice, Roma, 2020
  • Lorenzo Braccesi, Livia, Salerno Editrice, Roma, 2021
Che ne pensi di questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.