La storia in cucina Viaggio nella storia

Cantucci e Vin Santo: storia e origine

Il nostro tour nella storia dei prodotti tipici italiani prosegue e ci porta al centro della Penisola, nella terra dei Medici che, come vedrete, sono legati a ciò di cui stiamo per raccontarvi: i cantucci toscani.

Un dolcetto che genera un fatturato non da poco, consumato nel 37% della sua produzione ben oltre il Bel Paese, ovvero, in Unione Europea, Stati Uniti, Giappone e Russia, tanto da essere considerato il terzo biscotto più popolare al mondo.

La storia del Cantuccio Toscano

L’origine dei cantucci risale almeno al XVI secolo.
Il suo nome deriva da “cantellus”, ovvero “pezzo o fetta di pane”, che veniva ricotto per farlo durare più a lungo, altro non era che una galletta salata consumata già dai soldati romani durante le campagne militari.
Secondo altri, invece, il nome deriverebbe dalla parola da “canto”, angolo, piccola parte, sempre riferito al pezzo di pane.

A partire dalla seconda metà del ‘500, troviamo questi biscotti alla corte dei Medici, anche se pare non contenessero ancora le mandorle. 
È del 1691 la prima ufficiale definizione di “cantuccio” a opera dell’Accademia della Crusca: “biscotto a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”.
La prima ricetta vera e propria risale alla seconda metà del Settecento ed è opera di Amadio Baldanzi, presbitero e medico, e il manoscritto che la contiene è conservato all’Archivio di Stato di Prato.

Ma a determinare la storia e la fortuna dei cantucci è il pasticcere pratese Antonio Mattei. Nato nel 1820 a Prato, divenne fornaio e pasticcere e nel 1858 fondò la ditta “Antonio Mattei biscottificio”. Il 29 settembre dello stesso anno iniziò la produzione di biscotti e cantucci. Fu lui a legare indissolubilmente il nome di Prato a questi biscotti e a fregiarsi del titolo di “Fabbricante di cantucci”, come recitava l’insegna del suo laboratorio aperto nel 1858. Per la sua creazione, ricevette la medaglia al merito nella prima Esposizione Nazionale del 1861, organizzata a Firenze; l’anno dopo ricevette un premio alla Grande Esposizione di Londra e nel 1867 una menzione d’onore all’Esposizione Universale di Parigi.

Subito divenuti una eccellenza del Made in Italy già all’epoca, a partire poi dal ‘900 iniziò una vera e propria produzione su larga scala deCantucci con le mandorle.

Vin Santo
E se ci sono i cantucci ci deve essere per forza anche il Vin Santo che, tra i vini passati, è uno dei più conosciuti al mondo.
La sua storia, così come le origini del suo nome, è molto curiosa, a metà tra storia e leggenda.

Le prime citazioni risalgono addirittura agli inizi del Cristianesimo (I secolo d.C.), a voler forse indicare un tipo di vino particolarmente adatto al rito della messa.
Secondo una leggenda senese, nel 1348, anno in cui si diffuse la peste, un frate domenicano distribuiva vino agli ammalati per portare loro un po’ di sollievo: da qui la convinzione che si trattasse di un vino miracoloso e, pertanto, santo.


Un’altra ipotesi, invece, ne tarda l’origine di un secolo, precisamente al 1439, anno del Concilio Ecumenico indetto a Firenze da Papa Eugenio IV, con l’intento di riunificare la Chiesa di Oriente con quella di Occidente dopo il grande scisma. In quell’occasione i Medici organizzarono un banchetto in cui fu servito un vino passito: il Cardinal Bessarione, Vescovo di Nicea, esclamò “Hoc Xanthos est!” per la somiglianza che ravvisava con un vino passito “biondo” (questo significa letteralmente “xanthos”) sull’Isola di Xanto/Santo (Santorini, Grecia); questo fu subito assimilato dai partecipanti in latino con l’aggettivo “sanctus”, “santo” appunto.

Che ne pensi di questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.