“Verba volant, scripta manent!”
Quante volte lo abbiamo sentito dire e lo abbiamo ripetuto a nostra volta?
Si tratta di una locuzione latina di ormai utilizzo comune nella nostra lingua e della quale tutti comprendiamo facilmente il significato letterale: “le parole volano, gli scritti rimangono”. Ciò significa, chiaramente, che le parole col tempo si possono dimenticare o interpretare male, mentre gli scritti restano come solida e inconfutabile testimonianza.
Questo modo di dire ha origini molto antiche e sembra avesse proprio il significato opposto in origine e voleva, invece, esaltare le parole a scapito degli scritti!
Fu infatti pronunciata intorno all’80 a.C. nel Senato romano da Caio Tito Vespasiano, con l’intenzione di elogiare le capacità degli oratori le cui parole, volando di bocca in bocca, raggiungevano tutti e ovunque, permettendo che il loro messaggio continuasse a circolare, mentre gli scritti rimanevano immobili, fermi, chiusi negli scrigni o nei cassetti, senza diffondere il loro contenuto in modo adeguato. Se consideriamo inoltre che la maggior parte della popolazione non sapeva leggere, gli scritti diventavano un qualcosa per pochi eletti.
Per questo si esaltavano le parole veloci a scapito degli scritti fermi.
Con il passare del tempo la frase assunse un connotato contrario, cioè che lo scritto dà maggior affidamento rispetto alle parole, che rimagnono assai volatili.