Recensione a cura di Raffaelina Di Palma
New York, una città di estremi: di ricchi sfondati e poveri, della povertà più nera e miserabile.
Due mondi opposti che convivono: l’opulenza e lo splendore da un lato e alcol, denaro e sesso dall’altro. E su questo filo una ricca famiglia, gli Stallworth, stabilisce il confine, pretendendo di liberare la città dalla corruzione. Con Gli Aghi d’Oro, Neri Pozza prosegue con la pubblicazione dei capolavori di Michael McDowell.
“La famiglia Stallworth teneva i propri fatti privati per sé e ben nascosti al mondo. Sebbene la condotta di Benjamin avesse un po’ raffreddato l’ottimismo nei confronti del nuovo anno, una volta usciti di casa le loro espressioni e le loro parole non lasciarono trapelare alcun disagio, né con gli sconosciuti né con gli amici.”
Gli Stallworth e gli Shanks, due famiglie rivali. Capostipite della prima è il giudice James Stallworth, due volte vedovo e padre di Edward e Marian e nonno di Benjamin e Helen.
La famiglia Shanks è tutta al femminile, guidata dalla ricettatrice di origine tedesca Lena Shanks, madre di Daisy e Louisa, mammana la prima, falsaria la seconda e nonna di due gemelli: Ella e Rob.
I destini delle due famiglie si incrociano alcuni anni prima rispetto al periodo in cui si svolge la storia e McDowell ci conduce avanti e indietro, tra passato e presente, per raccontarci quale legame ci sia tra i due clan.
In passato Lena Shanks ha avuto modo di incontrare il patriarca degli Stallworth, l’uomo che con crudeltà le ha stravolto la vita e, ora lei, medita vendetta.
Il potere di Lena verrà sfidato da una serie di articoli giornalistici pubblicati dal Tribune sul Triangolo Nero, uno spicchio di territorio dove lei si avvale del suo dominio senza intromissioni della polizia né di qualunque altro potere costituito.
Quando il corpo senza vita dell’avvocato Cyrus Butterfield viene ritrovato senza vita in Leroy Street con un ago da oppio conficcato nel petto, il giudice Stallworth coglie l’occasione per predisporre un’iniziativa elettorale che faciliti il genero Duncan nella candidatura alle assessoriali del 1883 e farne una propaganda elettorale in favore della sua famiglia.
“<<Ottimo>>concluse Duncan Phair. <<Un’ultima cosa. Da un trafiletto, questa mattina, ho appreso che Cyrus Butterfield, un mio collega e amico, è stato trovato morto ieri notte: derubato, spogliato di tutto e pugnalato in un vicolo proprio accanto a Leroy Street. Potrebbe essere un buon punto di partenza per i suoi articoli: il fatto di avventurarsi nel Triangolo Nero si rischia la vita>>.”
E tornano i grandi temi, con un tono e un incantesimo da recente classico gotico.
Nelle cinquecento e più pagine non manca, comunque, quel pizzico di surrealismo, che richiama lo stile “macdowelliano” che, anche se, in un ambiente completamente diverso dalla saga di Blackwater, è sempre presente.
Lo scontro tra le due famiglie è inevitabile. Da una parte gli Stallworth, i quali vogliono risanare la zona, soprannominata “triangolo nero”, famosa per la sua orribile fama: dall’altra c’è Lena Shanks e la sua famiglia, che ricicla oro e aiuta le donne ad abortire. E quando queste muoiono per emorragie o per tetano fa portare via i loro cadaveri dai suoi nipoti, due gemelli di otto anni, Ella e Rob, per venderli a studenti di medicina.
La morale si contrappone all’etica, si parla di pregiudizi concessi a chi nasce in famiglie, stimate sbagliate da alcuni: gli stessi Stallworth, che vogliono ripulire il triangolo nero, sono sviati dal potere e escogitano il modo di innalzarsi dal punto di vista sociale a qualunque costo.
All’inizio la trama si dipana molto lentamente che ne rallenta la lettura, in alcuni passaggi la rende quasi noiosa ma, pagina dopo pagina, si apprezza questa calma iniziale, questo volere spiegare l’attesa: questa non è altro che, la preparazione che porta poi al caos e da lì inizia la storia portando quel senso di attesa che cresce e dà ritmo alla scrittura. Si percepisce il timore degli Stallworth quando la situazione sfugge al loro controllo, quando la copertura dorata di cui si ricoprono inizia a lacerarsi. E’ un lavoro laborioso, che McDowell affronta metodicamente pronto a colpire velocemente e al momento giusto.
Quando quel sabato tornò a casa, verso il crepuscolo, Helen si sorprese moltissimo di trovare suo nonno impettito su una poltrona del salotto della canonica. <<Oh>> disse, sommessa, “<<mio padre non c’è?>> Gli ho chiesto di restare là per la durata di questa conversazione, Helen>>. La severità nella sua voce la allarmò, e si sedette di fronte a lui con una certa trepidazione. <<Nonno>> sussurrò, <<di cosa volevi parlarmi?>> Il giudice Stallworth puntò il suo sguardo da Gorgone sulla nipote e disse: <<In qualità di capo famiglia, desidero conoscere ogni dettaglio delle tue attività negli ultimi nove mesi. In special modo quelle che riguardano il Triangolo Nero.
A lungo andare, Helen, la tua reputazione ha superato i confini di quell’odioso territorio e raggiunto le orecchie ignare della tua famiglia. Sono proprio curioso di capire come sei riuscita a farti un così gran nome in un quartiere tanto singolare>>.
Michael McDowell trasporta il lettore nella New York del 1882, lo fa entrare nelle ville di lusso della borghesia, ma anche nella degradazione più profonda delle strade: strade popolate da prostitute, mendicanti, alcolizzati, bische clandestine, criminali di tutti i tipi.
Per quelli che sono legati al McDowell di Blackwater è importante rilevare che in questo romanzo ci sono tracce appena accennate del sovrannaturale, che rimane la componente principale nella maggior parte delle opere dell’autore nordamericano.
In modo originale, richiama lo stile di Charles Dickens e Victor Hugo, vi si ritrova la loro spiccata ironia nel ridicolizzare la pretenziosità della nobiltà vittoriana, descrivendo la crudeltà e l’ingiustizia che loro, per primi, vedevano nella società del loro tempo.
Se ne vedono le tracce nel profondo esame della miseria, della povertà, riferita al contesto urbano, con un senso di desolante abbandono, di delitti perpetrati dai protagonisti, riportati con un realismo funereo dall’autore.
Nella seconda parte la storia scorre più veloce e fluida, sembra quasi una corsa contro il tempo. Si riesce già a intuire come finirà, ma lo scrittore lascia ugualmente la suspense al lettore e lo induce a chiedersi; non chi è l’assassino, ma quali strade prenderà Lena Shanks per attuare la sua vendetta?
Una lettura che non eguaglia la complessità di Blackwater e non si può fare un paragone, ma in entrambi i libri le protagoniste femminili sono in grado di mostrare un volto originale rispetto ai classici schemi imposti dall’epoca. “Gli aghi d’oro” è, a metà strada, tra il gotico e il sociale: colpisce la profonda comprensione della natura umana e rapisce con una scrittura potente e coinvolgente.
In queste pagine si sente l’estrema tensione narrativa e quando ci chiediamo chi sarà il prossimo a cadere, nel frattempo assistiamo al crollo di due imperi apparentemente così diversi, tuttavia affini nell’ambizione: in un predominio senza scrupoli.
Helen Stallworth, è l’unico personaggio con una coscienza morale. Si oppone all’ipocrisia dei consanguinei prendendosi cura degli sfortunati all’interno del Triangolo Nero. “Se ho una… reputazione”, risponde la giovane all’invettiva del nonno dopo essere stata scoperta a fare visita agli ammalati, è solo in virtù delle opere di carità che ho sempre svolto con amore, o così voglio sperare.”
PRO
Un’analisi di una società in evoluzione, desiderosa di cambiamenti ma, paradossalmente, paurosa degli stessi cambiamenti.
CONTRO
Troppi personaggi. Alcuni passaggi troppo prolissi che potevano essere evitati: avrebbero reso la prima parte della narrazione più scorrevole.
Trama
Anno di grazia 1882. New York festeggia il nuovo anno tra opulenza e miseria. Dalla sua dimora di Gramercy Park, il cinico giudice James Stallworth, affiancato dal figlio e dal genero, lancia la sua crociata: ripulire il famigerato Triangolo Nero, quartiere di bettole, bordelli, fumerie d’oppio e botteghe di ricettatori, su cui regna la feroce Balck Lena Shanks col suo clan di donne versate nelle arti della crudeltà. Ma la sete di potere degli Stallworth dovrà misurarsi con la furia vendicatrice di Black Lena.