Recensione a cura di Raffaelina Di Palma
“ Cagliari, 13 giugno 1781, chiesa di Sant’Eulalia.
«Evviva gli sposi!» «Lunga vita ad Annica e Gio Maria!»
Gli invitati in festa per il lieto evento lanciavano spighe di grano e rose che, stagliandosi su un cielo vespertino rosato dal tramonto, ricadevano al suolo tappezzandolo di macchie dai colori tenui. Un profumo di petali appena raccolti saturava l’aria lieve e tiepida di quel giugno cagliaritano. […] La tattica della riservatezza che le avevano imposto nei confronti del fidanzato poteva essere abbandonata e la ragazza poteva ora aprirgli il cuore. Era ardente e piena di vita come una bambina da quando si era tolta il peso di dire «Sì».”
Con questo incipit la scrittrice siciliana Adriana Valenti Sabouret ci coinvolge subito nella vicenda della giovane coppia, Annica Belgrano e Gio Maria Angioy, che si appresta a iniziare un viaggio difficile, nonostante l’amore che li unisce. Avranno tre figlie: Speranza, Giuseppa e Maria Angela.
Dopo la morte improvvisa della madre le tre sorelle perderanno anche il padre che diventò sempre più insofferente al regime totalitario dei Savoia che governavano l’isola e abbracciò gli ideali democratici per difendere i contadini dagli abusi dei feudatari. A causa delle sue idee libertarie, fu bollato come traditore e fuorilegge. Dovette fuggire per evitare la condanna a morte.
Visse gli ultimi suoi anni a Parigi, solo e malato, assistito da Madame Dupont, una locandiera, fino al giorno della morte.
Nel secondo romanzo “Le nobili sorelle Angioy”, la scrittrice, continua con un lavoro investigativo e capillare sulle vicende legate al patriota sardo e alla sua famiglia, dove racconta e spiega perché le figlie si rifiutarono di incontrare Madame Dupont.
Giovanni Maria Angioy, ebbe una brillante carriera accademica, che lo portò a far parte della Real Udienza, il massimo organo giurisdizionale dell’epoca. Fu il cardine nella Sardegna di fine Settecento, rimasto simbolo di uniformità e di patriottismo ancora oggi. Un intellettuale arguto e intelligente: le sue idee politiche erano, già allora, all’avanguardia: la sua visione realistica sull’economia della Sardegna è ancora motivo di riflessione e di discussione.
“IL suo impeto di gioia alla vista della figlioletta era stato offuscato dalla famiglia Belgrano, moralmente troppo distante da lui. I loro due mondi incompatibili: legati alle apparenze e attaccati ai beni i Belgrano; idealisti, spirituali e liberali gli Angioy, degnamente rappresentati da Giovanni Maria. Non che l’uomo non badasse al materiale: sapeva essere concreto e occuparsi di finanze ma non tanto da farsene abbagliare. Il denaro era per lui mezzo e non il fine.”
Traspare dal romanzo tutta la forza di quel periodo di dure lotte. Il ruolo radicato profondamente nella nobiltà feudataria iniziò a sgretolarsi già sul finire del ‘600 e continuò la sua lenta decadenza per tutto il ‘700 fino alla rivoluzione francese. La contestualizzazione storica del romanzo indica che le ragioni della decadenza feudale furono l’economia e la politica, la mancanza di uno spirito imprenditoriale e l’assenza di quella visione nuova, auspicata da Giovanni Maria Angioy, necessaria per gestire un feudo.
Nel sottofondo c’era la Cagliari ancora avviluppata nelle proprie tradizioni arcaiche: tradizioni che furono i punti nevralgici della ribellione, spianando la strada alla “Sarda rivoluzione.”
I sudditi rivendicavano una parte degli impieghi civili e militari e una maggiore autonomia alla classe dirigente locale: al rifiuto, da parte del governo Piemontese, la borghesia cittadina con l’ausilio del resto della popolazione incitò all’insurrezione; le idee di autonomismo e indipendentismo isolano iniziarono a prendere forma, esprimendosi apertamente contro la tirannide del feudalesimo difeso dai Savoia a danno dei sudditi sardi: infatti l’imposizione fiscale era molto pesante.
La lotta iniziata già negli anni Ottanta del Settecento, proseguì negli anni Novanta attraversando tutta l’isola.
Pesò molto il rancore che la Sardegna fosse chiamata in causa nella guerra della Francia rivoluzionaria contro gli stati europei e di conseguenza contro il Piemonte. Nel 1793 una flotta francese tentò di sbarcare a Carloforte e a Cagliari. I Sardi opposero resistenza con ogni mezzo a loro disposizione, in difesa della loro terra e dei piemontesi.
Questa vittoria contro i francesi diede fervore alla popolazione, che si aspettava una ricompensa per la fedeltà alla Corona, la quale ricompensa non arrivò mai.
L’arresto comandato dal viceré di due membri del partito patriottico, gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor, fu la scintilla che diede inizio all’insurrezione. Proprio il 28 aprile del 1794, la popolazione esasperata decise di allontanare il viceré e tutti i piemontesi. Sono i giorni “de s’aciapa”(la caccia ai piemontesi ancora in città). Incoraggiati, gli abitanti di Alghero e Sassari, fecero altrettanto. “Sa die de sa Sardigna” è la festa del popolo, per i “Vespri Sardi”, ovvero la rivolta popolare del 28 aprile 1794, che ricorda, appunto, l’allontanamento da Cagliari dei Piemontesi e del viceré.
“Gio Maria, se solo riusciste a comprendere il bene che vi voglio…ma la vita che conducete non è la mia. Le vostre lotte non soltanto mi lasciano indifferente ma m’infastidiscono e disturbano la mia famiglia. Potremmo vivere bene, insieme siamo una forza. […] Occupate un incarico di prestigio.[…] Perché con i vostri atti vi ponete a rischio di offendere il governo sabaudo? Perché non mettete a tacere le idee che vi spingono a lottare per gente che neanche conosciamo? Il popolo Sardo…Come fate a preferirlo alla vostra famiglia?”
Annica lo amava, ma non riusciva a capire le sue idee né i suoi pensieri. Prigioniera nella gabbia dorata di quell’ambiente nobiliare e aristocratico. Lei e le loro figlie soffriranno di questo abbandono e lo vivranno come un tradimento coltivando a lungo sentimenti contraddittori.
L’amore incondizionato di un padre viene travolto dagli eventi con conseguenze devastanti; l’oppressione di un’infanzia logorata dalla precoce morte della madre accompagneranno la vita di Speranza, Giuseppa e Maria Angela. Intorno alle tre sorelle ruotano personaggi realmente vissuti sullo sfondo dei progressi societari significativi del secolo dei Lumi, che porrà le basi della nuova Sardegna.
Le frasi, i dialoghi, le descrizioni di volti, di strade, di chiese, di cieli, di natura, svelano una presenza che commuove, che alimenta un misterioso fuoco all’interno della scrittura: questa è la Libertà. Voci di uomini che si distinsero con coraggiose idee di modernità, rimasti profondamente coinvolti nella grande storia contemporanea; essi sono ancora vivi, come la loro passione. Uomini e donne non più sconfitti, ma colpevolmente dimenticati in fosse comuni.
Pro
Uno stile ricco di neologismi e di sinestesie, danno colore alla narrazione.
Contro
Alcuni passaggi troppo prolissi rallentano una brillante scrittura.
Trama
Tre nobili fanciulle cagliaritane orfane di madre e figlie di un eroe rivoluzionario in esilio a Parigi sono lacerate dal dilemma se continuare ad amare il padre, contro il suo apparente abbandono e il tessuto sociale reazionario in cui evolvono, oppure imporsi di dimenticarlo sino a ignorarne le ultime volontà? La prima opzione, in accordo con il cuore, le condurrebbe alla perdita. La seconda, salvando le apparenze, garantirebbe loro onore e rispetto in una Sardegna monarchica e conservatrice. L’amore incondizionato di un padre, le conseguenze devastatrici della sua perdita, dopo un’infanzia minata dalla morte precoce della e la chiusura in monastero, accompagnano le vite di Speranza, Giuseppa e Maria Angela Angioy sopraffatte da un carico emotivo troppo pesante per le loro spalle. Attorno alle tre sorelle brulica un universo di personaggi realmente vissuti nel Settecento sardo, sullo sfondo dei progressi societari tipici del secolo dei Lumi che porrà le basi della Sardegna moderna. Le nobili sorelle Angioy è una storia vera di umanità fondata sulla famiglia, l’amore, la perdita, il dolore e il tradimento ma anche di forza, quella di tre ragazze al bivio la cui scelta di vita celerà una sofferenza interiore non indifferente. Una storia che evidenzia personaggi anche imperfetti, regole societarie schiaccianti e i contrasti quasi insolubili che condurranno le sorelle a una scelta delicata.