Narrativa recensioni

“La casa della colpa” – Valeria Galante

Recensione a cura di Ivana Tomasetti

Se una trama deve dare emozioni forti, questo è il libro adatto, pieno di ritmo incalzante e di sviluppi inaspettati. I colpi di scena infatti si susseguono togliendo fiato.

Dopo la lettura resta in bocca il sapore crudele delle vicissitudini delle donne della famiglia Morelli. Il lettore non può che stupirsi davanti alla crudeltà gratuita che esse manifestano tra loro, forse a causa degli avvenimenti fuori del comune che vivono, o forse perché prigioniere di loro stesse. Un libro che scuote e che affonda il coltello nei meandri di caratteri insoliti e accusatori. Segreti e debolezze dell’animo vengono portati alla luce con crudezza amara, spingendo il lettore ad attendere una ribellione che invece non avviene.

La famiglia Morelli, una rete di affetti ingovernabili e senza controllo che affondavano le loro radici anche lì, in quel momento, in quel posto.

«Cos’hai in faccia?» chiese Salvatore dopo un po’.

«Sono caduta» rispose lei coprendosi l’occhio.

«Non è vero» disse Angela.

«Non è vero» le fece eco Genoveffa. «Anche l’ultima volta è arrivata così. Aveva un graffio sulla fronte.»”

Siamo all’inizio del Novecento in una Napoli che vedrà il susseguirsi degli avvenimenti storici fino al 1947, e in primo piano si descrivono le vite delle donne di casa Morelli. Si tratta del proseguo del romanzo “La casa delle sirene” in cui vengono raccontate le vicende precedenti della stessa famiglia. La scansione temporale è descritta nel titolo di ogni capitolo, così come il nome della protagonista di cui si parla.

La prima che si incontra è la figura della madre, ora in carcere con l’accusa di aver ucciso il marito.

Ma sarà proprio così? L’autrice escogita mille espedienti narrativi per non far trapelare una certezza, il lettore resta in sospeso fino alla fine e forse anche oltre. Giuseppina sembra (o lo è?) una vittima del destino, indizi la accusano, in carcere è fatta segno delle angherie delle altre carcerate, si ingegna a reagire con l’aiuto di un’amica e con gli oggetti che la figlia le manda dentro lavoretti che Giuseppina reputa insulsi e che non guarda, ma poi si accorge che nascondono qualcosa di utile…

“«Mamma.» Maddalena aveva portato un altro dei suoi buffi regalini. Quando veniva le donava un pupazzo di cartapesta e farina impastato da lei.

Il primo, piccolo, era stato un bambino, Eduardo. Il secondo, un po’ più grande, era stata lei stessa, Maddalena, e via via le altre sorelle.

Quest’ultimo era dipinto di bianco con la calce, ma era brutto e deforme.

«Chi è?» chiese Giuseppina prendendolo.

«Sei tu» disse Maddalena come se fosse una cosa ovvia.

«Sei tale e quale» aggiunse Genoveffa.

«Sono così?» chiese lei.

«Sei un po’ magra» mormorò Angela.

Giuseppina rimase in silenzio, seduta”

Giuseppina è una donna all’antica: tace e sopporta, preferisce il figlio maschio. Infine esce dal carcere, ma sarà innocente davvero? Una delle figlie, Angela non la crede innocente e l’accusa di ogni cosa nefanda che succeda nella famiglia, sono i castighi di Dio per i peccati della madre.

Adelaide è la figlia bella che viene messa in convento per non attirare i pretendenti che dovrebbero aspirare alla mano delle sorelle più grandi, che, nel pregiudizio di una vaga giustizia, dovrebbero sposarsi prima di lei. Così, quella che poteva essere una qualità si trasforma in un castigo.

“«Adelaide, guarda che stai andando in convento» le disse con tono paziente, celando l’apprensione. «Mica a sposarti.»

La figlia sorrise. «Lo so. Ma è solo per prepararmi.» La guardò con fiducia. «Per avere le giuste norme di educazione, in modo che nel frattempo le mie sorelle si fidanzano e quando esco io, sono pronta.»

Non era proprio così, in realtà.”

Maddalena si sposa senza entusiasmo e la vicenda prosegue con un ebreo che viene nascosto, durante il fascismo.

Se pensiamo al carattere umiliato e arrendevole di Giuseppina e lo confrontiamo con quello delle figlie troviamo che il passare degli anni non ha giovato a nessuna: una vive una situazione di prostrazione simile a quella della madre, l’altra, prima parteggia per il fascismo, poi cambia opinione davanti alla morte dei familiari. Vite tristi che non riescono a risollevarsi e a dimostrare senso critico. Donne cattive che non sono solidali tra loro.

Nel sottofondo la Napoli di un tempo, che si evolve verso il dramma delle due guerre mondiali, passando per il terremoto del 1910. La famiglia, un tempo benestante, vive momenti di difficoltà e il fascismo entra a dividere le opinioni, anche rispetto alla guerra di Spagna. L’epidemia di colera porta con sé la morte di una delle protagoniste e noi viviamo le miserie delle classi più povere, ma anche di quelle più benestanti.

Elemento di novità è il particolare inquietante: una divagazione nel fantastico, in cui un gatto morto sembra essere l’autore di richiami che Giuseppina sente provenire dallo sversatoio e che la spingono a sentirsi in colpa. La casa sembra ricoprire di colpa i protagonisti come un velo sotto il quale ognuno vive la sua vita, dibattuto dentro i suoi rimorsi e la sua solitudine, senza trovare soluzioni. La pace sembra arrivare solo con la morte.

Lo stile è fatto di paratassi, pensieri brevi e singultati in uno scorrere veloce che alimenta la sospensione, così come l’uso dell’andare a capo spesse volte. Ci sono rapidi flashback che colpiscono l’attenzione, creando suspense.

“«Qui c’era lo sversatoio» disse suo marito.

Maddalena annuì.

Il posto dove sua madre gettava i propri peccati e nascondeva le proprie colpe.

Il gatto nero che le aveva dato fastidio.

Gli anelli.

Il bimbo di Adelaide, che non poteva vivere.

E adesso, chi era quella persona morta?”

Quale il messaggio? La famiglia è il legame di sangue, ma anche il covo di invidie, rancori, gelosie, rivalità, odi insanabili, che durano per tutta la vita.

A mio parere parallelismi si possono vedere con il ciclo dei vinti di Giovanni Verga e con un richiamo a Schindler’s List quando nel 1943 troviamo un cappotto rosso indossato da una bambina.

“Valeria Galante” è uno pseudonimo e corrisponde a due fratelli, scrittori di libri gialli.

PRO

Una vicenda che tiene con il fiato sospeso, da leggere d’un fiato.

CONTRO

Trama un po’ intricata tra assassine (mogli) e morti ammazzati (mariti).
Non sappiamo come alcune vicende possano avere la loro conclusione. Si attenderà il proseguo.
Strano che i figli diano del tu alla madre rispetto all’usanza dei primi del Novecento.

La casa della colpa – edizione cartacea
La casa della colpa – edizione e-book

Trama

Napoli, inizio del Secolo breve. È ormai un anno che Giuseppina, ultima mater familias dei Morelli, è chiusa in carcere con l’accusa di aver scaraventato dalle scale il vecchio marito Alfonzo. Giuseppina si dichiara innocente, ma non ha prove per dimostrarlo. Quando grazie a un insperato aiuto riesce a uscire, tra le pareti della casa di famiglia trova affetti e altrettante tensioni, a cominciare dalle quattro figlie, diversissime l’una dall’altra: Angela è austera, poco socievole, e non crede all’innocenza della madre; Genoveffa è la donna di casa, petulante, grassa, brava a cucinare; Maddalena è intelligente e inquieta, forte e forse fin troppo determinata; Adelaide è bellissima ma schiava dei sensi e delle passioni. E poi c’è Eduardo, l’ultimogenito, a cui Giuseppina si lega in modo viscerale, forse eccessivo. Sulla casa sembra però pesare una tenace, ereditaria colpa indefinita, e le donne della famiglia Morelli pian piano scivoleranno lontano, molto lontano, nel corpo come nell’anima, rinnegando affetti, amori e spesso – troppo spesso, purtroppo – i loro stessi desideri. E intanto, la Storia scorre insieme e attraverso loro, con Napoli che si trasforma, il progresso che incede e divora e poi il fascismo che muterà per sempre il volto dell’Italia, anche a chi è distante dalle trincee della guerra. Continua la saga della famiglia Morelli, un’epopea ispirata a fatti realmente accaduti che diventa grande affresco dell’Italia nei decenni più significativi della storia contemporanea.

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