Recensione a cura di Serena Colombo
Dopo “Le donne dell’Acquasanta” (di cui potete trovare la recensione qui), Francesca Maccani torna in libreria con “Agata del vento” per le stesse edizioni Rizzoli.
Questa volta ci porta a Lipari, tra fine Ottocento e inizio Novecento, per raccontarci una storia di mare, di pesca, di donne, di coraggio. Di malia, intesa come fascino ma anche come effetto soprannaturale. Di vento, quello dell’isola, che trasporta il fuoco del Vulcano che rischia di rendere vano il lavoro dei campi; e del vento che porta con sè quella strana e irrazionale smania.
Agata è una giovane figlia dell’isola, terzogenita di una famiglia tipica dell’epoca, quella in cui si fa fatica a tirare avanti, si travagghia assai per pochi spiccioli e che ha portato il capofamiglia a cercare fortuna all’America. Ma è la madre di Agata uno dei copratogonisti più ricchi di fascino del romanzo: da quando ha messa al mondo l’unica figlia femmina, è come se avesse un nodo in gola a renderla sempre arrabbiata come il mare in tempesta, sempre in conflitto con la figlia che non riesce, apparentemente, ad amare. Vittima di un dolore che non riesce ad espellere.
Il dolore può assumere le sembianze della cattiveria, poi, una volta uscito fuori e liberato dall’opprimente peso dei non detti, respira si dilata fino a dissolversi.
Agata che nel mare e dal mare – quello nel quale tutte le notti va a pescare con altre donne dell’isola – riceve la prima avvisaglia di un dono che non sa gestire, interpretare, che la spaventa ma la affascina: vedere cose, avvenimenti, immagini che rimandano ad altre cose, ad altre immagini, ad altri avvenimenti che avverranno.
Sembrava che qualcosa di misterioso e intangibile agisse secondo regole che non avevano a che fare con la ragione. Non era stregoneria, non era magia, ma qualcosa di più profondo. Qualcuno sapeva padroneggiare gli elementi, le forze ancestrali che legavano uomo e natura, mente e corpo.
Agata che si scopre ben presto, e senza nemmeno capire come, capace di guarire quei mali che nessun dottore riesce a guarire. Quei doni che troppe volte hanno portato gli uomini a confondere con atti di stregoneria.
Ma Agata non è una strega, è una majara. Come lo è Sebastiano, il più saggio del paese, persone capaci, attraverso il pronunciamento di riti e ‘raziuni tramandate di generazione in generazione, di guarire, prevedere. Un dono che crea e distrugge legami impensabili.
Agata è il sale che pizzica sulla pelle, è l’odore del mare che si attacca alla pelle come il profumo di una amore impossibile eppure imprescindibile; è il vento che le scompiglia i sogni e i desideri; è la consapevolezza che se il futuro non se lo “ruba” lei stessa, nessuno glielo cambierà mai, e sarà destinata a farsi granello di una stessa spiaggia su cui non ci sono orme da lasciare.
Agata che soffre per questo suo “dono” arrivando a un certo punto a rinnegarlo, a desiderare di estirparselo da dentro, o quanto meno di tacitarlo, come l’amore, come la fantasia di vivere una vita diversa, lontana dall’isola che è una gabbia, sebbene sia fatta di vento e di mare.
Agata, dal tuo dono non si scappa e nemmeno dal dolore, fanno parte di te tutti e due, ce li hai dentro.
La Maccani costruisce un romanzo con qualche ridondanza di troppo, a volte, ma con personaggi, tutti, a loro modo potenti, pieni di fuoco e di dolore; una storia dove non c’è molto spazio per la gioia, un romanzo che di quel “vento” che porta nel titolo tiene la determinazione e la potenza, ma non la leggerezza.
Una storia di ignoranza, di violenza anche – ci troveremo anche un femminicidio ispirato a un fatto vero, di cronaca dell’epoca – di rabbia e di passioni.
Un romanzo in cui perdersi, dal quale farsi accarezzare e trasportare. Proprio come fosse una malìa.
Pro
L’ambientazione geografica, la ricchezza di sensazioni che la scrittura della Maccani suscita ed evoca.
Contro
Tolti degli accenni ad alcuni fatti storici (come la visita nel 1902 della Regina Vittoria dell’isola), il romanzo risulta più di ambientazione storica che propriamente storico, pur ispirandosi a fatti e personaggi realmente accaduti.
Citazione preferita: Le passioni, anche se sottraggono tempo agli affetti, sono il motore dell’anima.
Trama
Lipari nel 1902 è un’isola selvaggia, che affonda le radici nel mito e colora d’America il futuro dei suoi figli. Qui le donne sono creature di mare e di terra, pescatrici che conoscono i segreti delle acque turchesi e degli animali che le abitano, che dominano i giri di vento e profumano di sale. Tra loro c’è Agata, una ragazza bellissima e inquieta, che vive con la madre e i fratelli; una famiglia come tante, la sua, spezzata dalla partenza del padre per il Nuovo Mondo in cerca di fortuna. Ha quindici anni, Agata, e non è un’adolescente come le altre dell’isola. C’è chi la chiama majara – strega – ma lei è molto di più: non si limita a curare malanni e malocchio con gli scongiuri, lei ha la capacità di scorgere frammenti di futuro, guarire malattie incurabili e dominare gli elementi. È un dono che le arriva da Eolo, il signore dei venti che proprio a Lipari ha la sua tomba. Accettarlo non è facile per Agata, che sogna una libertà fuori portata per una fimmina e ha appena conosciuto il richiamo irresistibile del primo amore. Ma il dono è una parte di lei che non può cancellare, è un destino, e scoprirne l’origine sarà l’inizio di un viaggio nel suo passato e in quello della sua isola. Ispirandosi alla storia vera, mai raccontata, di una guaritrice di Lipari, Francesca Maccani ha scritto un romanzo potente e suggestivo, che ci immerge nella magia e nelle tradizioni arcane delle Eolie e sa parlarci ancora oggi di passione e rinascita, di fame d’amore e coraggio di cercare la propria strada.
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