Recensione a cura di Lorenzo Angelaccio
Il personaggio
Andrea Palladio è stato uno dei più importanti architetti del Rinascimento contribuendo in maniera significativa allo sviluppo architettonico di Vicenza: città che, in anni recenti, è diventata patrimonio UNESCO proprio grazie alle numerose ville e architetture palladiane. Palladio morì improvvisamente nell’agosto del 1580, in un modo che non è mai stato del tutto chiarito e che viene affrontato da Matteo Strukul nel romanzo, dal titolo emblematico, L’oscura morte di Andrea Palladio.
A differenza di quello che il titolo può lasciare intendere, però, il tema centrale di quest’opera non è appunto la morte dell’architetto, quanto tutti i tormentati avvenimenti personali che ad essa precedono. In particolare, vero e proprio “MacGuffin” del romanzo consiste nell’omicidio del nobile Alessandro Camera da parte di Leonida, primogenito di Palladio: ragazzo scapestrato e irruento, che frequenta circoli non proprio altolocati. Da questo singolo evento, seguono a cascata tutta una serie di avvenimenti strettamente legati tra loro, in cui interverrà anche la Santa Inquisizione, fino all’episodio citato nel titolo in cui l’autore – forse – darà una propria risposta a questo cold case irrisolto.
“«So chi è Andrea Palladio!» tuonò il podestà. «Ma nemmeno lui è al di sopra della legge.»”
Il romanzo
L’opera potrebbe presentarsi come un giallo, ma in realtà la vicenda non si concentra sulla risoluzione di un delitto (che sappiamo fin da subito essere stato effettivamente commesso da Leonida) quanto piuttosto sul tentativo di Andrea Palladio di evitare al figlio la condanna a morte, e su tutti gli eventi che ad esso seguiranno. Come ogni thriller storico che si rispetti, le atmosfere sono fosche e cupe, complice anche il clima umido e nebbioso di Vicenza e della laguna veneziana, dove sono ambientate alcune scene. Questa cupezza contagerà anche la famiglia di Palladio e l’architetto stesso, noto invece per la sua imperturbabilità e la sua armonia, che si riflette nel classicismo rinascimentale della sua architettura di grandissima fama e apprezzamento.
“Quei tentativi, dunque, non avevano raggiunto l’obiettivo che gli Olimpici si erano prefissati. E Andrea ne era ben consapevole. Lui per primo era stanco di quelle strutture fragili, facilmente danneggiabili per via del materiale. Sentiva, invece, che era giunto il momento di costruire un vero teatro, realizzato in pietra, sul modello di quello romano. Vicenza ben lo meritava.”
Interessanti, a tal proposito, tutti i riferimenti al lavoro di Palladio, caratterizzato fin da subito come una persona molto più dedita al suo lavoro che non alla famiglia: caratteristica che gli creerà non pochi problemi con la moglie e i figli, e che contribuirà a renderlo un personaggio molto umano, non esente da difetti.
Anche la moglie, Allegradonna, viene descritta in modo molto sfaccettato, combattuta tra l’amore incondizionato verso i propri figli e il tormento di aver dato vita a colui che si è rivelato un assassino.
Purtroppo ciò non si può dire per gli antagonisti e alcuni personaggi secondari, che soffrono di alcuni problemi di caratterizzazione che però, nel complesso, non compromettono la verosimiglianza del romanzo.
Anche i dialoghi, talvolta, non risultano particolarmente brillanti, mentre è nelle descrizioni che lo stile dell’autore eccelle, ricche di dettagli concreti e di riferimenti storici e artistici che arricchiscono la narrazione coerentemente con il protagonista del romanzo e la sua attività artistica.
“Gli piacevano la sua pacatezza e naturale armonia. Si diceva che anche Tiziano fosse un uomo arrabbiato, perfino violento, e Andrea non aveva mai capito se irascibilità e bizzarria fossero qualità necessarie per un grande pittore. Michelangelo Buonarroti faceva a dir poco paura, a quel che si narrava. Ma lui non credeva a quel tipo di fandonie. E Paolo era la dimostrazione di quanto quiete e gentilezza potessero essere muse magnifiche per realizzare tele semplicemente straordinarie.”
Questo rende perciò il romanzo apprezzabile da tutti gli amanti del thriller storico, ma anche da coloro che amano leggere storie con protagonisti grandi personaggi del passato che hanno reso grande il nostro Paese e la nostra Storia.
Pro:
- Stile scorrevole e ritmato
- Descrizioni accurate e ricche di riferimenti storici
- Tentativo di dare risposta a un cold case della Storia
Contro:
- Personaggi secondari poco sfaccettati
- Dialoghi talvolta poco brillanti
Trama
Vicenza, 14 febbraio 1569. Leonida di Andrea della Gondola, un giovane intemperante e tormentato, partecipa alla festa di San Valentino presso il palazzo di Alessandro Camera e, tra melodiose danze e ricchi banchetti, seduce la moglie del padrone di casa. Tra i due uomini scoppia un litigio feroce durante il quale Alessandro Camera muore accoltellato. Ma quella che sembra l’ennesima sanguinosa lite della Vicenza rinascimentale si rivela un affare molto più grosso. Leonida infatti è il figlio di Andrea Palladio, il più celebre architetto della Serenissima. E proprio nel momento del suo massimo splendore artistico, per Andrea, padre e marito fedele, la sfida quotidiana diventa proteggere Leonida e il resto della famiglia, perché nella città delle faide, dell’Inquisizione e della peste che non lascia scampo, nessuno è al sicuro. Il leggendario architetto dovrà fare i conti con avvenimenti che lo segneranno nel profondo fino alla fine dei suoi giorni. In una girandola di colpi di scena, personaggi memorabili, amori, intrighi e vendette, Matteo Strukul si insinua con sapienza tra i chiaroscuri della Storia, gettando una nuova luce sull’enigmatica morte di Palladio e componendone un ritratto colmo di passione e umanità.