recensioni Saggistica

La passione e le idee – La Puglia antifascista da Giuseppe Di Vagno a Giacomo Matteotti- Giovanni Capurso

Recensione a cura di Maria Rita Truglio

Giovanni Capurso è uno scrittore e saggista pugliese che si occupa, nello specifico, di meridionalismo. In questo suo nuovo lavoro, infatti, entra nel fenomeno dei fasci pugliesi e in tutti gli eventi che caratterizzarono, in special modo, gli anni compresi tra la morte di Giuseppe Di Vagno e quella di Giacomo Matteotti. 1921-1924 anni pregni di episodi che si riveleranno fondamentali per meglio capire la salita al potere del fascismo e di conseguenza la nascita di fazioni contrari al fenomeno.

“Le due date segnarono l’avvio di un processo che avrà come epilogo il periodo peggiore della storia dell’Italia unita, conclusosi con la catastrofe di un conflitto mondiale.”

Ma chi era Giuseppe Di Vagno? L’autore parte proprio dal tracciarne un profilo generale: socialista originario di Conversano, mosse i primi passi in politica da giovanissimo nelle amministrazioni comunali e provinciali. Molte sono le cose in comune con Giacomo Matteotti. Entrambi provenienti da famiglie agiate, avrebbero potuto vivere vite completamente diverse ma i loro ideali li spinsero a fare scelte ardite per il periodo in atto e a lasciarsi dietro le spalle scie di nemici non di poco conto. Il che porterà alla tragica conclusione che ben si conosce. Morti, le loro, che non solo cambiarono dall’interno il movimento ma lo portarono ad avere nuova vita in tutto il Paese.

La Puglia non è solo protagonista di questo racconto ma lo è stata anche nel periodo pre-fascista (e durante) ritrovandosi ad avere un peso non indifferente sull’intera nazione. Ripercorrendo le varie fasi che caratterizzarono la nascita del fascismo, l’autore ne delinea un quadro che da subito appare conciso e diretto: da un’accozzaglia iniziale di proposte e idee vaghe quale era, alla presa di potere assoluto, il padronato agrario risulta esser stato il vero e proprio ispiratore del fascismo in Puglia. Infatti, ci mise poco a diffondersi nei centri rurali della regione dove trovò ampio spazio più che nelle altre regioni del sud Italia. Attraverso i “mazzieri” dilagò la violenza che presto si trasformò in quella armata.   

Come scritto in precedenza, inizialmente, il movimento fascista non aveva nulla di concreto che lo caratterizzasse. Per citare le parole dell’autore che a sua volta cita lo storico Tranfaglia <<il movimento non poteva che definirsi come una “reazione” alla diffusione del socialismo>>. 

“Questi giovani, non conoscendo per esperienza diretta i dolori e gli orrori dei combattimenti, avevano assorbito dalla psicosi bellica soltanto la componente romantica […] di modo che credettero di trovare nella riproduzione artificiale del fenomeno l’atmosfera da essi sognata.”

Capurso, però, non rimane fermo alla Puglia ma traccia anche una sintesi generale della situazione nell’intero paese: da Giolitti (convinto della poca durata del Movimento Fascista, ne fece entrare una piccola fazione in Parlamento e tra questi era presente anche Mussolini. Sicurissimo di poter usare i componenti per i propri scopi, mai si sarebbe aspettato l’esito finale) fino all’omicidio di Giacomo Matteotti appunto.

Volente o nolente, le vicende pugliesi si sono spesso intrecciate con quelle nazionali. Il tutto raccontato con una linearità che accompagnerà l’intero libro rendendo la lettura fluente anche agli occhi di chi poco conosce la situazione politica pugliese e non di quegli anni. E attraverso materiali inediti, quali lettere o articoli di giornale, crea un dialogo tra i personaggi storici marcando maggiormente l’atmosfera respirata in quegli anni di conflitti, nell’eterna lotta tra fascisti e antifascisti.

“A distanza di alcuni mesi dall’omicidio Matteotti, Mussolini rivendicò la paternità storica, morale e politica del tragico evento, spazzando via ogni velleitario tentativo di ricostruzione delle sezioni socialista e antifasciste.”

Gli assassini di Di Vagno e Matteotti non furono mai puniti. La rivendicazione del delitto di quest’ultimo da parte di Mussolini segnò la fine di ogni tentativo di rivalsa nei suoi confronti: si apriva la fase della dittatura. Ritornano spesso, in questo saggio, i nomi di questi due combattenti perché in un certo qual modo rappresentarono la miccia per le future azioni da compiere. Anche se alla fine prevalsero valori lontani dal loro essere, il sacrificio non è stato vano: quella miccia è sempre stata accesa nonostante tutto e lo si vedrà verso la fine del partito. Gli anni che intercorrono tra le loro morti sono stati rappresentativi di una società in tumulto e in trasformazione che ha dato i natali a molti personaggi di spicco da entrambe le fazioni. In questo excursus storico, Giovanni Capurso mette a disposizione la sua conoscenza in un saggio breve ma dovizioso di nozioni il cui scopo non è semplicemente mettere a conoscenza il lettore degli avvenimenti ma anche quello di indurlo a riflessioni proprie senza influenze esterne.

Eventi, questi, che completano un puzzle altrimenti lasciato a metà.


PRO
Come detto in precedenza la fluidità della narrazione rende l’acquisizione dei concetti rapida e chiara, aiutata anche dalle note a fondo pagina.

CONTRO
Nulla da segnalare.

Link cartaceo: La passione e le idee

Trama
Cosa accadde in Puglia negli anni tra il delitto di Giuseppe Di Vagno e quello di Giacomo Matteotti? Questo arco temporale vide l’ascesa del fascismo e la sua costruzione del potere. Partendo da documenti in parte inediti, l’autore ripercorre le lotte tra fascisti e antifascisti, ma anche quelle intestine tra fascismo ufficiale, fascismo autonomo e sindacalismo fascista, delineando un quadro articolato del Paese e, in particolare, della Puglia. Esauritasi la spinta squadrista in funzione antisocialista, il movimento, alla ricerca di una identità precisa, si innestò nelle logiche di potere del trasformismo, che avevano sempre caratterizzato il Mezzogiorno. Il fascismo di Puglia, in maniera precoce, sperimentò, con un vero e proprio laboratorio politico, i primi tentativi di quella collaborazione tra capitale e lavoro che anticipò il corporativismo economico degli anni a venire. Con una narrazione accessibile, utilizzando continui richiami alle vicende nazionali, soprattutto attraverso le posizioni nette e intransigenti di leader come Matteotti, l’autore ricostruisce questa storia di ordinaria intolleranza dando la parola ai principali protagonisti di quel tempo inquieto.

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