Recensione a cura di Roberto Orsi
L’ultimo romanzo di Carmine Mari ci riporta ancora nella città di Salerno. Dopo “Hotel d’Angleterre” e “Il fiore di Minerva”, il lettore torna nella città campana dove l’autore vive e lavora. Cambia l’epoca di riferimento in questo caso: è il 1239, in pieno Medioevo, tra guelfi e ghibellini, papato e impero.
È il tempo di Federico II di Svevia, lo stupor mundi che fece grande il sud Italia, colui che rese la Sicilia capitale morale del Mediterraneo. L’imperatore è nel pieno della sua battaglia con papa Gregorio IX per il controllo delle cariche vescovili in Italia e l’egemonia sui territori della penisola.
L’opera di cucitura dei rapporti, per tenerli almeno su un “binario” di non belligeranza, è affidata al cavaliere teutone Hermann Von Salza. Nel romanzo, troviamo il cavaliere in condizioni di salute non ottimali, a cui viene consigliato di recarsi a Salerno per ricevere le migliori cure mediche conosciute fino a quel momento. L’impegno di diplomatico tra papato e impero richiede la migliore concentrazione e la piena forma fisica. I medici di Salerno, a detta dell’imperatore, sono coloro che potranno aiutarlo.
Un editto dell’imperatore nel 1231 ridiede lustro alla Scuola Medica Salernitana, una istituzione centenaria, considerata, in pratica, una delle prime università della Storia. L’unione tra le culture e le conoscenze greco-latine con quelle arabo-ebraiche consentì una notevole crescita e sviluppo nelle conoscenze mediche dei magistri della scuola. Le sperimentazioni e le metodologie curative aprirono la strada al metodo empirico e alle prime forme di prevenzione medica.
Le vicende di Rogerius, figlio del maestro, medico ed erborista Giovanni, si inseriscono in questo impianto storico, all’ombra dei quadriportici della cattedrale, tra alambicchi, alchimia, ricette mediche e sostanze curative. Il ragazzo è un giovane allievo della scuola, promettente, capace, curioso e intraprendente.
All’improvviso viene chiamato al capezzale del Maestro Pellegrino, uno dei magister della scuola che da qualche tempo non può più esercitare a causa di una grave malattia. In punto di morte e con un filo di voce, Pellegrino lascia a Rogerius un messaggio alquanto enigmatico:
“Sono un vigliacco, non doveva andare in quel modo. Fermali… il cilindro, trovalo prima di loro, a Pomona, sanguis draconis…”
Rogerius, spinto dalla curiosità di decifrare il messaggio del maestro, non esita ad avviare la ricerca della verità, coadiuvato dall’amico Giacomo di Exeter, di origine inglese “chierico vagante, suonatore di viella e frequentatore di bordelli”. Le sue domande scomode e il suo atteggiamento al limite dell’irriverenza insospettiscono alcuni dei magister anziani della scuola.
Le capacità e l’atteggiamento al limite della strafottenza di Rogerius mettono facilmente in imbarazzo magister più esperti come Ugo da Marcina, suo professore alle lezioni di medicina. I contrasti con Rogerius sono frequenti, un astio che sembra affondare le radici in qualcosa di più del rapporto tra maestro e allievo.
“Da dove nasceva tutto quell’astio?, continuava a chiedersi Rogerius. Il magister lo inquietava, perché sapeva che da qualche parte c’era una ragione, una verità che lo aspettava. Solo questione di tempo e si sarebbe fatta avanti.”
Qualcuno è alla ricerca di una medicina portentosa, sulla via dei grandi maestri d’oriente, di conoscenze erboristiche rare, il possesso delle quali potrebbe donare grande potere e ricchezza. Questa ricerca si intreccia con la morte del padre di Rogerius, Giovanni, nell’ambito di una crociata in Terrasanta qualche anno prima: che cosa aveva scoperto il magister?
Intanto a Salerno l’atmosfera è agitata. Il nuovo stratigoto inviato dall’Imperatore, Raimondo di Puglia, non ha vita facile nel riscuotere le gabelle volute da Federico II. Nobili, mercanti e cavalieri non hanno alcuna intenzione di cedere alle richieste dell’Impero. L’arcivescovo ha buon gioco, nei disordini, nell’eterna lotta tra potere imperiale ed ecclesiastico.
Non mancano delitti, ritrovamenti di cadaveri, scontri di piazza tra le fazioni cittadine, disordini e tumulti. Lo stratigoto, con l’aiuto dei cavalieri teutonici filoimperiali (in contrapposizione agli Ospitalieri e Templari, legati principalmente al papato) deve fermare la scia di sangue e riportare l’ordine in città.
I filoni delle vicende sono diversi, come dei cerchi concentrici che possono essere contenuti uno nell’altro ma anche legati tra loro: nel primo più grande la macroStoria dello scontro tra Papato e Impero; nel secondo, la città di Salerno con la gestione amministrativa, le lotte di classe, le rivendicazioni economiche e non solo; e, infine, la Scuola Medica Salernitana, la ricerca di un medicamento che ha del miracoloso.
Tra le pergamene, un messaggio che sembra più un enigma.
Sii scrupoloso e attento o mio saggio medico,
nel bilanciare dosi ed elementi.
Fidati solo del regolo tuo amico,
se tieni alla vita altrui e alla tua senza rimpianti.
Tieni a mente queste righe, quando sei dal tuo paziente,
nel tuo studio a preparare la ricetta per la cura.
Ogni passo devi muovere con il regolo docente,
o la morte sarà con te, nella polvere tua impura.
In definitiva, che cos’è il “Regolo imperfetto”?
In questa rivisitazione del romanzo originale, pubblicato già nel 2015, Carmine Mari con Marlin Editore, propone un romanzo storico importante e imponente che consta di circa 600 pagine.
La ricostruzione della città medievale di Salerno è minuziosa, con le sue vie, i palazzi, le chiese, la cattedrale e la scuola medica, i mercati, l’arsenale e il porto. Anche la descrizione delle cariche amministrative del tempo denota uno studio approfondito del periodo da parte dell’autore. I legami tra le figure di spicco della città (stratigoto, magister, priore della Scuola, chierici e cavalieri) rendono viva una narrazione incalzante che quasi mai prende pause o respiro. Il romanzo non è breve, ma l’autore riesce a renderlo godibile in tutte le sue fasi, tra intrighi e complotti.
Un viaggio nel pieno medioevo dove il potere guida la mano e le intenzioni dell’uomo, la conoscenza è sinonimo di ricchezza ed è più facile ritrovarsi nemici alle spalle che amici di fronte. Una corsa contro il tempo per impedire che il regno di Federico II subisca un’onta troppo grave da superare.
PRO
L’atmosfera medievale perfettamente ricostruita, come la topografia della città di Salerno; una copertina molto evocativa; il ritmo che tiene per l’intera durata del romanzo
CONTRO
gli intrecci tra i tanti personaggi delle varie vicende che richiedono una certa concentrazione nella lettura; il rischio che alcuni passaggi tra una scena e l’altra lascino in confusione un lettore meno attento; alcuni refusi ortografici sparsi tra le pagine che potevano probabilmente essere evitati.
Trama
Salerno, 1239. Figlio d’arte, Rogerius è un brillante studente della famosa Scuola medica, la cui passione e curiosità lo conducono a esplorare nuovi campi del sapere. È in procinto di portare a termine il corso di studi, quando un anziano magister, corroso dalla malattia, lo convoca al proprio capezzale per invocare la sua misericordia. Rogerius asseconda il desiderio dell’uomo in fin di vita; ma che cosa gli avrò mai perdonato?, si chiede perplesso. “Trova il cilindro prima di loro”, gli aveva detto il maestro, “sanguis draconis”, le sue ultime parole. Che cosa si cela dietro quella frase, in apparenza senza senso? Domanda a cui il giovane cercherà di dare risposta frugando nel passato della propria famiglia, tra alambicchi, elettuari, erbe curative, sostanze esotiche e preparati miracolosi. È l’inizio di un mistero che si infittisce giorno dopo giorno; un rebus fatto di bugie, delitti, rancori mai sopiti, cui si aggiungono una sete perversa di conoscenza e il segreto di Charaka, una medicina ricavata da una bacca dagli effetti portentosi. Lo scontro politico tra il papa Gregorio IX e l’imperatore Federico II trasforma la città in un campo di battaglia, trascinando Rogerius nella mischia contro tagliagole, magistri in cerca di gloria, nobili e uomini di Dio in lotta per la conquista del potere.