Articolo a cura di Laura Pitzalis
Erano le ore 21 del 6 ottobre 1924 quando dai microfoni della neonata URI, Unione Radiofonica Italiana, la violinista Ines Viviani Donarelli, (e non Maria Luisa Boncompagni come si era creduto fino al secolo scorso), improvvisata speaker che probabilmente non immaginava di star costruendo la storia, annunciò l’inizio delle trasmissioni radiofoniche in Italia.
URI, Unione Radiofonica Italiana. 1-RO: stazione di Roma. Lunghezza d’onda metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, per il servizio delle radio audizioni circolar. Il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto “Opera 7”, I e II tempo.
Si apriva così ufficialmente la prima trasmissione radiofonica italiana composta da un concerto, un bollettino meteorologico e notizie su borsa e attualità.
Questo traguardo fu possibile grazie al lavoro del “papà della radio” Guglielmo Marconi, che riprese gli esperimenti di David Sarnoff, Nikola Tesla, Aleksandr Stepanovič Popov, Alva Thomas Edison e Heinrich Hertz.
Ma torniamo un po’ indietro e vediamo come si è giunti alla realizzazione di questo importante mezzo di comunicazione che ha la capacità di inserirsi negli ambienti più disparati, ci tiene compagnia in auto, in casa e all’aria aperta, che ancora prima della televisione, ha raccontato la guerra, le grandi rivoluzioni, la politica, gli avvenimenti culturali e sportivi e portato virtualmente gli ascoltatori a teatro e all’opera.
LA STORIA DELLA RADIO
La storia della radio parte nel 1873, quando il fisico scozzese James Clerk Maxwell scoprì l’esistenza delle onde elettromagnetiche che, viaggiando nell’etere, possono essere captate attraverso l’utilizzo di strumenti adatti. Pochi anni dopo il suo collega tedesco Heinrich Rudolf Hertz fu il primo, con un apparato di sua invenzione, il dipolo hertziano, a generare onde utilizzando l’energia elettrica. È per questo che in suo onore, nel sistema internazionale, la frequenza è misurata in hertz.
Scoperte importanti, è vero, ma come potevano trovare un’applicazione pratica? Nessuno ci era riuscito, fino a quando due fisici, l’italiano autodidatta Guglielmo Marconi e il russo Aleksandr Stepanovič Popov, che vivevano e lavorarono in zone completamente diverse del globo, senza saperlo cominciarono a lavorare contemporaneamente alla realizzazione e messa a punto di uno strumento in grado di inviare e ricevere segnali a distanza.
Il primo a costruirlo fu Popov, tra il 1895 e il 1896, ma Guglielmo Marconi fu più veloce, solo di qualche settimana, a presentarne il brevetto.
Già nel 1895, infatti, Marconi poté compiere il primo esperimento di telegrafia senza fili. Usando la casa paterna di Pontecchio come base riuscì a comunicare con un contadino che si trovava al di là di una collina a più di un chilometro e mezzo di distanza. Visti i risultati, Marconi, offrì la sua invenzione al Ministero italiano di Poste e Telegrafi, che tuttavia la rifiutò sottovalutandone il lavoro. Si trasferì, quindi, a Londra per proseguire il suo lavoro dove, avendo il governo inglese riconosciuto le potenzialità delle sue ricerche, il 5 marzo 1896 ottenne il brevetto del primo prototipo della radio.
Ma fu nel 1901 che Marconi compì la sua impresa più sensazionale: la trasmissione di segnali radio dalla Cornovaglia, in Inghilterra, a una stazione ricevente situata vicino a St. John’s, nell’isola canadese di Terranova, emettendo così il primo segnale radiotelegrafico transoceanico.
Curiosità: l’antenna ricevente, in Canada, era costituita da un filo sollevato da un aquilone.
All’età di 27 anni Marconi, dimostrando che le onde elettro-magnetiche si potevano propagare nell’atmosfera e che la curvatura terrestre non rappresentava un ostacolo, aveva dato inizio all’era della radio e per questo il 10 dicembre 1909 ottenne il Premio Nobel per la Fisica in condivisione con il fisico tedesco Karl Ferdinand Braun.
La radio di Marconi, il “telegrafo senza fili”, anche se ha il merito di aver gettato le basi alla sua nascita, è ancora lontana da quella che conosciamo oggi, per il fatto che non poteva trasmettere suoni, voci e musica. A porre rimedio fu Reginald Fessenden che nel 1900 riuscì a trasmettere la voce ad una distanza di 1,6 chilometri e nel 1906 a far ascoltare un programma di voce e musica in diffusione sulle amatoriali radio dei marconisti, gli ufficiali addetti alle radio dell’esercito e delle navi.
Per la prima trasmissione ufficiale, avvenuta nelle Officine Marconi di Chelmsford in Cornovaglia, ci sarebbero voluti altri 14 anni di approfondimenti.
Ci pensò poi David Sarnoff nel 1916, a proporre la costruzione dell’apparecchio radio, o “radio music box”, come lo chiamò lui stesso, strumento pensato per trovare posto in tutte le case.
L’uso della radio che a noi è familiare iniziò dopo la Prima Guerra Mondiale trasmettendo, inizialmente notiziari ed eventi come discorsi, concerti, spettacoli per poi raggiungere una forma culturale propria con la musica, i radiodrammi, l’intrattenimento leggero, il quiz, i programmi culturali e educativi.
Il primo servizio regolare di trasmissioni prese avvio nel 1920 nel Regno Unito. Pochi mesi dopo, la radiofonia raggiunse gli Stati Uniti nei quali ebbe un successo rapidissimo: già nel 1922 vi erano ben 187 emittenti.
Nel 1922 viene fondata in Gran Bretagna la più antica radio del mondo tuttora esistente: la BBC (British Broadcasting Corporation) con una inequivocabile missione: “istruire, informare, intrattenere“. Il modello della BBC, che non ammetteva la pubblicità ma si finanziava soltanto attraverso una tassa, si diffuse un po’ in tutta Europa.
La radio, quindi, rivoluzionò le comunicazioni di massa, con un impatto pari a quello che, diversi secoli prima, aveva avuto l’invenzione della stampa. Le potenzialità, del resto, erano evidenti: con la radio, si poteva raggiungere il pubblico in qualsiasi località e in tempo reale e per questo dagli anni ’20 divenne uno strumento di comunicazione politica in quanto le trasmissioni potevano orientare l’opinione pubblica e nei regimi autoritari fu usata dai governi per fare propaganda.
Nel nostro Paese l’ascesa della radio coincise con gli anni del regime fascista poiché il governo di Mussolini si rese subito conto che poteva rappresentare un importante strumento di divulgazione. Agli inizi del 1930 però pochi italiani potevano permettersi il suo acquisto, soprattutto nelle zone rurali. Mussolini decise allora di dotare ogni villaggio di una radio per affiancare i contadini nel lavoro dei campi e per ampliare la cultura delle giovani scolaresche: la “radio rurale”. Naturalmente veniva bloccata la sintonia per poter ricevere solamente canali radiofonici del regime.
Dopo la guerra continuò a essere uno dei principali mezzi di comunicazione, ma dovette affrontare la “concorrenza” della televisione, introdotta in alcuni Paesi già negli anni ’30 ma diffusasi soprattutto nel dopoguerra grazie al boom economico, che le sottrasse parte dell’interesse del pubblico senza però farla scomparire. Infatti, ne uscì modificando completamente il proprio ruolo con l’aiuto di innovazioni tecnologiche, come la modulazione di frequenza (FM) che migliorava notevolmente la qualità del suono, e soprattutto con il transistor, che sostituì le costose e ingombranti valvole termoioniche.
Questo minuto componente elettronico permise la riduzione dell’apparecchio, fino ad allora enormi cassette in legno con alcune manopole di comando esterne, e, con l’alimentazione a pile, lo liberava dall’obbligo del filo elettrico e di una postazione fissa.
La radio diventò così un apparecchio di uso personale e non più familiare, compatibile con la guida di un’auto e con lo svolgimento di molte attività, portatile, leggero, economico.
Alla fine degli anni Settanta in tutta Europa prese piede la liberalizzazione dell’emittenza radiofonica. In Italia, avvenne nel 1976, dando il via, in molte città all’apertura di numerose radio private.
Oggi, con lo sviluppo di Internet, è sbagliato pensare che la radio abbia perso il fascino e l’interesse di un tempo. Gli anni Duemila non hanno segnato la sua fine, ma l’hanno fatta rinascere facendole vivere il suo secondo tempo di splendore.
Amo la radio perché arriva dalla gente, entra nelle case, ti parla direttamente. E se una radio è libera ma libera veramente, mi piace anche di più perché libera la mente.
Eugenio Finardi
QUALCHE CURIOSITÀ
Iniziò tutto con un campanello …
Per dare il via ai suoi esperimenti, Marconi partì, direttamente da casa sua, con la “prova del campanello”, un campanello elettrico che riuscì ad azionare tramite un pulsante a distanza.
Due anni dopo, grazie al sostegno economico dei suoi familiari, la distanza tra i campanelli raggiunse i 2 km.
Può sembrare un mondo lontano dalla radio che intendiamo oggi, ma questi studi sulla trasmissione a distanza e sul sistema telegrafico sono serviti a gettare le basi per la comunicazione radiofonica.
L’uccellino della radio
Sicuramente quelli della mia generazione riconosceranno questo “jingle”
Veniva confidenzialmente chiamato “uccellino della radio” una sequenza di quattro suoni molto simili a cinguettii ed utilizzati un tempo negli intervalli di trasmissione in onde medie e corte dall’EIAR e poi dalla RAI nelle sue varie reti.
I “cinguettii” erano generati da un congegno totalmente meccanico azionato a molla ed avente le dimensioni di circa 15 x 15 x 10 centimetri. Questo apparecchio è ora entrato a far parte della storia della radio in Italia, esposto presso la sede Rai di Torino.
L’Araldo Telefonico l’antenato della radio.
Nel 1910, l’ingegner Luigi Ranieri dette l’avvio a un progetto di radio prima della radio. Lo chiamò Araldo telefonico e le sue trasmissioni coprivano tutta la città di Roma.
L’idea dell’Araldo telefonico era semplice: in certe fasce orarie, chi possedeva il telefono e uno speciale ricevitore attivato a una linea dedicata, alzava la cornetta formulava una richiesta al centralino e poteva ascoltare notiziari dell’agenzia Stefani, le quotazioni in borsa, le previsioni del tempo detto anche il “Bollettino dei presagi”, il segnale orario.
L’Araldo telefonico ebbe una durata breve ma segnò in modo profondo il sistema di trasmissione via etere.
Il 13 febbraio è la World Radio Day, la giornata mondiale della radio.
La ricorrenza viene celebrata in tutto il mondo dal 2011 quando i paesi membri dell’Unesco istituirono la giornata in ricordo della prima trasmissione radiofonica, andata in onda il 13 febbraio del 1946, inaugurando la radio delle Nazioni Unite.