Narrativa recensioni

Un posto sotto questo cielo – Daniele Scalise

Recensione a cura di Mara Altomare

Questa è la storia di Edgardo Mortara, un bambino ebreo battezzato contro la volontà dei genitori.
Battesimo avvenuto ad opera di una serva cattolica di casa Mortara, la quale, approfittando di una breve malattia del piccolo Edgardo, che a suo giudizio l’avrebbe portato alla morte, raccontò di averlo battezzato di nascosto per garantirgli almeno l’ingresso in paradiso. Per questo motivo Edgardo fu sottratto alla famiglia nel 1858 ed educato nella tradizione cattolica sotto la protezione di Pio IX.

Cresciuto come prete, si dedicò alla predicazione e alla conversione degli ebrei, e morì in Belgio prima dell’invasione nazista.
Fu un caso al centro dell’attualità del tempo, con risonanza internazionale, che fece scalpore in tutta la Penisola, in Europa e in America. Accese un dibattito che si è prolungato fino ad oggi, di cui si continua a parlare con fervore e tiene accesi gli animi, una questione che spazia dalla politica, alla religione, alla fede, alla pedagogia. Che ha coinvolto letteratura e cinema.

Il romanzo di Scalise ci presenta Edgardo e ci permette di conoscerlo, accompagnarlo e farci accompagnare, per tutta la sua vita, in un percorso che porta inevitabilmente a interrogarsi sui confini tra destino e volontà.

Lo incontriamo all’età di 6 anni nella sua casa a Bologna, dove vive con la sua numerosa famiglia in un clima di religiosità serena e convinta. Una famiglia di commercianti ebrei apprezzata e conosciuta da tutto il quartiere, che, quando il piccolo viene allontanato, ne condivide con i Mortara tutto il dolore.

Leggendo ci si sente parte di quella folla di uomini e donne, clienti della bottega, garzoni, madri e compagni di giochi dei figli, che non si libereranno mai dell’immagine della carrozza in fuga con Edgardo. E si avverte il buio nel cuore dei suoi genitori, disperati e consapevoli di combattere una battaglia persa in partenza.

Edgardo era perso. Ognuno fu travolto dalla valanga e da quel momento nessuno riuscì mai più a liberarsi dal ricordo feroce.

Inginocchiato sul sedile, dalla finestrella della carrozza, Edgardo s’era messo a osservare il nastro di polvere sollevato dalle ruote. Da quel giorno lo spavento fu padrone della sua esistenza.

Casa dei Catecumeni a Roma

A Roma, Edgardo viene portato al Collegio dei Neofiti, un istituto per la conversione dall’ebraismo e dall’Islam; qui viene educato al cattolicesimo e riceve i sacramenti, e fortissimo è il suo rapporto con l’altro grande protagonista del romanzo, Papa Pio IX, che lo accoglie, lo cresce, lo istruisce, attenendosi a quello che ritiene un suo dovere: trasformarlo agli occhi del mondo in uno splendido esempio di conversione. Una conferma della santità del suo regno e del suo potere.

Devi sapere, figliolo, che ci prenderemo cura di te, perché è stato Nostro Signore Gesù Cristo a volerlo, con il tempo capirai, vedrai che capirai la grazia che è scesa su di te.

Il suo pontificato lungo più di trent’anni investe e influenza Edgardo e tutto il suo destino, una vita che si intreccia con momenti cruciali della storia della Chiesa e del Risorgimento, dallo splendore del papa-re fino alla fine dello Stato pontificio e del potere temporale dei papi; l’avvento del Regno d’Italia sotto i Savoia, la “presa di Roma”, la breccia di Porta Pia.

Si chiedeva se la Storia lo avrebbe ricordato come colui che aveva stabilito il dogma della madre di Dio nata senza peccato originale o se sarebbe rimasto nella lista degradante dei monarchi spodestati.

Sull’altro fronte i genitori di Edgardo, Salomon, detto Momolo, e Marianna, affranti, ma determinati a reagire, cercano collegamenti e sostegno presso le comunità ebraiche di tutta Europa per poter parlare con le autorità, convincerle dell’errore, incontrare il bambino, fargli sapere che non l’hanno abbandonato in quel collegio, circondato da preti e suore. Genitori inconsolabili, ma tenaci e mai vacillanti nella loro fede e nella preghiera. Forte e potente il brano dell’incontro di Marianna con il figlio a Roma, per pochi momenti, di fronte all’autorità ecclesiastica… un bambino pallido, silenzioso, che si avvicina ai genitori a piccoli passi, e una mamma in un diluvio di lacrime e un fiume di domande, come tutte le madri del mondo… Cosa fa? Come lo trattano? Come lo hanno vestito? Cosa mangia? Cosa gli dicono? Cosa gli insegnano? E si prende il suo angelo sulle ginocchia e lo culla mentre il piccolo sbatte le ciglia sul vuoto…

Come a confidare un segreto che solo lui può udire gli bisbiglia in un orecchio Shmà Israel Adonai Elohenu Adonai Echad

Edgardo, una volta adulto, sceglie di abbracciare la vocazione sacerdotale, confermandola in tutta la sua lunga esistenza. Diventa Padre Pio Edgardo (un nome non casuale), gira il mondo con ambizione, matura un’elevatissima cultura e parla una decina di lingue. Ma vive anche una profonda inquietudine.

Lui non trovava dove stare e si chiese se tutto quell’affannarsi per il mondo lo avrebbe mai portato a trovare un posto sotto questo cielo. Sempre che quel posto esistesse davvero da qualche parte e fosse raggiungibile.

E infatti qualcuno, dopo la sua morte, continuerà ancora a definirlo “un sacerdote cattolico di razza ebraica”.

È un romanzo che oltre alla fedele ricostruzione storica solleva temi importanti su cui riflettere: la perdita delle proprie origini, la ricerca di un’identità, l’influenza che può avere la storia sul destino di ognuno.
E quando, in che momento l’educazione ricevuta si concretizza in libertà di scelta per la vita?

Lo stesso Edgardo dalle pagine del libro a sua volta ci spiazza, perché ci dà un suo personale punto di vista, che ci fa leggere la sua esistenza lasciandoci nel dubbio: è stato un bambino “rapito” oppure un bambino “salvato”?

Oltre ogni possibile risposta e al di là di qualsiasi evento, saldo per tutta la vita sarà il passo scolpito nel suo cuore dalle parole sussurrate dalla mamma, un principio di fede sempre vivo e vero per tutti i credenti:

“Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze” (Dt 4,6) 

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Trama
Bologna, 23 giugno 1858. Due guardie pontificie si presentano alla porta di Momolo e Marianna Mortara con un mandato della Santa Inquisizione. Da quel momento l’esistenza di una famiglia di modesti mercanti ebrei è destinata a essere per sempre sconvolta: le guardie hanno infatti l’ordine di portar via il sesto dei figli, Edgardo, di non ancora sette anni. I genitori, attoniti, chiedono invano spiegazioni, protestano, si disperano ma alla fine sono costretti a cedere ai gendarmi che trascinano via il figlioletto. È l’inizio brutale di una vicenda via via sempre più cruenta e destinata a punteggiare malamente la storia del nascente Stato italiano e della ormai fatale estinzione di quello pontificio. A nulla valgono gli appelli al papa di capi di Stato come Napoleone III, l’imperatore d’Austria e il presidente degli Stati Uniti né le voci di protesta di uomini di cultura e le suppliche di quelli di ogni fede. Pio IX è irriducibile: Edgardo Mortara, pur nato ebreo, appartiene alla Chiesa cattolica visto che una fantesca ha giurato di averlo battezzato di nascosto quand’era nella culla ritenendolo moribondo per via di un attacco di febbre. Vittima di un’epoca tempestosa, ­Edgardo vivrà tutta la vita all’interno dell’istituzione ecclesiastica, prima ragazzo confuso e solitario, poi sacerdote inquieto e disperato. Fino alla sua morte in un convento nei pressi di Liegi tre mesi prima che i nazisti invadano il Belgio, sarà pedina innocente sulla scacchiera di un potere spietato. 

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