Narrativa recensioni

Recensione di “Fino alla fine di noi” – Giada Trebeschi

Recensione a cura di Raffaelina Di Palma

“Fino alla fine di noi”. Ho voluto iniziare questa recensione dal titolo e proprio dal titolo ho recepito un fermo immagine. Da sole cinque, semplici parole si sprigionano audacia, ardimento, passione: sentimenti che trasmettono un messaggio molto potente. Un misto di emozioni, sensazioni forti a cui è difficile dare un nome. Sensazioni che, insieme alla protagonista, prova anche il lettore.

Destabilizzazione, incertezze, punti di riferimento, appigli che improvvisamente non ci sono più.

In parole povere “manca la terra sotto i piedi”. La voce di una donna che dà voce a tutte le donne.

Sono le emozioni che ha provato la protagonista: un fermo immagine da cui partire coraggiosamente verso un futuro migliore.

Mi chiamo Maria Elena e questa è la mia storia.

Inizia a raccontare così la sua storia che prende vigore fin dalle prime pagine e si rafforza dalle prime righe della lettera-confessione che Maria Elena scrive a sua figlia.

Una lunga lettera che si apre con uno scorcio sul 24 febbraio 1946, giorno dell’elezione di Peron a presidente dell’Argentina: la moglie Evita sostiene coraggiosamente i diritti inalienabili delle donne. Compreso il diritto al voto.

La presa di coscienza delle donne di poter avere un ruolo nella società è ben evidenziato attraverso le vicende della protagonista: un processo iniziato verso il XVIII secolo, ma che ha effetto considerevole solo nel XX secolo, modificando le coscienze femminili e la cultura della famiglia e del lavoro. 

Adesso basta. Ho un piano. Giurami che ti salverai e che farai tutto ciò che a me non è mai stato concesso. Vivi e ama oltre misura. A costo di farti scoppiare il cuore. Giuramelo.”

A pronunciare queste parole è la suocera di Maria Elena de’ Mari. Lei sa le torture che suo figlio le infligge perché le ha subite a sua volta.

In questa frase c’è una donna che vuole salvare “la donna”. Le fa giurare che ci riuscirà. Le infonde speranza e l’aiuta a scappare. All’inizio è una vaga percezione, ma poi diventa una certezza che le dà una speranza.

La speranza! Questo sostantivo, non a caso femminile, da qui in poi diventa il leitmotiv del romanzo che accompagnerà la protagonista.

In questo aiuto insperato Maria Elena ripone un sentimento fiducioso nella realizzazione del presente e del futuro, di quanto desidera.

Pensa alle straordinarietà della vita, a quei fili invisibili che la proteggono, con un futuro che pareva destinato a infrangersi, ma ora che il destino le ha teso una mano è pronta a tutto.

Inizia così la lunga fuga. Da quella nave guarda l’orizzonte che sembra così lontano, ripensa a quel si pronunciato a forza; ora, cerca di riprenderselo. Ora è pronta a riprendersi anche la sua libertà.

Chi legge è catturato dall’espressione decisa e trasparente con la quale si rivolge alla figlia:

non esprime rimorso, le racconta semplicemente la ragione per cui l’ha dovuta abbandonare e quanta sofferenza le sia costata.

Così ho preferito scegliere io. Libera di scegliere di perderti subito piuttosto che far di te una prigioniera innocente per il resto della tua vita”.

Sullo sfondo aleggia ancora l’orrore della guerra appena conclusa: la distruzione regna sovrana sulla quale sono imperanti soprattutto accaparramento e speculazione.

Siamo al secondo ciclo della grande emigrazione del secondo post guerra, con una prima fase che va dal 1946 al 1960 fortemente caratterizzata da nuove destinazioni.

In quegli anni sono migliaia i matrimoni celebrati per procura. Gli emigranti in cerca di una moglie infatti, si rivolgono alla propria famiglia in Italia per chiedere aiuto nella ricerca di una compagna per la vita. 

È la storia di una donna che ha avuto il coraggio di dare una svolta al proprio destino. Testimone di un passaggio epocale verso il progresso.

Quando toccò il suolo dell’Argentina dimenticò la bocca nera del piroscafo che l’aveva inghiottita alla partenza da Genova.

“Sebbene io cercassi di non attirare l’attenzione, per la maggior parte degli uomini a bordo una donna che viaggiava da sola era più una tentazione che un mistero. Non eravamo in molte in quella condizione, ma una decina di donne come me in cerca di una nuova vita, c’erano. […] Soprattutto ci eravamo riconosciute fra noi per il coraggio”.

Non immagina che questo viaggio cambierà non soltanto la sua vita, ma anche la vita di quelli che verranno.

Maria Elena de’ Mari, alias Dora Ferrando, una delle tante spose per procura, una identità rubata, ma per lei l’unica possibilità di salvezza.

Una notte mentre dorme nascosta dentro una delle scialuppe le arriva il suono di un pianoforte dalla sala da ballo, a quell’ora deserta: una musica struggente e inaspettata; un tango argentino.

Ancora non sapeva che un giorno avrebbe ballato su quella musica con la persona che le avrebbe fatto raggiungere le più alte vette della felicità, ma anche quelle della sofferenza più atroce.

Si scioglie in lacrime di commozione, dimenticando per un momento le sofferenze patite per arrivare fino a lì. E’ grata a donna Adele per quello che ha fatto per lei, a Dora per averle donato, senza saperlo, la sua identità.

Quelle lacrime accendono in lei un intenso desiderio lasciando posto alla speranza: deve farcela, ha fatto un giuramento!

Lo farà con i gesti e con le parole di una fanciulla, poi con l’amore di una donna matura: supererà meschinità, cattiverie, ipocrisie; sull’onda di queste emozioni, per quella necessità di far parte di un  mondo nuovo che le si apre davanti, capace di modificare, di smuovere per mettere fine a quello stato di dimessa obbedienza. La storia di una donna che non vuole rinunciare alla propria libertà che abbatte ogni resistenza. Una sfida ad una società che vuole relegarla alle privazioni, al dolore, alle rinunce. Una lettera particolare, libera da stereotipi imperanti che suscita un insieme di tante emozioni, che si legge tutto d’un fiato.

Trama

Mi chiamo Maria Elena de’ Mari e sono una fuggitiva.

Le mura di casa erano la mia prigione, ma io sono una combattente e una ribelle così sono salita su un piroscafo in partenza per la fine del mondo. Pochi soldi cuciti nella sottoveste, una borsa leggera, un giuramento da mantenere e la vita da salvare. << Vivi e ama oltre misura. A costo di farti scoppiare il cuore >> questo avevo giurato. Ho attraversato l’Atlantico in terza classe rendendomi invisibile, immateriale. Ho lasciato che l’acqua salata della lacrime e del mare cancellassero la mia vecchia vita accogliendo fra le mani un quaderno bianco, immacolato, pulito, nuovo, tutto da riscrivere.  L’Argentina, il tango e Massimo sono stati la mia rinascita e la mia condanna.  Una condanna che accetterei mille altre volte ancora. Ho vissuto e amato oltre misura. Ho mantenuto il mio giuramento.   

Che ne pensi di questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.