Narrativa recensioni

Recensione de “L’alchimista imperfetta” – Naomi Miller

Recensione a cura di Maria Rita Truglio

È decisamente un incrociarsi di destini questo nuovo romanzo di Naomi Miller. Molteplici vite che fluiscono all’unisono verso sentieri sconosciuti: pericolosi ma accattivanti. L‘Inghilterra sta lasciando dietro di sé gli ultimi anni del 1500 ed è pronta ad accogliere il nuovo secolo non senza rivoluzioni. La morte di Elisabetta I sconvolge le vite di molti, anche della nostra protagonista. Mary Sidney Herbert, questo il suo nome, si presenta ai lettori appena quindicenne ma con le idee chiare come chi di esperienze ne ha solo da offrire. Realmente vissuta ma, come spesso accade, dimenticata dalla storia, riprende vita attraverso le parole dell’autrice che stravolge la sua esistenza romanzando alcuni particolari del suo vissuto.

“Devi vivere la storia…prima di poterla raccontare.”

Mary Sidney

Ebbe una notevole influenza alla corte di Elisabetta, non solo per il matrimonio con Henry Herbert, conte di Pembroke, ma anche per le sue doti di scrittura. Poetessa, scrittrice, appunto, e persino traduttrice. La sua vita diventa un incontro di menti, tutto gira intorno alle parole e il loro potere. Un influsso che per lei ha un qualcosa di alchemico: come questa conoscenza ha il potere di trasformare i vili metalli in oro, anche la scrittura ha il medesimo potere per lei. La chimica di una frase ha lo stesso potere ammaliante ai suoi occhi. Un’alchimista non convenzionale diremo oggi o Alchimista imperfetta, titolo pienamente conforme al personaggio.

A tenderle la mano in questo viaggio di studio e scoperta sarà Rose, sua cameriera personale. Dopo un primo incontro non proprio idilliaco il legame tra le due si rafforza tanto da renderle complici e cancellando il rango che li separa. Se Mary comunica con le parole, Rose lo fa con il disegno, rendendo reali e tangibili le parole della sua padrona, donandogli una forma.

“Là dove le parole mi venivano meno, il disegno rimaneva il modo più efficace di esprimermi.”

Henry Herbert

In mezzo a descrizioni minuziose di ambienti e al volgersi della vita di ognuno, sentimenti vari si intercorrono tra loro dando origine a un racconto ricco di pathos. Tra le varie perdite è il non arrendersi a fare da padrone. Come un serpente che morde la coda dell’altro, un uroboro, il simbolo dell’eterno ritorno, giorno e notte, vita e morte, questa è la sua filosofia. Un eterno rigenerarsi. Cerca la metamorfosi, non la perfezione.

Wilton House, residenza dei conti Pembroke,  si ritrova ad essere meta di grandi artisti, ognuno dei quali, col proprio passaggio, lascia un segno indelebile anche e soprattutto nella vita di Mary Sidney.

“Mary non desiderava più comprendere i misteri di Dio […] Lui le era diventato del tutto  incomprensibile.”

Wilton House

“L’Alchimista imperfetta” è proprio questo: un’immersione totale nell’epoca e le sue vicende storiche che fanno da sfondo ai numerosi personaggi che si susseguono. Uno a caso? William Shakespeare. Cosa c’entra in tutto questo? Mary Sidney non era per niente una donna comune e Shakespeare lo sapeva bene. Alchimia? Forse! L’unica certezza e’ che, romanzato o meno, questo libro è il giusto pretesto per conoscere una grande donna che, vissuta in un mondo di soli uomini, ha saputo ritagliarsi uno spazio in luoghi in cui alle donne non era concesso entrare, guadagnandosi il rispetto. Con il suo Circolo di artisti ha permesso il diffondersi delle arti e, cosa più ardita, l’ingresso di altre donne. Impensabile per il tempo.

I suoi occhi e quelli della domestica Rose ci offrono punti di vista differenti sui fatti, permettendoci di vedere le cose da diverse prospettive, nelle loro mille sfaccettature. Opposte eppure uguali.

L’autrice non si risparmia con la storia, allungando un po’ troppo lì dove magari poteva ridurre ma la lettura risulta comunque piacevole. Niente di artificioso. Tutto scorre fluido e si trasforma come i metalli durante il processo alchemico. Una storia di amicizia che diventa il modo per salvarsi dall’oscurità del periodo e lasciare un segno nei tempi a venire. Cosa che è effettivamente successa. Non fatico a immaginare la contessa che sogghigna sorniona mentre distrattamente stuzzica il suo anello e annuisce soddisfatta di ciò.

Trama

Inghilterra, 1600. Una contessa che osò essere una scienziata. L’incredibile storia di una donna fuori dagli schemi. “Mia madre era una strega. O almeno così dissero quando la trascinarono via. Ma per me era vera solo una cosa: lei era il centro del mio universo. Avevo nove anni e la mia vita cominciò quel giorno.” Inghilterra, 1573: in un mondo già illuminato dalla luce del Rinascimento, ma in cui ancora si dà la caccia alle streghe, la piccola Rose è figlia di una madre accusata di stregoneria, e per lei la vita sembra avere in serbo solo povertà e amarezza. Finché non avviene qualcosa che cambierà per sempre il suo destino: approda, come domestica, nel grande castello dei conti di Pembroke, regno della contessa Mary Sidney Herbert. Mary è una nobildonna, ma non una qualsiasi: amica della regina, mentore di un giovane poeta sconosciuto chiamato William Shakespeare, grande appassionata di letteratura e, cosa inaudita per i tempi, di scienza, Mary ha un segreto. Un vero e proprio laboratorio di alchimia, allestito nel suo palazzo, dove trascorre ore di studio ed esperimenti. E quando Rose si affaccia nella sua vita, Mary – che da tempo desidera una figlia che non arriva – la istruirà, insegnandole l’amore per lo studio. La loro amicizia, cementata dall’interesse proibito per la scienza, diventerà la cosa più importante: il modo per salvarsi dall’oscurità dei tempi, e lasciare la loro traccia nella Storia. Un romanzo raffinato ed emozionante, che racconta il personaggio, realmente esistito e ingiustamente dimenticato, di Mary Sidney Herbert, la contessa alchimista, ma è anche un affresco di un’epoca affascinante, l’era Tudor, magnifica nelle sue luci e nelle sue molte ombre.

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