Recensione a cura di Mara Altomare
Ciò che un libro lascia al lettore non dipende solo da quel libro, ma anche dal momento della vita in cui si legge: scoprire “Le notti della peste” oggi, dopo aver vissuto il periodo della pandemia, dà a questo romanzo un valore aggiunto non indifferente, inevitabilmente portandoci ad immedesimarci in tante delle sue pagine, a entrare nella storia molto più intimamente che se lo avessimo letto qualche anno fa.
Scopriamo avvenimenti che appartengono al passato, ma nel leggerli si avverte qualcosa di “profetico”.
Le distanze temporali si accorciano e, purtroppo, non si fa fatica a condividere le esperienze dei protagonisti!
Orhan Pamuk, tra i maggiori romanzieri turchi contemporanei, insignito anche del premio Nobel per la letteratura nel 2006, riesce a trasportarci non solo in un luogo, ma anche in un tempo in cui non si distingue la realtà dalla fantasia e il presente dal passato.
Il romanzo è ambientato nel 1901 nell’isola di Mingher, un luogo immaginario ma verosimile, nel Mar Mediterraneo, tra Cipro e Rodi, e in particolare nella città di Arkaz, dove convivono greci e musulmani. Quando entriamo con la nave al porto insieme ai protagonisti, l’isola ci riceve con un’immagine ancora suggestiva e incontaminata… tuttavia sta iniziando a diffondersi la peste, e ciò segnerà il destino di questo luogo e dei suoi abitanti, nonché dei suoi governanti.
“Man mano che la nave si avvicinava a Mingher il panorama veniva avvolto da un alone di magia e da una luce unica. Giardini rigogliosi di palme, pini, limoni… Il profumo inebriante delle rose blu viola e rosa”.
Questo profumo di rose e di vita che ci accompagna all’ingresso sull’isola sarà sempre presente e lo sentiremo in tante pagine, nonostante l’odore mortale e ricorrente della peste.
Il dottor Bonkowski, chimico di fiducia del sultano turco, viene incaricato di fronteggiare il dilagare dell’epidemia. Tuttavia lo stesso Bonkowski viene trovato morto in circostanze misteriose. La sua fine potrebbe essere sopraggiunta a causa del virus, ma qualcosa lascia pensare che le circostanze siano più complesse, e si apre un giallo, che sono chiamati a risolvere i due protagonisti: la principessa Pakize, figlia del sultano ottomano, e suo marito Nuri, affermato medico esperto di malattie infettive e quarantene, che provengono da Istanbul ed approdano sull’isola di Mingher. Sono due personaggi affascinanti e testimoni di una grande storia d’amore e complicità. Lei, donna di grande intelligenza e scaltrezza, anche se messa alle strette e obbligata a scelte infelici, dimostra sempre dignità e sicurezza di sé. Lui emerge per il coraggio e l’umiltà con cui si mette a servizio della comunità, a rischio della sua stessa vita; per come affianca Pakize esaltandone le origini reali; ed è lui ad illustrare al pubblico i complessi argomenti scientifici e medici, spiegati sempre con chiarezza.
Nel frattempo il flagello della peste mette in ginocchio l’isola e costringe i suoi governanti ad adottare misure di contenimento … da citarne alcune decisamente familiari:
Fu stabilita dapprima la chiusura di tutte le scuole.
Per quanto riguarda gli uffici governativi era facoltà di responsabili decidere se dovessero funzionare normalmente o a ranghi ridotti.
Tutte le navi provenienti da Alessandria, dall’Africa, dall’Oriente, sarebbero state sottoposte a quarantena e i passeggeri sarebbero rimasti a bordo per cinque giorni prima di poter mettere piede sull’isola.
I malati venivano isolati in strutture di quarantena chiamate “stazioni di ricovero”.
I documenti ricevuti per posta o i quotidiani o le monete venivano sanificati tramite la “fumigazione” con l’incenso, e i medici immergevano le dita nell’aceto prima di toccare i pazienti.
Era nata la moda di spruzzare e cospargere ogni cosa di soluzione antisettica.
La maggior parte delle persone non usciva più dopo il tramonto.
Si ricorreva all’esercito per garantire il rispetto delle regole di contenimento.
Sorprendente quanto un romanzo storico possa contenere tanta attualità!
Incredibile imbattersi in frasi come “NON PREOCCUPIAMOCI! ANDRA’ TUTTO BENE!”
È poi molto interessante il grande tema delle conseguenze politiche e delle reazioni alle misure di contenimento dei vari popoli che convivono sull’isola: se la comunità cristiana si adegua suo malgrado ai provvedimenti stabiliti, quella musulmana rifiuta le restrizioni, intese come tentativi forzati di occidentalizzazione.
“Dallo scoppio dell’epidemia le chiese erano poco frequentate. Nelle moschee invece la schiera dei fedeli era aumentata. I funerali, in particolare, attiravano grandi folle”
Si apre il dibattito su isolamento e paura… da una parte c’è chi si rassegna, dall’altra il fatalismo, spesso ai limiti della superstizione!
“…si ricorreva ai fogli di preghiera, manufatti devozionali privi di valore scientifico ma utili ad aiutare le persone a non farsi prendere dallo sconforto. Opporsi al loro uso avrebbe allontanato ulteriormente la popolazione dai medici di quarantena e avrebbe aumentato l’avversione alle restrizioni.”
Si assiste alla conta giornaliera dei morti, fino all’inevitabile blocco internazionale, tramite un cordone marittimo di navi militari. Sia i greci che i musulmani rimpiangono di non essere fuggiti dall’isola prima dell’introduzione delle misure di quarantena, e i sentimenti di questa comunità intrappolata vengono descritti con grande potenza, animando le notti della peste…
“Solo un poeta, non un romanziere, certamente non uno storico, sarebbe in grado di descrivere la disperazione che calò sulla città. Un sentimento che impediva alla gente di agire con prudenza, di esercitare il buon senso, prendere le precauzioni necessarie. Un sentimento che insinuava la certezza di non avere scampo”
“Durante quelle notti di peste, il costante stato di infelicità e incertezza scivolava fin nei sogni della gente, trasformando il sonno, insieme al mal di testa, ai bubboni e alla paura della morte, in un vero e proprio calvario”
In questo clima di forte scoraggiamento non viene mai meno l’amore della principessa Pakize per l’isola di Mingher. L’epidemia dà a questa comunità mista l’occasione per unirsi, per ribellarsi finalmente agli invasori storici, lasciando emergere la sua vera identità, alzando la sua bandiera, esprimendo una sua lingua propria. Ed è con questa speranza che, nonostante la durezza dell’argomento, siamo accompagnati alla fine della lettura da un augurio di fiducia nel futuro e nella libertà, in tutte le sue sfaccettature.
L’autore presenta uno stile particolare, ma vincente: nonostante la lunghezza del libro la suddivisione in tanti brevi capitoli agevola la lettura; inoltre Pamuk si rivolge spesso direttamente al lettore, come estraniandosi dal racconto, uscendo dal libro e dando spazio a considerazioni personali, in qualche caso addirittura autocitandosi!! Questo aspetto rende la narrazione originale e aggiunge una nota dinamica nel contesto di un racconto molto descrittivo.
“Le notti della peste” ci accoglie forse come un gigante, e come tale può di primo impatto spaventare, per il suo spessore, per le tematiche affrontate, e visto anche il calibro del suo autore… in realtà invita con molta semplicità a farsi leggere, e ci chiama a riflettere, ricordare e farsi ricordare.
Trama
1901. La peste dilaga sull’isola di Mingher e l’uomo chiamato a fermarla viene ucciso in circostanze misteriose. Nel destino di quella piccola isola e dei suoi abitanti Orhan Pamuk ha ricreato un mondo, parlando al nostro presente con una forza e un’intensità che sono quelle della grande letteratura. Nell’aprile del 1901 un piroscafo si avvicina silenzioso all’isola di Mingher, «perla del Mediterraneo orientale». Dall’imbarcazione scendono due persone: il dottor Bonkowski – il maggior specialista di malattie infettive dell’Impero ottomano – e il suo assistente. Bonkowski è lì per conto del sultano: deve indagare su un nemico invisibile ma mortale, che rischia di mettere in ginocchio un Impero già da molti definito il «grande malato d’Europa» e innescare così una reazione a catena nei delicatissimi equilibri continentali. Sull’isola di Mingher, si dice, c’è la peste. Il morbo viene rapidamente confermato, ma imporre le corrette misure sanitarie rappresenta la vera sfida, soprattutto quando le esigenze della scienza e della medicina più nuova si scontrano con le credenze religiose. In quest’isola multiculturale dove musulmani e cristiani ortodossi cercano di convivere pacificamente, la malattia funge da acceleratore delle tensioni sociali e non solo: poco dopo aver parlato con il governatore e chiesto che venga imposta la quarantena, il corpo del dottor Bonkowski viene trovato senza vita in un vicolo. In un drammatico crescendo la peste dilaga, spingendo le autorità a rafforzare le misure di contenimento: queste però aumentano le frizioni tra le varie identità dell’isola (e dell’Impero), tra chi le asseconda e chi nega l’esistenza stessa della malattia, o l’efficacia della quarantena, gettando la comunità nelle tenebre di una notte non soltanto sanitaria. “Le notti della peste” è un’opera-mondo grandiosa, universale, attraversata da echi di Tolstoj, di Manzoni, del Conrad di Nostromo, di Camus. Romanzo storico e allegorico (tra le righe si legge la deriva di ogni nazionalismo verso l’autocrazia dell’uomo forte), brulicante di personaggi e di storie, di guerre, amori e immortali tensioni etiche. In cui il particolare – le esistenze dei singoli individui travolti dalla Storia – si apre all’universale – il rapporto tra paura e potere, tra vita e destini generali, tra fede e ragione, tra modernità e tradizione.