Recensione a cura di Claudio Musso
Una libreria di Francoforte, gestita dalla terza generazione degli Schwertfeger, fa da sfondo al nuovo romanzo di Ines Thorn, Die Buchhändlerin, tradotto da Irene Abigail Piccinini e pubblicato da Tre60, con il cambio del titolo da La libraia al più accattivante La libraia clandestina.
In effetti di libri e clandestinità si parla benché solo nella primissima parte del testo quanto il nazismo non impone solo ai propri sudditi come vivere ma anche cosa leggere. La giovane Christa e suo zio Martin, i gestori dell’attività, sono costretti a fare sparire dalle vetrine e dagli scaffali i libri proibiti dal regime perché non in linea con quella letteratura di sangue e suolo che avrebbe fortificato lo spirito tedesco.
Tuttavia, mentre molte copie vengono bruciate nei roghi, per colpire chi li aveva scritti ma anche chi li aveva letti, gli Schwertfeger salvano diversi testi dentro scatole che poi vengono protette da un muro, convinti che un domani questi potranno ritrovare i propri lettori perché, come aveva ammonito un secolo prima Heine, finito anche lui all’indice, ‘’là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini“. Ma un libro ribelle di Brecht rimane impigliato nelle scansie e, scovato alla prima perquisizione, determina la discesa agli inferi di Martin che la fine della guerra restituisce minato nel corpo.
Il romanzo, il primo di una serie, si concentra soprattutto sui primi anni del dopoguerra durante l’occupazione americana. Francoforte, benché liberata dal giogo nazista, è una città di fumo e macerie, anche morali. Chi è rimasto vive con quello che può, accogliendo anche nelle proprie stanze i profughi. Chi torna o dalla guerra o dai lager spera solo di potere chiudere gli occhi per dormire e dimenticare. Al contempo spira il vento di resa dei conti tra traditori e traditi, tra delatori e vittime, più negli androni delle case che nei tribunali. Ma a Martin, il libraio che tutti vorremmo avere per la sua capacità di consigliare e sapere leggere il lettore, non interessa continuare a fare altro male. Solo il fatto che sia vivo deve servire da monito a chi lo ha tradito e riaprire la libreria significa riappropriarsi di un tempo interrotto e di tornare a leggere per purificare le anime.
La famiglia Schwertfeger si ricompone e si arricchisce anche dall’arrivo del piccolo Heinz, un bambino con nessuno al mondo ma che Christa in qualche modo adotta, che si rivela subito un abile affarista subacqueo tra borsa nera e piccoli furti, per dare una mano alla sua nuova casa. Intanto, mentre famiglie consumano il magro pasto seduti in cucina senza la facciata della casa e gli americani si danno – nonostante l’ordine perentorio di non fraternizzare con i civili – a serate danzanti nei loro quartieri occupati con la presenza di alcune donne tedesche, che fanno mormorare le altre, Christa desidera per lei una svolta.
Contrariamente al volere della madre, che la vorrebbe impegnata solo in corsi di economia domestica e quindi relegata al ruolo di donna-moglie-madre, si iscrive all’università con entusiasmo, salvo spegnerlo subito dopo quando si accorge che in cattedra siede lo stesso docente, un tempo ardente nazista, nel frattempo riciclatosi o semplicemente rimesso al suo posto, che considera la letteratura cosa da uomini. Grazie a questo riferimento Thorn si dimostra abile a catturare lo spirito del tempo, entrando nelle pieghe delle dinamiche del dopoguerra tedesco, nel quale accanto ad uno stop nella modernizzazione del ruolo della donna si affianca (nell’aula universitaria, per esempio, ci sono solo cinque donne, sedute peraltro in ultima fila), una denazificazione che, aldilà dei proclami, nella zona di occupazione occidentale fu più di tollerante che in quella orientale.
Le svolte che Christa cerca per sé stessa tuttavia arrivano sempre dall’esterno. Prima il libricino dimenticato di poesie di Brecht e ora un numero del codice penale ancora in vigore che, esattamente come quello tatuato sul braccio dei deportati, decreta condanna e reclusione: lo zio Martin non è solo un libraio, finito nei lager per attività sovversive, ma è anche un ‘175’, paragrafo della legislazione, in vigore dal maggio 1871 fino al marzo del 1994, che considera l’omosessualità un crimine. E la legge viene comunque applicata:
‘’Noi Centosettantacinque viviamo due vite scisse, completamente distinte e separate. Una interiore e una esteriore. Mentiamo. Tutti i giorni. Mentiamo su quello che pensiamo, su quello che proviamo. Cerchiamo scappatoie, ci nascondiamo dalle nostre famiglie, dai nostri amici. Abbiamo sempre, proprio sempre, Christa, la coscienza sporca. Il senso di colpa ci pesa sulle spalle. E poi la vergogna. Non vogliamo essere quello che siamo. Ce ne vergogniamo, veniamo condannati, ci chiamano perversi e malati’’.
Con uno zio che non si è scelto come e chi voleva amare, Christa deve riprogrammare tutto e gestire da sola la libreria. A poco a poco qualche editore e rivista letteraria riprende l’attività. A Christa non sfugge il fatto che la gente si avventi sui libri come un risarcimento: c’è chi cerca distrazione e svago, chi spera di trovare risposte nei grandi classici e chi vuole chiudere velocemente il capitolo nero della propria storia, sentimento che accomuna molti tedeschi nel loro non sempre chiaro rapporto con la croce uncinata di un tempo. Se infatti la nuova merce non fa in tempo ad arrivare in negozio che i primi clienti incollano il naso alle vetrine perché tornano libri di autori che vivono ancora in esilio, davanti alla libreria si comincia già a parlare di superamento del passato:
‘’Mentre il mondo intero dava la colpa ai tedeschi per la Seconda guerra mondiale e per lo sterminio di 6 milioni di ebrei, molti tedeschi non volevano più saperne di sentirsi in colpa. Non erano stati vittime anche loro? Era meglio accantonare il passato. Sì, era stato brutto, ma adesso c’era da pensare al futuro. Un futuro che avrebbe dovuto essere il più possibile sgravato del passato».
Nonostante queste premesse e con diverse rinunce personali, Christa cerca la propria strada tra i libri, la sua libreria diventa luogo di incontro e confronto, celebri saranno i suoi giovedì letterari che vedrà la partecipazione di diverse persone, manca il riscaldamento ma non la voglia di confrontarsi e interrogarsi sul futuro con un’ampia scelti di testi tra i quali non manca il suo amatissimo Thomas Mann. Nel frattempo Francoforte sta rinascendo, ci costruiscono nuove case, le donne indossano bei vestiti e acconciature eleganti, i bambini indossano scarpe vere, Mann ritorna proprio a Francoforte per una conferenza dopo tanti anni di lontananza e la prima Fiera del Libro apre le sue porte. Christa si aggira tra gli stand, si ferma a sfogliare libri per bambini, si gode il profumo dei testi freschi di stampa, accarezzandone le copertine e ammirandone la veste grafica, fa i suoi ordini presso le case editrici con il cuore palpitante di felicità, la felicità di essere tra i libri e tra persone che amano i libri e forse di ritrovare qualcuno che pensava perso.
Trama
Francoforte, 1946. La giovane Christa è cresciuta tra gli scaffali della libreria di famiglia gestita da suo zio Martin. La sua passione per i libri e la letteratura non si è mai affievolita, neppure durante la guerra, quando la libreria ha chiuso le sue porte a seguito della deportazione di Martin, accusato di vendere libri proibiti. Ora che la guerra è finita lo zio, sopravvissuto ai campi di concentramento, riapre il negozio, e Christa non solo può riprendere le sue amate letture, ma può coronare il suo sogno di iscriversi all’Università per studiare letteratura. Ma proprio quando tutto sembra volgere al meglio, nuovi problemi famigliari, come l’arresto inaspettato di Martin per omosessualità, costringono Christa a rinunciare alla sua grande aspirazione e a occuparsi in prima persona della libreria. Superata l’iniziale delusione, tuttavia, quel sogno infranto si trasforma per lei in un’occasione preziosa per organizzare seminari letterari, circoli di lettura e presentazioni di libri, dando vita al dibattito culturale che ha sempre sognato. In quel luogo, Christa sente di aver trovato finalmente il proprio posto, e forse anche l’uomo della sua vita. Ma le ferite della guerra non si sono ancora rimarginate, e la giovane libraia dovrà usare tutta la sua determinazione per proteggere la libreria e la propria felicità… Attraverso la storia di Christa e della sua libreria, Ines Thorn ci mostra come i libri e la cultura siano strumenti imprescindibili per costruire idee, aprire orizzonti e coltivare la libertà.