Nel mese di ottobre la nostra lettura condivisa non ha convinto del tutto i lettori. “Il rosso e il nero” di Stendhal è un classico del XIX secolo, con i suoi tempi e il suo ritmo.
Ecco i commenti integrali di coloro che hanno partecipato alla lettura!
Laura Pitzalis
Il Rosso e il Nero” di Stendhal è un classico della letteratura francese e mondiale e confesso che mi sento un po’ a disagio a recensirlo, perché consapevole di non avere le competenze per farlo. Qui di seguito, quindi, troverete le mie impressioni “a caldo” che vanno un po’ controtendenza rispetto al giudizio dei più, visto che per me non è stata una lettura piacevole né semplice e ho faticato a finirlo nonostante la sagace ironia con cui viene raccontato da Stendhal il quadro sociale della Francia nel periodo della Restaurazione. Forse è uno di quei classici che bisogna leggere in determinate predisposizioni d’animo e in determinati periodi o forse ha inciso molto la mia superficiale conoscenza della letteratura e storia politica francese.
Ma andiamo con ordine e iniziamo dal titolo “Il Rosso e il Nero”, che riassume la forte componente dicotomica del romanzo. Due tonalità cromatiche legate al sangue del crimine, alla passione, all’impulso, la prima; al dolore, all’inerzia, alla morte la seconda. Oppure il rosso dei vessilli napoleonici, delle giubbe dei militari, del pensiero rivoluzionario annunciatore di democrazia ed uguaglianza; il nero della Restaurazione, delle vesti ecclesiastiche …
Dicotomia tra gruppi religiosi, (gesuiti contro giansenisti), classi sociali, (borghesi contro nobili), istituzioni statali, (Parigi con la sua frenesia contro le provincie dai semplici costumi) e nella storia del protagonista Julien, (eroismo e disperazione, ricchezza e povertà, amore e odio, ipocrisia e coerenza).
Julien è il protagonista, in continua lotta dentro sé stesso, ambizioso, diviso tra il perseguire con freddezza calcolatrice la scalata sociale e la ritrosia che prova per quello che vuole ottenere. Un personaggio che, pagina dopo pagina, si trasforma ed evolve sfuggendo a qualsiasi definizione: un eroe romantico altero e audace o un avido e cinico calcolatore?
Non c’è feeling tra noi due, non c’è empatia anzi a volte non lo sopporto proprio, portandomi spesso ad irritarmi per le sue decisioni. Solo alla fine, in un ultimo gesto di protesta e coerenza, si riscatta ai miei occhi e solo allora capisco che in effetti era una persona profondamente infelice, di un’infelicità manifestazione di dissidio interiore e conflitto sociale.
Stendhal ci racconta una storia estremamente complessa che tra il serio e il faceto ci restituisce un’epoca in un contesto sociale classista e irraggiungibile, fatto di privilegi e di privilegiati, d’intrighi di potere e tresche amorose, attingendo da diversi generi narrativi: romanzo politico, romanzo storico, romanzo psicologico.
Ma è la narrazione che ho trovato “pesante”, lenta, a volte prolissa e troppo descrittiva, soprattutto nella parte centrale, dove un linguaggio tecnico e poco lineare e il servirsi di giri di parole ridondanti che mi hanno lasciato una sensazione di irrisolto, mi hanno rallentato e, a tratti, diminuito la voglia di andare avanti nella lettura.
Tuttavia, nonostante mi sia armata di tanta pazienza per finirlo, devo dare merito a Stendhal il fatto che disseminando in tutto il romanzo tanti spunti di riflessione, mi ha fatto meditare sulla complessità dell’animo umano e sulla politica che influenza i valori di una società: vivere in un contesto sociale dove non ci si sente adeguati, frenare le proprie passioni, celare i propri pensieri, l’insoddisfazione che ti porta a vacillare tra il giusto e il male, l’odio che acceca e annienta ciò che di buono si ha. E questo, devo ammetterlo, mi ha arricchito non poco.
Milena Lecca
Il romanzo racconta l’ascesa e la caduta del giovane Julien Sorel, figlio di un falegname, che per affrancarsi dalle proprie umili origini, mette in campo tutta la sua ambizione e la sua voglia di emergere socialmente, con una continua sfida tra sé stesso e la società chiusa e conservatrice della Francia postnapoleonica.
Per raggiungere il suo obiettivo Julien cerca di ottenere il massimo da ogni situazione possibile. In particolare, attraverso la sua finta vocazione, che gli consente anche di accedere agli studi seminaristici, ha la possibilità di frequentare famiglie benestanti e aristocratiche (dapprima in provincia e poi a Parigi) all’interno delle quali sfrutta soprattutto il rapporto con la parte femminile. Gli scandali che derivano dai suoi rapporti con la signora de Renal prima e con Mathilde de la Mole poi finiranno per segnare in toto il suo destino.
La lettura dell’opera, anche se a tratti un po’ noiosa, è stata nel suo complesso abbastanza interessante, in particolar modo nello sviluppo di tre aspetti:
1) la raffigurazione sociale e culturale del periodo, evidenziata soprattutto da una costante contrapposizione di elementi: aristocratici e borghesi, conservatori e rivoluzionari, vita religiosa e vita militare, …
2) il cinismo e l’ipocrisia che caratterizzano in un modo o nell’altro tutti i personaggi, in ogni pensiero e in ogni azione dei quali sembra sempre aleggiare il principio “il fine giustifica i mezzi”
3) il continuo “confronto tra mente e cuore” che pervade sia il protagonista (in ogni passo del suo tentativo di scalata della società) sia le sue donne (perennemente condizionate nel loro modo di voler e/o poter essere e nelle loro passioni) e che finirà per influire pesantemente sul loro destino finale
Isabella Novelli
L’ascesa e il declino di Julien Sorel un giovane che usa le donne per affermarsi in società, avrebbe dovuto coinvolgermi perché opera di Stendhal e quindi considerato un capolavoro, ma non è stato così. L’ho trovato lento, ripetitivo, privo di colpi di scena e molto noioso.
Non succede molto ed è tutto racchiuso nei discorsi amorosi fatti di schermaglie, ripetuti rifiuti, assensi parziali, presunti scandali.
Nell’assenza totale di fatti che lo movimentino si svolge l’azione e la storia, che accelera solo verso la fine con un’inevitabile tragedia.
Non so, forse sono abituata a leggere autori come Dumas, Dostoevskij, Dickens nei quali ci sono storie travolgenti e coinvolgenti e Sthendal mi appare un po’ troppo appiattito, in discorsi un po’ troppo ovvi. Forse soltanto non è nelle mie corde o probabilmente non ne amo lo stile, ne sono rimasta comunque delusa.
Ivana Tomasetti
Parlare di questo romanzo implica, secondo me, una contorsione logica: la vita del seminarista Julien Sorel si snoda alla ricerca dell’avanzamento sociale attraverso rapporti umani studiati e riempiti di ipocrisia.
È un personaggio che non si riesce ad amare, né tanto meno ci si può immedesimare in lui. I suoi amori hanno una cornice cerebrale che non segue alcuna logica. Qualcuno alla fine della vicenda, lo giudicherà pazzo, però lui, in questo modo, arriva a traguardi che un figlio di un carpentiere non avrebbe potuto neanche sperare. La sua intelligenza gli permette di dissimulare e di proporsi diversamente in ogni circostanza, come ad esempio quando indossa il vestito blu: il personaggio è costruito a seconda di dove lo sospingano le situazioni, reagendo a esse dopo mille congetture. Insieme a lui le due donne che amerà (forse), rientrano nello stesso modo di agire; dico forse perché si tratta di amori tormentati, esercizi intellettuali calcolati sulla base di supposizioni elaborate a tavolino, dove quel che appare nasconde altre verità, anche se incorniciate dalla passione.
La cattiveria, l’ipocrisia, il cinismo, la menzogna, l’odio scorrono attraverso i personaggi per tutto il romanzo che veicola una critica feroce verso l’epoca post-napoleonica, descritta come una realtà ostile, ingiusta, in cui l’uomo è vittima del giudizio morale dell’opinione pettegola degli altri. Un romanzo ottocentesco, che con pennellate eroiche e romantiche, descrive le forti contraddizioni di un’epoca, che vuole ritornare in equilibrio e cancellare l’avventura napoleonica. Un romanzo che scava nel mistero del cuore umano e si confronta con l’assurdo, dove un chierico non è credente e condanna la religione.
Gli spazi in cui si svolgono le vicende sono ambienti che sembrano veri, ma veri non sono, come viene detto dall’autore, anche lui forse legato alla dissimulazione che pervade il romanzo.
Il ritmo della narrazione è rallentato da molte sequenze descrittive e analisi interiori che nel proseguo si capovolgono e danno adito a pensieri divergenti e contraddittori.
«Uno dei vostri crimini è aver messo a nudo alcune pieghe del cuore umano troppo sporche per essere vedute. Nel carattere di Julien ci sono tratti atroci, che sentiamo come veri, ma che ci fanno orrore. Il fine dell’arte non è di mostrare questo lato della natura umana». (Prosper Mérimée, Lettres à Stendhal).
Come lo si voglia giudicare, il romanzo resta un pilastro della letteratura francese, che, a mio parere, vale la pena di leggere.
Emilia Milucci Guido
Ho sempre avuto una “repulsione” istintiva nei confronti di Stendhal, nata forse da qualche infelice approccio antologico scolastico. Purtroppo, il mio pregiudizio ha trovato conferma nella lettura di questo romanzo: noioso e melenso, privo di qualunque spessore. I personaggi sono tutti “meschini”: rozzi e ignoranti, o istruiti, calcolatori e arrivisti.
Non sono riuscita a terminarlo (però, per puntiglio, ci proverò), anche se amo i romanzi ottocenteschi, ricchi di descrizioni e riflessioni: questo era solo lento, privo di azione e senza la capacità di raccontare i sentimenti, limitandosi a stereotipi del peggior romanticismo. Un abisso tra Stendhal e autori come Manzoni, Hugo, Dumas. Bocciato! …e sicuramente, senza la condivisa, non lo avrei letto!
Michela Vallese
Premesso che sono felice di aver aggiunto un altro grande classico alla lista dei libri letti, devo ammettere che ho faticato non poco a terminare la lettura. Il romanzo è lento e tedioso e solo la lettura di gruppo mi ha aiutata ad arrivare fino all’ultima pagina.
Ho apprezzato comunque alcune riflessioni finali del protagonista, che analizza la disparità di una società ancora troppo legata alle divisioni di classe.
In conclusione, anche se non è un libro che rileggerei, sono soddisfatta di averlo fatto con voi!
Natascia Tieri
“Il rosso e il nero” era già a casa mia quando è stato scelto come lettura condivisa. Non ricordo il motivo per cui ho iniziato a leggerlo senza finirlo, sicuramente non per la lunghezza perché ho letto altri libri altrettanto lunghi come “Il conte di Montecristo” di Dumas padre e “Il signore degli anelli” di Tolkien (un unico volume).
Ho trovato la trama molto interessante e, a parte la prima parte, molto lento e dispersivo. Non amo gli eccessi di particolari, il disperdersi in chiacchiere e l’eccessiva prolissità, soprattutto se inutile, sembra quasi che Stendhal voglia allungare il brodo per tediare il lettore. Tra l’altro, avrei preferito approfondire alcuni capitoli ed argomenti e tralasciando altri oltre che accelerare un tantino il ritmo.
Lo so per esperienza personale: scrivere non è facile e non è da tutti.
Roberto Orsi
Onestamente avevo qualche aspettativa in più per questo romanzo classico di Stendhal. Ne ho sempre sentito parlare in passato come uno dei capolavori della letteratura. Chiaro che si debba partire dal presupposto che una narrazione del XIX secolo sia ben diversa dai romanzi che siamo abituati a vedere oggi pubblicati. Ma come hanno già detto altri che mi hanno preceduto, altri autori del passato hanno un ritmo narrativo molto diverso e accattivante (basti pensare a Dumas Padre).
Le vicende di Julien Sorel, il suo attraversare le classi sociali del tempo, vivere quel passaggio fondamentale della Storia come fu la Restaurazione dopo la parentesi napoleonica, vengono raccontate con dovizia di particolari, soffermandosi sulla parte più introspettiva delle vicende. Qualcuno direbbe “non succede nulla in questo romanzo”, in parte è vero. A farla da padrona è la visione intimistica del processo di crescita dei personaggi, con momenti di riflessione molto interessanti, alternati ad altri un po’ troppo semplicistici, almeno a mio parere.
Il ritmo è a tratti molto lento e ripetitivo. Le storie d’amore sofferto di Julien verso le due donne protagoniste della prima e della seconda parte viaggiano su binari paralleli molto simili, forse troppo in alcune scene. Uno scatto di velocità e ritmo si ha nelle ultime 100 pagine, forse un po’ poco per un libro corposo come questo. Molto prolisso nelle descrizioni dei pensieri dei protagonisti, forse alcune volte anche un po’ troppo complicati da seguire. Un romanzo che probabilmente va letto a più riprese, dilatando i tempi e soffermandosi sui pensieri legati all’animo umano, alle sue mille sfaccettature, ai desideri e i timori di ognuno di noi.
Molto interessanti gli spunti di storia politica, anche se per certi aspetti difficili da interpretare se non si è esperti del periodo in questione. La contrapposizione tra nobiltà di ragno e borghesia in ascesa. La capacità di affermarsi in società anche partendo da una classe sociale più disagiata, sono temi che fanno pensare alle differenze culturali e sociali che l’umanità ha attraversato, non più di duecento anni fa.
Maria Marques
“Il rosso e il nero” di Stendhal, romanzo pubblicato nel 1830, narra la vicenda di Julien Sorel, ispirandosi a un episodio di cronaca. Il protagonista, figlio di un falegname, portato per lo studio del latino e con una eccezionale memoria, ma animato da una bruciante ambizione, diverrà dapprima precettore dei figli del sindaco del suo paese, poi seminarista per raggiungere infine il posto di segretario presso un nobile influente nella Parigi dell’epoca. Il progressivo allontanamento dai luoghi della infanzia per approdare alla capitale va di pari passo con l’ambizione di Julien che non guarda nessun in faccia e utilizza le persone, per raggiungere i suoi scopi di elevazione sociale.
La nuova società francese, ha già dimenticato Napoleone, è una società in cui la antica nobiltà ha ripreso il suo posto, i ricchi borghesi emergono e per chi non è nulla, per farsi strada, ci sono due vie: il rosso della carriera militare, ma anche il colore del sangue, della vita ,della passione e il nero, ovvero la carriera ecclesiastica, il non colore che copre ogni scintilla, nascondendola nella oscurità.
La vita di Julien si snoda anche attraverso il rapporto con due donne, la matura Madame de Renal e la giovane Mathilde de La Mole, entrambe sedotte dal bel giovane e che l’autore utilizza per descrivere la società dell’epoca. Romanzo intimista, tutto filtrato attraverso l’animo di Julien, intimista ma egoista: ogni suo passo, ogni sua decisione è mossa dalla ambizione, dalla scalata per arrivare in alto nella società, in una società vuota e ricca che disgusta ma in cui non si può fare a meno di entrare. Stendhal cesella il suo protagonista, ne descrive minuziosamente ogni passo, anche quelli mentali, soffermandosi non solo sui caratteri ma allargandosi anche a descrivere la Francia, e prendendosi gioco di tutti e tutti, incluso il bel Julien e affaticando il lettore che si aspetta invariabilmente che accada qualcosa. Non è un romanzo da leggere rapidamente, è una lettura complessa che non ha i ritmi narrativi cui siamo abituati. Opera figlia del suo tempo, che non aiuta neppure con i personaggi che la animano: il protagonista non ispira empatia come non la ispirano le donne di cui si serve per i suoi scopi. Difficile tutto questo da superare per il lettore aggiungendo che l’autore quasi indugia nelle morbose riflessioni di una anima che sembra sempre in bilico sul pentirsi e sul proseguire verso una meta che forse neppure esiste o che si intuisce al di fuori della sua portata, senza mai suscitare la minima simpatia
Daniele Chiari
Confesso di aver scoperto “Il Conte di Montecristo” solo un paio di anni fa, e di essermene innamorato, tanto da averlo messo in testa ai libri più belli che ho letto in 56 anni.
Ho intrapreso la lettura de “Il rosso e il nero” con grandi aspettative, sperando ingenuamente di trovare intrighi e intrecci analoghi, con azioni mozzafiato ed emozioni forti… si può quindi facilmente immaginare la delusione che ho provato trovandomi di fronte ad un mattone lentissimo, che sono riuscito a terminare solo per non fare brutta figura con i compagni di lettura condivisa, e solo grazie ai loro stimoli e ai loro incoraggiamenti.
In particolare, ho trovato particolarmente indigeste tutte le lunghe scenette amorose, i tira e molla tra innamorati, le lettere, gli scambi di sguardi, gli abbracci furtivi… Pur non avendoli mai letti è così che immagino i romanzetti rosa tipo Harmony, cui non dedicherei neanche un quarto d’ora di attenzione…
Tra gli aspetti positivi, invece, citerei senz’altro gli approfondimenti psicologici, molto moderni per l’epoca, e soprattutto l’ironia ed il sarcasmo con cui Stendhal descrive l’ipocrisia della società francese dell’800, del clero, della nobiltà, il cinismo degli arrampicatori sociali (in primis il pessimo Julien).
Come sempre, da ogni lettura condivisa si esce comunque arricchiti, ma in tanti anni forse questa è stata davvero l’esperienza meno coinvolgente e meno stimolante.
Giovanni Nocella
Stendhal ci porta attraverso alcuni microcosmi della sua epoca anticipando con il suo realismo e l’intreccio psicologico la narrativa moderna: dalla piccola provincia francese del dopo Napoleone con i suoi intrighi; ai seminari religiosi dove più che la fede trionfano il servilismo, l’invidia e l’arrivismo; ai salotti di una nobiltà restaurata ma decaduta nei valori.
Il giovane Sorel è un personaggio dai due volti, costantemente tormentato, nel quale la passione e la freddezza si alternano con, oserei dire, inspiegabile rapidità, così come duplice sarà il suo amore verso le due donne che ne attraverseranno il destino.
Il disegno psicologico di Stendhal descrive bene anche le due co-protagoniste. La prima, donna più matura rispetto al giovane Sorel, rispecchia forse la tradizionale condizione di sottomissione della donna all’uomo, al marito. Il secondo incarna invece quel senso di ribellione, di riscatto della propria indipendenza e autonomia che comincia a farsi largo nel mondo femminile di quell’epoca. Entrambe vengono comunque travolte dall’amore, o meglio dalla passione e ne rimarranno sconvolte come il giovane Julien, che sacrificherà ogni sua ambizione sull’altare di un onore che riemerge costantemente nel fondo del suo animo e mostra tutta la sua (inutile) nobiltà. Il tutto in un alternarsi di sentimenti contraddittori che forse può essere sintetizzato nel contrasto tra Rosso e Nero, titolo del romanzo anche chiamato forse a simboleggiare il rosso della Rivoluzione ed il nero del potere ecclesiastico, le cui rispettive influenze emergono costantemente lungo tutta la storia.
Tutto il romanzo è pervaso a mio parere, comunque, di una sottile angoscia che fin dalle prime pagine fa presagire la funesta fine del protagonista.
La lettura è difficile. La narrazione è a volte tortuosa, a volte prolissa, si dilunga in descrizioni e particolari che molto alla larga interessano la storia narrata. I pensieri e le emozioni dei protagonisti si susseguono continuamente e fra questi a volte compare anche lo stesso autore che si rivolge direttamente al lettore. Difficile, ripeto, per chi legge e scrive oggi
Ammetto la difficoltà ad arrivare fino in fondo e adesso capisco le contraddizioni della critica su quello che comunque può essere considerato un capolavoro della letteratura dell’800.
Donatella Palli
Dice Julien Sorel: ” io povero contadino del Giura. Vent’anni fa avrei indossato l’uniforme ..allora un uomo come me o era ucciso ,o era generale a trentasei anni. Ho più ingegno di loro; so scegliere l’uniforme del mio secolo ” Questo è il tema ricorrente del romanzo: una spietata critica all’età della restaurazione, ipocrita e settaria da colui (Henri Beyle )che aveva vissuto appieno l’era napoleonica con tutto quello che di fresco e innovativo aveva apportato nella società d’ancien regime. Il personaggio creato da Stendhal deve armarsi di finzione, di ipocrisia per elevarsi dall’umile condizione della sua nascita ma così facendo, con tutte le sue elucubrazioni, incertezze e ossessioni procede verso la autodistruzione. È un romanzo difficile che va letto a piccole dosi e forse non adatto ad una condivisa di un mese. Credo che Stendhal sia un grande proprio nel trasmetterci l’atmosfera noiosa, insulsa e pesante che ,senz’altro ,si respirava in quei salotti.
Costanza Marzucchi
Il Rosso e il Nero è un classico che spiazza. Spiazza perché è una lettura che non può essere fatta velocemente per poter essere apprezzata, per poterne osservare con piacere le sottili sfumature della psicologia e dei personaggi che lo popolano. E ‘un libro che non si presta per una rapida lettura, pena il rischio di essere considerato indigesto e noioso. Per quanto mi riguarda, fatta questa doverosa premessa, posso dire che non mi aspettavo un libro del genere. Avevo sentito tanto parlare di questo romanzo e ne avevo un certo timore…e invece sono rimasta molto sorpresa. Mi aspettavo qualcosa di drammatico, concettuale…e mi sono trovata di fronte la storia di un figlio di un falegname tanto ambizioso quanto vacuo, che tenta di fare la scalata sociale servendosi di tutti coloro che gli stanno attorno. La sua vita reale si scontrerà con quella che il personaggio pensa di avere e meritare, creando un contrasto a tratti comico e spiazzante. Il risultato di questa operazione è una continua discordanza tra il protagonista ed il contesto, al quale apparirà sempre goffo e maldestro. I dialoghi sono tipicamente ottocenteschi e le descrizioni visive e ampie nello spazio narrativo ma è comunque una buona lettura per me. E ‘stato come se, dopo aver viaggiato con l’utilitaria, avessi preso una macchina degli anni Venti. Mi è piaciuto, sotto ogni punto di vista.
Raffaellina Di Palma
Julien Sorel nasce a Vetriere in una famiglia di umili origini, nella provincia francese. Affascinato dal mito napoleonico e dagli ideali della rivoluzione è deciso ad affermarsi in una società, quella della Restaurazione, (1815-1830) che ai suoi occhi ha perso valore, privata dei grandi ideali. Quegli ideali di libertà che lui inseguirà tutta la vita. Un romanzo è lo specchio fedele dell’epoca che racconta: è una sorta di strada maestra che indica e indirizza attraverso emozioni, modi di essere, caratteristici di una persona o di una società. Il manoscritto fu venduto per 1500 franchi all’editore Levasseur che lo pubblicò in due tomi a Parigi nel novembre del 1830 con data 1831. La storia venne ripresa da Stendhal da un fatto di cronaca dopo aver letto di un giovane che aveva ucciso l’ex amante, sulla rivista “La Gazzette des Tribunaux”. Nessun altro romanzo, tra i tanti che ho letto, di generi diversi, mi ha fatto altalenare come questo: in alcuni capitoli mi prendeva per la narrazione dinamica, ma in molti altri, troppi, finivo in un pantano. A tratti ho fatto fatica a capire il senso della scrittura e dovevo rileggere. Comunque, a prescindere da questi “su e giù” la descrizione del personaggio Julien Sorel è magistrale. Stendhal, racconta l’estrema consapevolezza della dignità del protagonista, ma anche del compiacimento di sé stesso e del suo opportunismo. Racconta della sua guerra: un uomo contro tutti ; il suo è un corpo estraneo in qualunque ambiente si venga a trovare. Il suo disagio si manifesta in un dissidio interiore, in un conflitto sociale fatto di provincialismo, misto a quell’ideale napoleonico che non ritrova più nella Restaurazione, smarrendosi in una palude di grigiore, di corruzione e di ipocrisie. E’ ossessionato dal controllo su di sé e sugli altri, ma con l’ingenuità di chi vorrebbe esigere da un mondo avverso senza conoscerlo fino in fondo. Soltanto nella solitudine ha il coraggio di affrontare se stesso. Nella solitudine delle sue montagne e, paradossalmente, nell’isolamento del carcere in attesa della condanna. Stendhal, studia gli uomini come se fossero degli esseri strani, che vivono e muoiono spinti da forze fatali; il solo suo cruccio è definire la natura, il vigore, il verso di queste forze. E’ stata una lettura difficile; eppure non è stato complicato entrare nel contesto storico de “Il Rosso e il Nero”, perché è un periodo molto conosciuto e studiato, ma, confesso, quando “incrocio” queste letture e qui ritorno ai “su e giù ” di cui sopra; mi sento sfidata da esse. Grazie di cuore agli amici della condivisa.
Mara Altomare
Non è proprio uno di quei libri che si possano divorare tutti d’un fiato… Ma credo che essere arrivati a finirlo non è solo merito nostro, ma anche della furbizia dell’autore, e della sua capacità di illuderci che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa!
Avevo immaginato di trovarmi di fronte a un romanzo storico, ma in questo senso non ne sono stata molto arricchita: ha prevalso la parte dell’introspezione e mi è sembrato più un romanzo psicologico, ai limiti della follia… In questo senso lo definirei un gigante!
Mi ero illusa, leggendo la scena dell’inginocchiatoio, in cui Julien trova un pezzo di carta strappato con un nome che corrisponde al suo anagramma, tra riflessi rossi simili a sangue, di imbattermi in un risvolto thriller, che ho inutilmente inseguito per tutto il libro!!! Ma forse quella scena può essere pensata anche come un triste presagio che si ricollega al finale?
Nel mezzo, tanta fatica, lentezza, contrasti interiori sentimentali e psicologici, ripetizioni, contraddizioni (“il cielo era disperatamente sereno”)
E poi il gioco delle parti, le lettere e le risposte alle lettere, e il tira e molla sulla scala… il rosso contro il nero…
Eppure, è stato geniale Stendhal, ha reso anche noi lettori partecipi della sua opera e ci ha portato con lui in quei salotti francesi, descrivendo come in una profezia il nostro animo, con qualche secolo di anticipo:
Libro secondo, Cap.4
“La minima idea vivace sembrava una volgarità. Nonostante lo stile, l’assoluta cortesia, il desiderio di essere piacevoli, la noia si leggeva in faccia a tutti.”
Mariagrazia Pazzaglia
Sono partita piena di entusiasmo perché io questo libro l’ho letto più di trent’anni fa e mi era piaciuto tanto da leggere pure la Certosa di Parma e Ricordi di egotismo di Stendhal…. adesso invece ho faticato a leggere questo romanzo che ho trovato lento e tedioso, pare che non succeda niente e questi due amori descritti in queste pagine, li ho trovati noiosi e razionali, più che passionali. Certo è che la vicenda è calata nella realtà storica e morale dell’epoca. Tutto ciò che indigna o appassiona Stendhal, si trova nell’animo del protagonista Julien Sorel. Questi è povero, intelligente, orgoglioso, calcolatore. In una società di spiriti oserei dire, mediocri, sogna il potere e la ricchezza. È un simulatore, anche con le due donne con cui nel romanzo intreccia storie amorose. Verso la fine succede un colpo di scena inaspettato che porterà verso la fine del romanzo in una maniera che a me non è piaciuta. Sono contenta di averlo letto in condivisa perché questo mi ha aiutato ad andare avanti e finirlo.
Maria Acosta Diaz
Era da quaranta anni che avevo letto questo libro, la storia, più o meno, me la ricordavo. Ma volevo leggerlo un’altra volta perché volevo capire perché mi era piaciuto tanto Stendhal ai 20 anni. La storia di un giovane povero che si alza dalla povertà fino a quasi raggiungere un posto in una società dove i ruoli di ognuno sono immobile ma che, giusto nell’epoca del libro, cominciano a diluirsi con l’ascesa dei ricchi commercianti, l’abbiamo letto altre volte, sia in autori inglesi che francesi.
Allora, che fa di Stendhal, dal mio avviso, differente? Due cose: ogni personaggio ha una personalità nascosta che non è capita dagli altri personaggi, Stendhal è un autore omnisciente che gioca con i sentimenti dei personaggi, ognuno vivendo nella sua piccola isola che è irraggiungibile dagli altri, un gioco di maschere che sono inespugnabili; sono personaggi che hanno una certa vergogna di fare uscire i suoi sentimenti. Ogni tanto, anche in maniera un po’ bizzarra, come quando il marchese gli chiede che indosse un abito diverso di sera e allora il suo rapporto sarà diverso da quando indossa l’abito nero di segretario, Stendhal fa che questi sentimenti si mostrino. Ma il romanzo ha la sua base su questa maniera troppo gentile, a volte ipocrita, di agire. Soltanto i personaggi che non appartengono al ceto dei ricchi possono mostrare la sua vera natura, come il padre di Julien Sorel.
L’altra cosa che differenzia a Stendhal dagli altri scrittori è il dialogo che a volte fa con sé stesso e anche con l’editore dei suoi libri, questo ci stupisce la prima volta che leggiamo a questo autore. Stendhal appartiene a un’epoca convulsa, dove i generi letterari e i temi che si svolgono nella letteratura stanno cambiando. Dal mio avviso Stendhal è uno scrittore che ha cercato di mettere la psicologia nei suoi romanzi, non cerca spiegare i personaggi, li mette in bella mostra, poi è il lettore che deve decidere su la maniera di agire di esse.
Antonella Giuffrida
Dopo aver letto, circa 30 anni fa La certosa di Parma, sono andata a occhi chiusi su questo romanzo, le aspettative erano alte. In parte sono state deluse: il romanzo ha un ritmo molto lento e alcuni tratti sono ripetitivi.
Nonostante tutto sono contenta di averlo letto: l’introspezione psicologica mi ha sempre attratto e “Il Rosso e il Nero” è fondato sull’analisi dell’anima dei personaggi.
Primo fra tutti Julien Sorel, il protagonista, ” il nostro eroe”, come lo chiama Stendhal. Passionale e calcolatore, a volte cinico, Julien vuole ascendere la scala sociale e, non potendosi imporre, lo fa attraverso l’amore verso le due donne che lo ameranno, soffriranno ma saranno anche loro vittime delle sue pianificazioni, dei suoi conflitti interiori che gli impediranno di amare, forse, come vorrebbe.
Sullo sfondo, la Francia della Restaurazione e della Rivoluzione, la borghesia che si porta avanti con soldi e potere. L’abate Frilair e il giudice Valenod, apparentemente comprensivi ma alla fine anche loro coinvolti in un doppio gioco. I personaggi presenti nel romanzo, protagonisti e non, comprese Mathilde e Madame de Renal, hanno una doppia personalità: tutti amano ma ognuno recita la propria parte. La spontaneità è una chimera.
Julien vive in uno stato di eterno filosofo, uno stato di disagio mentale, di ipocrisia; continuamente si osserva e si giudica.
In continuo conflitto con sé stesso, mi sento di paragonarlo all’uomo di oggi, immerso nei problemi sociali, sempre in lotta con il “male di vivere”; il solo appagamento lo trova, ahimè, mettendo in atto soluzioni estreme.
Paragonare questo romanzo ad uno di Flaubert o Dostoevskij non è né riduttivo, né elevato…..è completamente diverso, camminano su piani paralleli.
Nietzsche considerò Stendhal come l’ultimo psicologo francese: ed io sono d’accordo.
La psicologia ha fatto da padrona, pur rallentando il romanzo.
Alla fine di tutto, a parte sentirsi ogni tanto spiazzati dal poco dinamismo, abbiamo arricchito la nostra cultura e abbiamo compreso quanti risvolti può avere l’indole umana.
La pietas umana che ha imperato dall’inizio del romanzo culmina nelle ultime 100 pagine, lasciando il lettore con un pizzico di tristezza.
Claudia Albizzati
Più che letto ho ascoltato il libro. Ho scoperto che i libri che per me sono “pesanti” da leggere preferisco ascoltarli. Nonostante fosse Stendhal, nonostante fosse un “classico” il libro mi ha lasciata perplessa. Il nostro eroe, così come lo chiama il narratore, non è altro che un giovanotto alle prese con amori tardo adolescenziali. “Mi ama? Mi amerà per più di otto giorni?” E una serie di “strategie” per fare innamorare la signorina di turno e nel momento in cui viene respinto si scopre innamorato. Di Julien posso apprezzare il fatto di essersi fatto da solo, arrivando da una famiglia non ricca e nobile è riuscito ad entrare nei migliori salotti, a farsi un nome e, soprattutto, una cultura. Sicuramente non ho apprezzato la sua vendetta ma, è l’unico punto dove il libro, a parere mio, si è animato un po’.
Patty Bra
È un classico con una prosa diversa da quella odierna, lenta, molto introspettiva e psicologica. Per la prima volta invece di leggerlo l’ho ascoltato e sicuramente la modulazione di voce del lettore ha giocato molto a favore del libro. È vero che non succede molto per la maggior parte del libro ma l’autore attraverso descrizioni molto minuziose di ambienti e personaggi rende una visione nitida di quello che ci vuole raccontare e trasmettere. Julien è un giovane ambizioso ma all’inizio è un ragazzo come tanti, appoggiandosi a lui l’autore ci presenta uno spaccato della società francese dell’epoca, come erano divise le varie classi sociali, le differenze di importanza ma soprattutto i gruppi ideologici diversi.
Stendhal ha un’ironia acuta e fine, il ritmo della lettura è piu accattivante verso il finale. Una lettura che va centellinata e nel mio caso l’ascolto l’ha reso molto interessante.
Fabiola Màdaro
Sono così tanti anni che ho questo libro nella mia libreria, avrei sempre voluto leggerlo e grazie a questa lettura condivisa mi si è finalmente presentata l’occasione, anche se purtroppo ho avuto pochissimo tempo da dedicare alla lettura e non l’ho ancora finito. Non avevo mai letto nulla di Stendhal e devo dire che non sempre il ritmo mi ha fatto impazzire. Sorel è un personaggio non sempre simpatico, anzi direi spesso fastidioso a mio avviso. Un ragazzo povero che riesce a fare una scalata sociale usando le donne per ottenere i suoi scopi. Proseguitò la lettura perché ormai voglio sapere come va a finire, ma sicuramente non ho le competenze adatte per commentare un libro del genere.
Daniela Piazza
Sui minimi particolari descrittivi e soprattutto psicologici, nel mio caso si è aggiunta la difficoltà della lettura in francese, che ho trovato più ostica del solito (avevo da poco letto Le illusioni perdute di Balzac, che ho trovato molto più agevole). Risultato: sono ancora a un quarto del testo, ma intendo andare avanti, con calma, alternando con letture un po’ più leggere. Lo spaccato storico della Francia dell’epoca è la maestria ironica nella descrizione delle piccolezze dell’animo umano mi invogliano comunque a portare a termine il libro.
La bruciante e tragica ascesa di Julien Sorel, giovane avventuroso, romantico e calcolatore, nella Francia della Restaurazione. Il protagonista del più celebre romanzo dello scrittore francese sfida se stesso e la società che vorrebbe conquistare: i suoi amori travolgenti e la sua arida sete di potere, che di volta in volta gli consentono di affermarsi e lo portano alla distruzione, sono i segni distintivi di una letteratura che è riuscita a misurarsi con le più profonde e misteriose contraddizioni del cuore umano. Una nuova traduzione per uno dei romanzi ottocenteschi più amati e letti, storia di un’ambizione e di un amore che portano il giovane protagonista alla rovina, dopo averlo esaltato fino alle stelle.