Articolo a cura di Maria Marques
Può uno scalino cambiare la storia di un uomo e dell’archeologia? Ovviamente sì e questa fortuna toccò a Howard Carter che fu il protagonista di uno dei più straordinari ritrovamenti archeologici. Da quel momento nacque un legame, inscindibile ancora oggi, tra i due protagonisti, Carter e Tutankhamon, separati da più 3300 anni di storia. Come accade che un inglese figlio di un noto ritrattista e un faraone dimenticato, incrociarono le loro strade?
Carter si avvicinò all’Egitto nel 1891 come aiutante del famoso archeologo Percy Newberry, e la sua abilità come copista delle decorazioni delle tombe, gli fece ottenere buone referenze tanto che l’anno successivo si trovò a collaborare con Flinders Petrie, considerato il padre dell’archeologia intesa come disciplina scientifica. Il nome del faraone Tutankhamon aleggiava sulla scena archeologica da tempo, ma la sua esistenza era di difficile collocazione.
Perché i due protagonisti s’incontrassero, ci voleva ancora tempo. Carter continuò a scavare in Egitto ottenendo nel 1899 la nomina a ispettore capo del Servizio di Antichità, finché nel 1909 un altro personaggio entrò nella sua vita: George Edward Stanhope Molyneux Herbert, V conte di Carnarvon, desideroso di ampliare la sua collezione di reperti archeologici egizi. Fu grazie al patrimonio del nobile inglese che Carter intraprese vari scavi.
Nel 1914 la maggior parte degli archeologi erano convinti che gli scavi nella necropoli reale di Tebe non avrebbero potuto aggiungere nulla alla storia dell’antico Egitto; Carter invece era convinto del contrario, poiché la tomba di Tutankhamon non era mai stata ritrovata. Egli ne era più che mai convinto, specialmente dopo che, nel 1917 era stato ritrovato un pozzo nel quale erano stati rinvenuti sacchi di natron, brocche, facenti parte del banchetto funerario di Tutankhamon: quindi la tomba doveva trovarsi nella Valle dei Re. Il primo conflitto mondiale interruppe le missioni archeologiche, ma al suo termine, Carter e Carnarvon ripresero gli scavi. Tuttavia dopo quattro anni di ritrovamenti di scarso valore, il lord inglese volle porre fine alla sua avventura archeologica e soprattutto ai suoi finanziamenti, Carter riuscì però convincerlo ad affrontare un ultimo scavo che si sarebbe concentrato ai piedi della tomba di Ramesse VI.
Il 4 novembre 1922 dopo appena quattro giorni dall’inizio degli scavi, apparve il primo gradino davanti alla tomba di Ramses VI e altri ancora che formarono una scalinata che conduceva sino a un portale di pietra con impressi i sigilli della necropoli reale. Avvisato il suo mecenate e in attesa che giungesse in Egitto, Carter fermò i lavori e fece ricoprire il tutto. All’arrivo di Lord Carnarvon accompagnato dalla figlia Evelyn, furono riportati alla luce sedici gradini e, sul muro, completamente libero, ricomparvero, dopo secoli, i cartigli di Tutankhamon. Ispezionando tutta la parete, Carter, si rese conto che c’erano due aperture, poi nuovamente sigillate con il cartiglio della necropoli, chiari indizi che la tomba era stata violata già nell’antichità, tuttavia la presenza proprio del cartiglio della necropoli tebana, faceva ben sperare che il sepolcro non fosse vuoto.
Il 25 novembre, fotografati il muro, i sigilli e compiuti tutti i rilievi, questo fu abbattuto rivelando un corridoio pieno di pietre. Durante la fase di svuotamento del corridoio, la squadra rinvenne vari cocci, vasi dipinti e frammenti di giare in alabastro ma, soprattutto una scultura di legno rappresentante la testa di Tutankhamon bambino che fuoriusciva dal fiore di loto. Al termine del corridioio una seconda porta sigillata sbarrò loro il passaggio. Carter alla presenza di Lord Carnarvon, Evelyn e Arthur Callander, un architetto britannico, praticò un foro nel quale fu inserita dapprima una barra di ferro per sondare se ci fosse il vuoto. Una volta appurato che non vi fossero detriti, allargata la breccia, l’archeologo introdusse una candela.
Nella luce tremolante della fiammella sembrarono riprendere vita strani animali, preziosi forzieri, vasi di alabastro: immagini di un sogno inseguito con tenacia e finalmente raggiunto. La voce di Lord Carnarvon impaziente spezzò la magia:
“Riesce a vedere qualcosa?”
“Sì” rispose Carter “cose meravigliose.”
Approntato l’impianto elettrico e abbattuto il muro, apparve una stanza stracolma di oggetti accatastati, che andavano dai vasi, a un meraviglioso carro, ai letti funebri. Non vi era nessun sarcofago, ma una nuova porta sigillata cui montavano la guardia due statue, lasciava immaginare altri tesori. A un più attento esame, anche questa porta presentava evidenti tracce di un’apertura poi richiusa e, nonostante l’impazienza, Carter si rese conto che prima di aprirla, avrebbe dovuto catalogare tutti gli oggetti contenuti nell’anticamera e nell’apertura murata che s’intravvedeva sotto a uno dei letti funerari, per evitare che questi si danneggiassero o sparissero.
La squadra era impreparata dinanzi all’enorme quantità degli oggetti rinvenuti e fu necessario procurarsi il materiale per proteggerli, per trasportarli all’esterno e trovare nelle vicinanze un locale da adibire a laboratorio dove catalogare, fotografare, disegnare tutto quanto rinvenivano nella tomba. Ovviamente fu anche necessario proteggere la zona dai ladri e soprattutto da curiosi e turisti attirati dal clamore suscitato in patria dall’annuncio del ritrovamento, pubblicato sul Times il 30 novembre.
La tomba fu aperta alla presenza di varie autorità il 20 novembre 1922 per essere nuovamente sigillata con assi e ricoperta di terra per permettere di organizzarne lo svuotamento. Il 16 dicembre la tomba fu nuovamente riaperta, montata una grata di ferro all’ingresso dell’anticamera, iniziarono i primi rilievi, i disegni delle piantine e le fotografie che ancora oggi svelano quell’eccezionale ritrovamento. Fu solo il 27 dicembre che il primo oggetto lasciò la tomba, dopo più di 3300 anni. Nel febbraio del 1923 si riuscì ad arrivare ai sarcofagi ma la morte improvvisa di Lord Carnarvon bloccò nuovamente le operazioni nella tomba. Nell’ottobre del 1923 Carter riprese i lavori di scavo. Fu soltanto verso la fine di ottobre del 1925 che i due protagonisti si “guardarono negli occhi”, l’uno dentro il suo sarcofago e l’altro incredulo di aver trovato il faraone dimenticato. Gli ultimi oggetti furono asportati nel 1930, ma ormai la tomba di questo faraone era diventata la scoperta più famosa di tutta l’egittologia e una delle più importanti nella storia dell’archeologia, di cui oggi si ricorda il suo centenario.