La straordinaria avventura umana e politica di Zenobia di Palmira mi ha conquistata subito, appena ebbi modo di approfondire la conoscenza delle fonti che la riguardano, innanzitutto i capitoli dell’Historia Augusta. Purtroppo, benché la sua sia stata un’esperienza emblematica dell’epoca in cui visse, il III secolo d. C., non le è stato dato il risalto che merita ed è ancora ignota a tanti, per questo ho deciso di dedicarle il mio ultimo romanzo La regina guerriera e quindi sono molto felice di intervistarla per il pubblico speciale di TSD.
Come immaginavo mi ha dato appuntamento nel luogo da lei prediletto, le sponde del fiume Aniene a Tivoli. Eccola arrivare puntuale, stretta nella lorica, il passo veloce e deciso, gli occhi bistrati secondo l’uso egiziano, un mantello color porpora scende dalle spalle e ondeggia intorno alla sua figura come un’aura di potere e mistero.
Salute a te, Zenobia! Ti ringrazio per aver accettato ancora il mio invito a raccontarti. Vuoi dirci chi sei?
Mi chiamo Aurelia Settimia Zenobia, Bath Zabbai nella mia lingua madre, al Zabba, per le stirpi arabiche, Imperatrice Augusta dei Romani e Regina d’Egitto. Ho ho molti nomi, e insieme molte anime, ma innanzitutto sono una figlia del deserto, nata e cresciuta a Palmira, un’oasi che nel tempo si è consolidata come grande e prospera città carovaniera sulla Via della Seta, fedele alleata di Roma.
Ho trascorso la mia infanzia in serenità, mio padre Zabdilah era un uomo di grande intelligenza, che mi ha permesso di studiare, infatti, posso dire di conoscere ben cinque lingue: il palmireno, il greco, l’egiziano, il persiano e, anche se in misura minore, il latino. Amo la filosofia e la storia, ma soprattutto mi è stato insegnato il valore della dignità. Sino al giorno in cui mi hanno data in sposa ad Adhinath, Lucio Settimio Odenato, generale coraggioso e figlio del governatore della città. Nel momento in cui ho varcato la soglia del grande palazzo, niente è stato più come prima.
Le corti non sono posti per ingenui e avrai dovuto difenderti per sopravvivere, ma a un certo punto, nel 267 d. C., il potere è passato nelle tue mani. Perché gli storici romani ti considerano un’usurpatrice?
Gli anni in cui vissi furono un periodo di grande crisi per l’impero romano. I popoli germanici premevano sul limes nord orientale, per cui gli imperatori erano costretti a condurre continue campagne militari per arginare la loro avanzata. Trascorrevano ben poco tempo nella capitale e non riuscivano a combattere in altre aree dell’impero, dal momento che la maggior parte delle legioni era impiegata a settentrione. L’oasi in realtà non era divenuta soltanto un ricco centro commerciale, ma anche e soprattutto il braccio armato di Roma contro l’espansione della Persia, guidata dalla bellicosissima dinastia dei Sasanidi. Mio marito, «il valoroso» salvò l’Aquila più e più volte, io invece, decisi di non versare più sangue per conto di altri, decisi di combattere in nome del mio popolo! Questa scelta di libertà ha avuto un prezzo enorme per me, come donna, madre e regina.
Antichi e moderni ti hanno spesso accostata ad altre figure di sovrane orientali, prima fra tutte Cleopatra, di cui ti sei proclamata discendente, ma anche Didone o Semiramide. Sapresti individuare quali sono i tratti peculiari della tua personalità?
Sono certo quella che ama di più il vino! Scherzo naturalmente, penso che a distinguermi sia il mio approccio al potere. L’ho sempre esercitato senza ricorrere a «scorciatoie», non ho puntato sull’avvenenza femminile per affermare il mio progetto politico, persino i Romani sono costretti a riconoscermi la virtù della castitas, ossia la continenza, e una tempra che per loro avrebbe dovuto appartenere solo agli uomini. Ho speso gran parte della mia giovinezza sui campi di battaglia, patendo il caldo e il freddo come tutti i miei soldati, poi io amo cavalcare, partecipare alle battute di caccia e accrescere il mio sapere: volevo fare di Palmira l’Atene del deserto!
Già la splendida Palmira, tu sai che è stata proclamata Patrimonio dell’Unesco e che purtroppo le milizie dell’Isis l’hanno sfigurata?
Certo, si è salvata dalla vendetta di Roma non dalla furia del fanatismo religioso e questo mi ha dato un profondo dolore. Ammirando le architetture della città, si può erroneamente pensare che siano una copia di quelle greche o romane ma non è così. In ogni pietra di Palmira convivono i tre elementi culturali che fondono la bellezza e il senso del sacro: quello originario beduino, legato al culto degli elementi naturali, come la terra, il cielo, l’acqua; quello greco, a cui si deve la raffinatezza del pensiero e la ricerca estetica, e infine quello romano, che ha introdotto la grandezza, la maestosità. Le nostre colonne sono snelle e slanciate, mirano alle stelle, all’infinito!
Tocchi un tasto importante, quello della convivenza tra etnie, tradizioni, religioni differenti, tu sei stata un’anticipatrice di questo valore fondamentale?
Penso proprio di sì. Quando cominciai le mie conquiste, compresi che la politica di Roma aveva generato molto malcontento nelle comunità monoteistiche: gli Ebrei e i Cristiani si sentivano costantemente minacciati e insicuri. A Palmira, invece, hanno potuto vivere e crescere fianco a fianco con la popolazione che professava ancora i culti tradizionali. Garantire protezione e sicurezza a chi era stato sempre perseguitato è stata una delle chiavi del mio successo politico-militare, e soprattutto mi ha reso una persona capace di ascoltare, imparare… di cadere e rialzarmi.
Hai detto che l’imperatore Aureliano è stato il tuo unico vero rivale, perchè?
Eravamo in apparenza molto diversi, lui veniva da terre fredde e acquitrinose, io da quelle più assolate e aride, non era nobile, non aveva una vasta cultura, ma sapeva combattere sino ad afferrare la vittoria, era molto stimato dai suoi soldati. In questo ci assomigliavamo e anche lui riconobbe in me un vero nemico, determinato e difficile da sconfiggere. Riconquistò Palmira e conquistò me.
Un’ultima domanda e poi ti lascio tornare dai tuoi amati cavalli: come mai da Palmira ti trovi a Tivoli?
Questo dovresti chiederlo al destino o ai numi! Posso solo dire che non ho identificato la mia persona con un unico ruolo, sono stata di sicuro la regina guerriera ma non solo. Non ho mai dimenticato di essere una donna e una madre, a un certo punto l’amore e la vita più che il potere hanno guidato i miei passi, ecco perchè dalle rocce infuocate di Palmira sono arrivata alle fresche acque dell’Aniene… il resto scopritelo voi.
Queste le sue ultime parole. Si allontana con lo stesso passo sicuro con cui mi è venuta incontro, ansiosa di rimettersi in sella e di galoppare nel vento, sorridente e soprattutto libera.
Siria, 267 d.C. Donna indipendente, madre affettuosa e guerriera intrepida, Zenobia era la regina di Palmira, un’oasi divenuta nei secoli regno sicuro e prospero, punto d’incontro fra Occidente e Oriente. Forte e determinata, alla morte del marito si proclamò Imperatrice Augusta: da alleata di Roma contro l’espansione dei Persiani, trasformò Palmira in una potente e implacabile rivale dell’Impero, lanciandosi alla conquista di tutti i territori d’Oriente.
Dalla sua parte si schierarono generali valorosi, intellettuali raffinati, mistici cristiani, contro di lei l’intero Occidente. Nulla sembrava potesse fermarla, neppure i terribili lutti, i tradimenti e le sanguinose battaglie. Sino a quando un tragico evento non le insegnò che il potere di una regina non è illimitato, e che il nemico non ha un solo volto…
Evocando un mondo perduto pieno di splendore e brutalità, amore e passione, Federica Introna dà vita a un romanzo sulla tumultuosa vita della regina Zenobia, una donna che, dopo aver affrontato con coraggio e fermezza ogni tipo di avversità, seppe rinascere, scrivendo alcune delle pagine più importanti della Storia antica.