Recensione a cura di Claudio Musso
‘’Su Gaeta sventolava ancora il tricolore borbonico ma il blocco era ferreo e le polveriere della piazzaforte saltavano in aria una per una, e lì oramai non si salvava più nulla all’infuori dell’onore, cioè non molto’’.
Giuseppe Tomasi Di Lampedusa, Il Gattopardo
Il pensiero del Principe di Salina corre dalla Sicilia a Gaeta, capitale improvvisata del regno duo-siciliano, che assurge a simbolo di strenua difesa contro l’invasore sabaudo. Su quegli spalti nel 1860, a distribuire coraggio ai soldati borbonici, appuntando sul loro petto decorazioni da lei stessa confezionate e a destare, al contempo, l’ammirazione dell’avversario piemontese, c’è la battagliera regina Maria Sofia di Borbone. Nata Wittelsbach, la più equilibrata tra le sue numerose sorelle, l’ultima sovrana del Sud da quel momento diventa, anche nell’oleografia del tempo, la regina-soldato, il simbolo del legittimismo internazionale che combatte fino all’ultimo, anche giocando d’azzardo, se è il caso.
Aurelio Musi, accademico attento alle dinamiche risorgimentali del Mezzogiorno, in questo accurato saggio edito da Neri Pozza recupera un personaggio che ha avuto una vasta eco sia nella narrativa sia nelle biografie storiche. L’intento dell’autore tuttavia è quello di andare al di là di Gaeta e di quel mito che fu cucito addosso a Maria Sofia e di cui lei stessa fu abile regista, per farci conoscere una sovrana che, spentasi ottuagenaria, ha vissuto i principali eventi del primo Novecento e ha combattuto, a viso aperto o nell’ombra, la propria personale battaglia di reazione più che di resistenza. Senza farla apparire una novella Giovanna d’Arco ma senza rinunciare, fonti alla mano, ad un’analisi serrata del personaggio, anche nelle sue fallimentari arroganze, rivelando una tendenza della storiografia più recente desiderosa di fare i conti, forse una volta per tutte, del rapporto tra Mezzogiorno e processo unitario.
L’ultima Borbone è la regnante errante che ripara in mezza Europa venendo a contatto con i più disparati ambienti e fermenti culturali e politici ma in lei rimane forte l’odio per i Savoia ed è partecipe al deliberato sabotaggio dell’Unità d’Italia. Esulta per Caporetto, è vero, ma soccorre i prigionieri italiani tra le trincee austriache. Ne risulta un ritratto sfaccettato che non si riduce ad una semplice biografia ma ad una attenta radiografia dell’Italia e dell’Europa.
La personalità di Maria Sofia inoltre non sfugge ad osservatori attenti: per Proust è l’eccezione nel mondo oramai malato dell’aristocrazia otto-novecentesca; per D’Annunzio è, con una certa ironia, ‘’l’aquiletta bavara che rampogna’’; per Croce, pur ammirandola, è la sovrana che mette insieme i fanatici del legittimismo, aristocratici avventurieri inviati in Meridione, con gli effettivi briganti locali, perdendo di credibilità agli occhi delle altre monarchie; per Sciascia, che la rende protagonista di una, interessantissima, delle Interviste Impossibili andate in onda su Radio Uno, è la fiera bavarese che non fa un passo indietro; Visconti pensa a Greta Garbo come sua interprete (ma il film non fu mai realizzato) perché come la star svedese Maria Sofia è una donna fatta per essere osservata ma non scandagliata.
La Wittelsbach diventa regina Delle Due Sicilie quando il regno è sull’orlo del baratro perché la distanza tra dinastia e popolo è ormai irrecuperabile e il concetto di ‘nazione napoletana’ ha perso la coerenza di un tempo e questo rappresenterà un aiuto per il movimento unitario. A peggiorare gli affari della corte di Napoli sta il fatto che i nuovi sovrani non potrebbero essere più diversi: Francesco II è schiacciato dal tradizionalismo imbevuto di religiosità e bigottismo, è un uomo represso e si rivela poco esperto di vita. Dall’altra parte Maria Sofia di Baviera è estroversa, vitale e passionale, come la sorella Elisabetta, più nota come Principessa Sissi. Fuma in pubblico, cavalca in tenuta da amazzone, tira di scherma, affolla la reggia di pappagalli e cagnolini, si tuffa nelle acque del porto militare, insomma: per il puritanesimo dei Borboni si comporta da uomo. E anche quando si rifugia in Vaticano crea qualche mugugno. Giocoforza la sua immagine è al centro dei giornali dell’epoca (e materia di gossip), insieme alla sorella Elisabetta, imperatrice d’Austria, e a Eugenia, moglie di Napoleone III, imperatrice di Francia.
Maria Sofia introduce per la prima volta in una corte italiana la fotografia con in vantaggi e i rischi di questa impietosa rivelatrice della realtà. Cadrà infatti vittima del primo fotomontaggio denigratorio della Storia perché i nemici, quando ne hanno di fronte uno più ostinato, sanno dove colpire e fare male. Intanto la corte di Napoli si fa immortalare, altro segno di novità della bavarese: invece dei ritratti ufficiali, sul modello francese del primo Settecento, con figura intera e abiti da incoronazione, le foto riproducono le effettive fattezze della famiglia reale, la timidezza di Francesco e la bellezza indomita della consorte, la loro atmosfera intima, quasi casalinga. Ci sembra un ultimo tentativo di ridurre le distanze tra casa reale e popolo. Tuttavia Maria Sofia gioca civettuola con l’obiettivo perché sa che con esso può alimentare il suo vero e proprio mito mediatico, al pari della sorella Sissi, di cui si servirà per riconquistarsi il trono.
Intanto cospira, manovra, finanzia, come una fuorilegge regale. La Ninfa Egeria del legittimismo, sua ispiratrice anche nell’ombra, come la consigliera del re Numa Pompilio, diventa simbolo anche di un nuovo modello di femminilità regale cinta dalla triplice aureola della sovranità, della bellezza e della sfortuna. In America, racconta Musi, le sue foto vanno paradossalmente a ruba al pari di quelle di Garibaldi e a lei vengono dedicate statue a grandezza naturale insieme a Isabella di Spagna e Zenobia di Palmira. Ma la Storia sa essere alle volte beffarda: Maria Sofia ebbe un rapporto molto intenso con Maria Josè, sua pronipote e futura erede al trono del Belgio. Due donne molto simili per freschezza intellettuale e slancio intrepido. Come avrebbe reagito l’ultima regina del Sud alla notizia che l’amata Maria Josè avrebbe in seguito sposato Umberto II di Savoia, diventando, anche se solo per un mese, l’ultima regina di quel Regno d’Italia che fino alla fine si rifiutò di accettare?
Trama
Ultima regina di Napoli per poco più di un anno, Maria Sofia di Baviera è l’eroina che dagli spalti di Gaeta infonde coraggio a quel che rimane dell’esercito borbonico annientato dall’arrembaggio piemontese. Alta, slanciata, elegante nel portamento nobile e grazioso, con una magnifica capigliatura castana, bellissimi occhi di color azzurro-cupo, Maria Sofia trascorre l’infanzia e l’adolescenza nel castello di Possenhofen, dove le giovani Wittelsbach si esercitano in lunghe galoppate a caccia di animali selvatici. Oltre alle passeggiate a cavallo, pratica la scherma, il nuoto, la ginnastica, la danza, riceve una solida educazione musicale e una formazione al gusto estetico secondo i modelli ereditati dalle corti europee d’antico regime. È molto affascinata dalla fotografia: una passione che le rimarrà tutta la vita. Come la sorella Elisabetta, Sissi, futura imperatrice d’Austria, è solita girare da sola per la città e fumare piccoli sigari in pubblico. Non rispetta l’etichetta di corte e coltiva i rapporti umani, che intrattiene anche con persone umili. Fin da ragazza è esuberante, indipendente, anticonformista, nonostante i tentativi della madre Ludovica di frenarne gli eccessi. Divenuta in extremis regina di Napoli, esercita tutto il suo fascino e il suo carisma per riconquistare il consenso dei sudditi, assai ridotto per la debole personalità del marito. Proprio per questo è considerata un temibile nemico dai liberali unitari italiani. Contro di lei viene anche montata una violenta campagna diffamatoria attraverso la diffusione di fotomontaggi che la raffigurano nuda e in pose erotiche. La biografia di Maria Sofia va ben oltre il breve periodo del regno napoletano. In collegamento con gli anarchici, alimenta la destabilizzazione del Regno d’Italia e probabilmente ha qualche parte nell’ispirare l’attentato a Umberto I: giura vendetta ai Savoia, che le hanno sottratto un regno e le sue ricchezze. Dopo i dieci anni di esilio a Roma, ospite di Pio IX, l’ultima sovrana del Regno delle Due Sicilie vive tra Austria, Ungheria, Francia, Germania. Muore a Monaco nel 1925. Nella sua lunga vita ispira scrittori e artisti. Chi ne fa un monumento, in cui lei si riconosce, è Marcel Proust nella Recherche. A lungo Luchino Visconti accarezza l’idea, poi sfumata, di realizzare un film sulla sua vita affidando a Greta Garbo la parte della protagonista.