La prima intervista del nostro blog non poteva che andare ad una delle prime autrici che io, Roberto, ho conosciuto all’interno di Thriller Storici e Dintorni. Oltre ad essere una bravissima scrittrice, Giovanna è una profonda conoscitrice della Storia, soprattutto di epoca medievale e Romana. Andiamo a conoscerla meglio!
Ciao Giovanna, innanzitutto grazie per il tempo che ci dedicherai, nel rispondere alle nostre domande:
Quando hai capito che avresti intrapreso la strada per diventare una scrittrice?
Non sono certa neppure ora di intraprendere questa strada. Scrivere mi piace molto e non riuscirei più a farne a meno, ma una carriera in questo campo è difficile. Occorre avere almeno un buono stipendio con un altro lavoro.
Di quale periodo storico vorresti essere spettatrice e perché?
Mi affascina molto il tardo Impero Romano. Mi sarebbe piaciuto poter conoscere Alarico e Stilicone, i due protagonisti del V secolo DC. Conoscere per certo le loro intenzioni e ciò che li ha spinti a comportarsi in quel modo.
Scrittura, lettura, rilettura, editing e correzione, promozione, incontro con i lettori: assegna una percentuale a ciascuna di queste fasi e se abbiamo dimenticato qualcosa aggiungila pure.
La prima bozza del romanzo occupa il 20% del tempo, la rilettura e la revisione (con aggiunta ed eliminazione di scene) circa il 30%; l’editing e la correzione di bozze un buon 30%; il resto (promozione, incontro con i lettori, pubblicità) circa il 20%
Consigliaci un bel libro storico da leggere e invoglia anche noi a farlo
Vi consiglio Ivanhoe di SW Scott. Uno dei primi romanzi storici che ho letto da ragazzina. Ci sono due scene indimenticabili nel libro: la prima è la descrizione di un torneo cavalleresco dove compare per la prima volta Giovanni Senza Terra (il fratello minore di Riccardo Cuore di Leone), e Scott lo descrive come un uomo egoista, viziato e prepotente. La seconda scena, molto bella, riguarda la presa del castello dove erano ingiustamente detenuti Rowena, Rebecca l’ebrea, Ivanhoe ferito e altri personaggi. Per la prima volta fanno la comparsa Robin Hood e Riccardo Cuor di Leone, tornato in incognito dalle crociate. Per la prima volta un autore ha scelto di narrare una storia ambientandola nel XII secolo, rispecchiando la mentalità, gli usi e costumi dell’epoca. Fino a quel momento si tendeva a dare una mentalità moderna (del 1800) ai personaggi dei romanzi.
Parlando di Cangrande Paladino dei Ghibellini, come è nata l’idea di i
ntrodurre il personaggio di Dante, che era sì ospite del signore di Verona, ma cosa ti ha spinto a raccontarcelo dal suo lato umano?
Mi sono sempre domandata cosa ha provato Dante in esilio, se ha mai amato la moglie e i figli, i suoi sentimenti a lasciarli in fretta e furia. Non li ha visti crescere, non ha mai potuto scrivere loro. Tutto per amore della politica. Anche per lui la vita non è stata magnanima, sempre a chiedere riparo ai potenti ghibellini dell’epoca, cercando la benevolenza altrui. Era particolarmente interessato a Verona grazie alla presenza di tomi filosofici antichi nella Biblioteca Capitolare.
Come sono nati i personaggi di Paolo De Grenier e Caterina?
Per quanto riguarda Caterina: volevo creare una giovane donne espulsa dalla vita sociale dell’epoca. Una donna con un carattere determinato, che non si facesse piegare dalle tragedie. Mi piace l’amore travagliato, sofferto, e una donna povera ed evitata dal suo villaggio poteva stringere una relazione complicata solo un nobile cavaliere. All’epoca i nobili si sposavano solo per ragioni economiche o militari con le donne dello stesso ceto sociale, non di certo con le contadine, e di sicuro con quelle imparentate con gli ebrei.
Quanto tempo hai impiegato nella ricerca per “Cangrande paladino dei Ghibellini”?
Circa due anni per la stesura definitiva. Trovare il materiale da consultare non è stato semplice, soprattutto per quanto riguarda la vita di Cangrande della Scala, Signore di Verona. Al tempo non avevo ancora pubblicato con nessuna casa editrice e trovare il coraggio di inviarlo agli editori interessati non è stato così automatico. Non conoscevo ancora il mondo editoriale.
Vuoi parlarci del tuo nuovo romanzo “Silfrida e la schiava di Roma”?
Anche questo romanzo ha avuto la gestazione di circa due anni. Il materiale su Stilicone, magister untrisque militiae, non manca. È nota la sua politica filobarbarica, i nomi dei suoi figli, della moglie, il suo rapporto con Onorio, l’Imperatore Romano dell’epoca, i suoi movimenti militari per cacciare i Goti dal nord italia ecc.
Su Alarico ho trovato invece solo un saggio, dove vengono spiegate le ragioni delle sue azioni, ma sono rimasti ignoti i nomi dei figli e della moglie (qui ho dovuto usare la fantasia, ma i nomi che ho scelto sono Goti. Non ha senso, a mio avviso, usare dei nomi latini o greci per una popolazione di origine svedese. Anche se conoscevano sia il latino sia il greco ed erano cristiani ariani all’epoca). Non vi dico la fatica per trovare un saggio sugli usi dei Goti.
Silfrida è catturata da bambina dai Romani e fatta schiava, poi adottata da una famiglia cristiana. Conosce le sue origini, ma non vuole comunicarle neppure al fratellastro, con il quale ha un buon rapporto. Le cose si complicano quando entrano in gioco Alarico e Ghiveric, il suo futuro promesso sposo.
Per quanto abbia cercato di scrivere un romanzo sentimentale, “Silfrida la schiava di Roma” ha molti colpi di scena (partenze alla ricerca dei Goti, imprigionamenti e fughe, battaglie sanguinose e duelli). Ci sono alcuni termini in latino nella trama (per le armi, alcuni oggetti di uso comune, i nomi delle città e le funzioni delle stanze). A mio avviso porta il lettore a immedesimarsi di più in un periodo storico così antico.
Ringraziamo Giovanna Barbieri per il tempo che ha trascorso con noi, speriamo che l’intervista sia stata di vostro gradimento e alla prossima occasione!