Recensione a cura di Claudio Musso
L’erede misterioso è una delle creazioni più originali di Georgette Heyer che sfronda in questa occasione il genere regency, di cui è in fondo la capostipite, di batticuori e imprese amorose, per trasferirlo in una puntuale ricostruzione storica di ambiente e in un’atmosfera di inganno dalle molte pieghe.
A Darracott Place, un’enorme casa, in una campagna piatta e paludosa, così distante da ogni cosa e così spoglia da inibire qualsiasi visita, tiranneggia un vecchio lord dalla bocca arcigna e lo sguardo raggelante, che si comporta da gran Turco, mentre gli altri sono i suoi schiavi, a cominciare dalle donne di casa che subiscono i vincoli dell’epoca della Reggenza. I Darracott sono una famiglia listata a lutto non solo per le morti improvvise di alcuni componenti ma anche per un buio esistenziale che li rende lontani dal mondo e prigionieri di sé stessi, orgogliosi e diffidenti nella loro languida indifferenza e nel loro affettato vegetare. E poi luce fu.
Arriva infatti la notizia della visita di un parente che non ti aspetti e che nessuno conosce, il nipote di Lord Darracott che è diventato ora il primo nella linea di successione, un soldato reduce da Waterloo sul quale converge tutta la narrazione di Heyer. Quest’ultima, che si offre ad una lettura come piacevole diversivo, ma che sta stretta a chi cerca le cinquanta sfumature di rosa, offre miniature storiche in cui emergono i conflitti tra i signorotti di campagna e i loro mezzadri, le seducenti attrattive del contrabbando che, per quanto proibito, viene praticato dalla povera gente per sopravvivere e tollerato da quella più in vista per una malcelata avversione nei confronti della corte londinese perché, nell’epoca della Reggenza, si sente la mancanza di un vero re.
Ma a Daracott Place l’assillo maggiore è l’arrivo del ‘figlio della tessitrice’ dallo Yorkshire (il padre non scelse una moglie dal sangue blu e per questo fu ripudiato dal tirannico nonno), questo erede di bassa lega da rieducare che la lingua tagliente dei parenti ha già ribattezzato: Aiace, lo zotico personaggio del Troilo e Cressida di Shakespeare, opera che dissemina i suoi riferimenti in tutto il testo. The Unknown Ajax è peraltro il titolo originale dell’opera che nell’edizione astoria, tradotta da Cecilia Vallardi, diventa L’erede misterioso che ricorda per le tematiche affrontate quel gioco da tavola degli anni ’90 in cui diversi personaggi si disputavano un’importante eredità prima dell’arrivo della polizia che peraltro ‘compare’ anche nel romanzo. Qui la posta in palio è un’altra perché l’eredità è già assegnata ma si sta comunque approntando una ‘trappola per topi’ di shakesperiana memoria. Proprio da quell’Aiace che, con la sua presunta grottesca piccolezza d’animo, a dispetto dell’imponente mole, fa il suo ingresso in quella rocca inespugnabile di Troia nel Sud inglese.
Il maggiore oltrepassò con passo risoluto la soglia e lì si fermò, arrestandosi davanti al gruppo che si trovò dinnanzi. Cinque paia di occhi lo osservavano con vari gradi di stupore, ostilità e disapprovazione. Si guardò intorno, una comica espressione di sgomento negli occhi di un azzurro intenso, mentre un acceso rossore si diffondeva sotto l’abbronzatura. Tre gentiluomini lo stavano scrutando attraverso l’occhialino; e uno, che ritenne essere suo nonno, lo osservava corrucciato da sotto le folte sopracciglia. Per uno snervante momento nessuno parlò.
Hugo Darracott sembra all’altezza delle peggiori paure della famiglia: possente, gentile, voce profonda ma ingenuo, maldestro, lontano dagli standard dell’etichetta, in difficoltà a districarsi, non solo con il nonno che è costretto ad accettarlo, ma anche con i tre cugini, uno gelidamente arrogante, l’altro alla moda e tutto esteriorità e l’altro fanciullesco dallo spirito di congiurato. Deve vestire da gentiluomo e parlare l’inglese del re, deve sgrossassi del suo dialetto dello Yorkshire e dei modi marziali. Solo la cugina, Anthea, a cui è stato promesso in sposo, per mettere al sicuro l’eredità, mostra un lessico diverso con la sua deliberata libertà di pensiero e la sua astuzia.
Per tutto il tempo Hugo, l’intruso rurale, osserva e accumula informazioni e continua a mantenere il suo habitus di persona spaesata e lenta di comprendonio, tentando di smussare ad ogni occasione il pezzo intagliato nel legno grezzo. È certo un aristocratico ma anche un abile tessitore che prepara la sua trama pensando al futuro di Darracott Place. Sente la responsabilità dell’eredità di titolo e di terra ma anche di porte che vanno spalancate come accesso alle possibilità del mondo o chiuse se conducono nello sgabuzzino del non ritorno. La sua mente è affilata dall’esperienza della vita vera che manca agli altri e Anthea si accorge del suo ‘doppio fondo’, precluso ai più:
Nel suo sorriso non si scorgeva altro che umile deferenza, ma la giovane faceva sempre più fatica a credere che fosse mite o docile. Il suo atteggiamento era senza dubbio bonario e di franca ingenuità, ma la bocca ferma e il mento deciso non tradivano traccia di debolezza o umiltà; e benché non si sforzasse di imporsi, quella modestia non aveva nulla di ritroso, il cugino aveva una buona dose di tranquilla sicurezza e doveva ancora vederlo tradire un qualche segno di nervosismo.
Sarà proprio ‘’Aiace’’, il ragazzo beota, sottovalutato da tutti, a scuotere la noia di chi vive di rendita e di abitudine sclerotizzate mostrando ciò per cui vale la pena affannarsi e spingendo tutti ad offrire la parte migliore, segregata, di loro stessi. Sarà proprio ‘’Aiace’’ a unire questa famiglia disfunzionale, un gruppo di persone con nient’altro in comune che i legami di sangue, nel leggersi e farsi leggere per quello che realmente sono e quindi apprezzarsi e fare fronte comune di fronte alla calamità dello scandalo che è nascosto dietro l’angolo per fermare il quale Hugo ‘si esibisce’ letteralmente. Perché c’è chi scruta e ha dichiarato una guerra giurata contro la convivenza e la connivenza di certe persone altolocate con i torbidi traffici che arrivano dal mare.
Trama
C’è fermento a Darracott Place, antica ma decaduta magione nel Sud dell’Inghilterra. È in arrivo Hugo, il nuovo erede di titolo e beni del tirannico lord Darracott, il cui carattere è divenuto ancor più irascibile dopo la morte del primogenito Granville e di suo figlio Oliver, annegati al largo della Cornovaglia durante una sfortunata spedizione navale. Hugo, militare di carriera, è sconosciuto a tutti gli altri Darracott. È figlio, infatti, del secondogenito del dispotico capofamiglia, ripudiato da quest’ultimo per aver sposato una tessitrice. Il suo arrivo, quindi, è visto con grande avversione sia da chi pensava di ereditare il titolo, sia semplicemente da chi dà per scontato che Hugo sia uno zotico; anche la ribelle Anthea, sua cugina e promessa sposa per volere del nonno – che vuole rialzare il tasso di sangue blu in famiglia – teme di fare un pessimo matrimonio. Hugo in effetti appare fin da subito piuttosto avulso dal contesto in cui dovrà inserirsi: non ha un cameriere personale, non viaggia in carrozza e parla nel rustico dialetto dello Yorkshire. Ma è davvero un “borghesuccio” come tutti temono o in realtà si diverte a prendersi gioco dei suoi nobili parenti?