Recensione a cura di Luigia Amico
La Grande guerra è terminata da poco, sono anni difficili, c’è voglia di rinascita ma anche paura per un futuro che di lì a poco getterà di nuovo nel terrore intere popolazioni. La storia che Silvia Truzzi, autrice e giornalista mantovana, ha deciso di raccontarci prende vita proprio nel periodo che intercorre tra il primo dopo guerra e la Seconda guerra mondiale.
Nell’aria gelida che sferza la notte del 11 novembre 1918 riecheggiano i vagiti di due bimbe, Dora e Irene; la prima sembra destinata a una vita di stenti, fame e sofferenza, la seconda viene accolta dal calore di una casa in cui ricchezza e sfarzo non lasciano posto alla povertà.
All’apparenza sono due bambine che non hanno nulla in comune. Dora, orfana affidata alla nonna, costretta a chiedere la carità sul sagrato di una chiesa da colei che dovrebbe proteggerla e che invece si rivela essere la sua carnefice. Irene, creatura dall’animo mite circondata da lusso e comodità di ogni genere; ogni qualvolta incontra la piccola Dora, vestita di stracci e tremante, prova a regalarle un sorriso e una monetina. Le due bimbe non sanno che, grazie ad una serie di coincidenze saranno destinate a vivere la loro vita nella reciproca compagnia.
All’apparenza il destino delle due bimbe sembra segnato. Dora si rassegna alla povertà mentre i morsi della fame non le danno tregua fin quando la fortuna volge lo sguardo verso di lei. Riesce a trovare lavoro come cameriera in una famiglia benestante, i Benedini; riuscendo a far breccia nel cuore degli abitanti della casa, potrà studiare e le saranno concessi momenti di svago con le figlie del padrone diventando loro amica e confidente. La sua straordinaria bellezza è come una sorta di chiave in grado di aprire porte che dovrebbero restare chiuse.
“Allora capisce che deve farsi sentire, perché le persone che non fanno rumore non esistono.”
È bella Dora, di una bellezza sconvolgente in grado di far girare lo sguardo ammirato di uomini e invidioso di donne; il suo fascino non passa inosservato attirando addirittura l’attenzione di un grande personaggio conosciuto da tutti: il Vate. Come una guest star, Gabriele D’Annunzio getterà il suo sguardo ammaliatore sulla giovane ragazza conquistandola con lusinghe e complimenti.
“A Dora, figura serpentina dalla pelle nuda, stregata e conciata dal demonio. Mi dolgo ogni minuto del tormento a me negato dai begli occhi, giovani e smarriti. Grazie per l’inatteso piacere, o artefice della luce e dell’ombra. Il suo Gabriele D’Annunzio.”
Oltre romanzo storico mi sento di definirlo anche romanzo di formazione perché pagina dopo pagina assistiamo all’evoluzione fisica e psicologica della protagonista, da bambina indifesa a donna che ha ben chiaro in testa cosa vuole, le sofferenze patite le hanno lasciato un segno indelebile nel cuore e l’ombra della miseria è sempre lì a gettarle un velo di paura sull’anima.
“Tornano come pugni nello stomaco i ricordi della sua prima vita in vicolo Barche. La nonna con le mani sempre pronte alle sberle, il freddo, la fame che le faceva compagnia di giorno e di notte. L’elemosina sui gradini delle chiese, gli scherzi crudeli dei bambini.”
La sua trasformazione avviene lentamente ma in modo definitivo sia nel corpo sia nella mente, Dora vuole essere una signora e lo diventerà grazie ad un matrimonio con un giovane medico ma…
In un contesto storico dettagliato e minuziosamente descritto osserveremo una Mantova fascista fare da cornice alle vicende della protagonista e degli altri personaggi che si dividono le scene, sono soprattutto figure femminili a muoversi sul palcoscenico, donne che lottano, che rinunciano perché vivono in un’epoca in cui non hanno voce in capitolo neanche sulla scelta del nome della propria figlia, donne succubi di mariti fedifraghi ed egoisti interessati solo al loro tornaconto.
L’evoluzione e la crescita di Dora è resa in modo molto chiaro e preciso attraverso le descrizioni che l’autrice non lesina di regalarci, ci sono passaggi che toccano corde sentimentali forti, gli stati emozionali sono sempre in prima linea in tutta la narrazione creando un romanzo ricco di pathos.
È una lettura piacevole e sicuramente scorrevole, i capitoli sembrano prendere il volo sotto gli occhi del lettore e questo grazie anche ad una scrittura fluida e pulita. Purtroppo, alcuni punti non mi hanno del tutto convinto; Dora è sicuramente il personaggio fulcro dell’intero romanzo, nei capitoli di apertura è impossibile non amare quella bimba affamata e spaventata ma nelle pagine in cui assistiamo all’evoluzione del personaggio ci sono alcuni passaggi che sembrano descrivere la giovane come una donna frivola, vanitosa e a tratti arrivista, la cui unica preoccupazione è non rovinare la sua avvenenza.
Anche il voler a tutti i costi ribadire quanto la bellezza di Dora sia accecante credo che a un certo punto possa un po’ annoiare e infastidire un lettore concentrato soprattutto sullo sviluppo narrativo del libro. Questo non vuole assolutamente essere una bocciatura o simili, l’idea di base dell’autrice è ben congegnata e le vicende riportate riescono ad avvincere chi decide di fare la conoscenza di queste donne nate sotto “Il cielo sbagliato”.
Trama
Mantova, 1918. Nel giorno dell’armistizio della Grande Guerra due bambine vengono al mondo a poche ore di distanza. Dora in una poverissima casa vicino al lungolago, già orfana perché sua madre muore di parto e suo padre è un soldato disperso. Qualche ora dopo nasce Irene, l’ultimogenita dei marchesi Cavriani, famiglia dell’antica nobiltà cittadina. Le due bambine crescono – una tra la fame e la miseria dei vicoli, l’altra negli agi del palazzo che porta il nome della sua famiglia – e si incontrano ogni domenica sul sagrato di Sant’Andrea. Dora chiede l’elemosina e nella sua mano la piccola Irene deposita un soldo e un sorriso di solidarietà e compassione. Gli anni passano e mentre il Fascismo si fa regime, e insanguina le strade della città, due vite destinate a rimanere separate da un’insormontabile differenza di classe si incrociano di nuovo. La sorte che ha portato Dora nella casa borghese della famiglia Benedini, dove è stata accolta e ha ricevuto un’istruzione, le ha fatto dono di una bellezza fuori del comune che fa girare la testa agli uomini. Tra loro c’è anche il timido Eugenio, figlio dei ricchissimi Arrivabene e cognato di Irene. Sfidando l’ostilità delle famiglie, Dora si fidanza in segreto con Eugenio ma il bel mondo che comincia a spalancarsi davanti ai suoi occhi ha in serbo per lei molte sorprese: in una girandola di splendidi vestiti, ricevimenti e intrighi, Dora dovrà difendere tutto ciò che ha conquistato con tanta fatica. Con il ritmo narrativo di un romanzo storico, “Il cielo sbagliato” è un affresco sul desiderio di emancipazione. E sul prezzo da pagare per varcare la porta di un mondo che una bimba con i vestiti strappati non avrebbe mai immaginato di sfiorare.