Recensione a cura di Roberto Orsi
Marcello Simoni è tornato in libreria pochi giorni fa con il suo nuovo thriller storico “La dama delle lagune”, per La nave di Teseo.
Dopo il volume saggistico dedicato a “I segreti dell’abbazia di Pomposa” con la stessa casa editrice, l’autore propone un romanzo interamente ambientato nella “sua” Comacchio. La Comacchio dell’alto medioevo, agli inizi del IX Secolo.
In un periodo storico che vede da qualche anno Carlo Magno quale imperatore dei romani, nomina che sancì l’unificazione di buona parte del continente europeo sotto l’unica fede cristiana che aveva ormai soppiantato il paganesimo in quasi tutto il territorio, l’imperatore d’oriente, nella sede di Costantinopoli, l’antica Bisanzio, non si è ancora arreso alla rinuncia dei territori d’occidente. Le terre che si affacciano sull’Adriatico, da Venezia a Ravenna, furono in quegli anni terreno di sanguinose battaglie per il predominio territoriale e dei commerci con l’entroterra.
Marcello Simoni, pur nella difficoltà della ricerca archivistica sulla Comacchio di quegli anni, come ammette egli stesso nelle esaustive note finali, ricostruisce un impianto narrativo perfettamente calato e adattato al contesto storico e alle informazioni giunte fino a noi.
La trama del romanzo si snoda tra i canali umidi della laguna ferrarese, in cui i centri nevralgici del potere risultano senza ombra di dubbio i monasteri dove vescovi e abati giocano un ruolo predominante, avidi di ricchezze. Non solo spirituali, quali pastori di un gregge che necessita di guida e rassicurazioni, ma anche e soprattutto materiali: rendite vitalizie, tributi, gestione amministrativa e sovranità giuridica sui territori di competenza. La bramosia di poter decidere del prossimo, di quel gregge di cui sopra, delle loro ricchezze e delle loro anime.
Quale migliore occasione per accrescere la propria fama e quella del proprio monastero se non quella del rinvenimento misterioso di un corpus dalle acque della laguna all’interno di una teca di piombo? Un ritrovamento che ha del miracoloso: Bonizo, magister piscatorum, capo e guardiano dei pescatori dell’area sotto la giurisdizione dell’Aula Regia, con il figlio Grimoaldo e il suo equipaggio, dopo una violenta tempesta, giunti a riva quasi per miracolo, si imbattono nella enigmatica teca di piombo che sembra risalire a molti secoli prima. E quello che ancora più stupisce tutti gli uomini, è ritrovare accanto al sarcofago il compagno Isacio, scaraventato fuori bordo pochi minuti prima durante la traversata.
“A pochi passi di distanza, sulla distesa di canneti battuti dal vento, c’era un giovane uomo appoggiato a un grande oggetto di metallo che affiorava per metà dal terreno argilloso. Bonizo era certo di non aver mai visto in vita sua nulla del genere, né riusciva a immaginare cosa potesse essere un simile oggetto”.
Essere scampati in modo rocambolesco alla furia dell’acqua con il misterioso ritrovamento della teca porta i cittadini di Comaclum (l’antico nome di Comacchio) a gridare al miracolo.
Smaragdo, l’abate del monastero dell’Aula Regia, si trova di fronte a una scelta insidiosa: nascondere la teca sperando che i cittadini la dimentichino in fretta o cedere alla curiosità di tutti e svelarne il contenuto?
L’abate, uomo tutto d’un pezzo almeno nella sua immagine pubblica, un “monaco di smeraldo per l’austerità degli zigomi, la profondità di spirito che trapelava dalla fronte e dall’arco delle sopracciglia”, ricopre un ruolo non semplice. Molti sono i personaggi che tramano nell’ombra per impossessarsi della teca e gestire a proprio favore lo scalpore che si è scatenato intorno ad essa.
Quando viene deciso di svelare il contenuto della teca, la sorpresa è enorme: i tre testimoni oculari rimangono sconvolti dalla visione di un corpo di fanciulla perfettamente conservato. Una santa o un demone? Un segno del divino che ha posato lo sguardo su Comaclum o una nefasta impronta del maligno?
“Prima di ogni esigenza terrena, prima di ogni necessità di concretezza, la sua vita si svolgeva nel mondo spirituale. Era in quel regno impalpabile, tra la preghiera e il dialogo con Dio, che il longobardo riequilibrava ogni giorno il suo rapporto con una realtà che andava ben oltre la sfera del sensibile.”
Dall’acqua, elemento naturale principe, riemerge un antico mistero attorno al quale ruotano le vicende del romanzo. Acque torbide che, molto spesso, non lasciano intravedere ciò che celano. Come le anime dei personaggi nati dalla penna di Marcello Simoni. Ognuno di loro con un passato che tende a nascondere sotto un velo che assume contorni diversi: espiazione dei peccati commessi, volontà di cambiare vita, fuga da una vita che non si era scelta. Concezioni e situazioni di vita che in un modo o nell’altro legano i protagonisti, le cui azioni sono dettate da obiettivi personali più o meno dichiarati.
“Avrebbe dovuto fonderla quella maledetta teca, proprio come Mosè aveva fatto col vitello d’oro! Avrebbe dovuto, sì, se non fosse stato per qualcosa che lo tratteneva. Qualcosa che combatteva nel suo cuore, e al quale lui non sapeva ancora dare un nome. O meglio, non voleva.”
Tra intrighi e alleanze, battaglie e scorribande, la ricerca della verità diventa il fulcro della narrazione. Devozione, fede e lotta interiore in uno scenario altomedievale affascinante e misterioso. La suddivisione in capitoli brevi e incisivi restituisce un impianto letterario che abbiamo imparato ad apprezzare con Marcello Simoni. Una storia che non lascia nulla di indefinito, in cui ogni tassello trova la giusta collocazione.
Comaclum regala uno scenario perfetto, incastonata nelle paludi di un ramo del delta del fiume Po, ai tempi conosciuto come Padus, in un labirinto di canali, di isole, di campanili e abbazie dove l’ambizione dell’uomo può essere più forte dell’inganno.
Trama
Anno Domini 807, foce del fiume Padus. In seguito a una violenta tempesta, le lagune di Comaclum restituiscono un antico sarcofago di piombo che custodisce, al suo interno, il corpo incorrotto di una fanciulla. Un miracolo, secondo il vescovo Vitale. Un cattivo presagio, invece, per l’abate Smaragdo, che si troverà diviso tra l’obbligo morale di svelare il mistero e la necessità di proteggere un segreto legato alla sua famiglia. Il contrasto tra questi due religiosi coinvolgerà le vite di persone molto diverse tra loro, come il magister piscatorum Bonizo, il giovane orfano Eutichio, il falegname Gregorios e l’arrogante Grimoaldo, mentre tra le insulae dell’abitato inizierà ad aggirarsi l’ombra di una ragazza. Forse uno spirito inquieto, forse una fuggiasca in cerca di protezione. Proprio nel momento in cui le tensioni tra l’imperatore Carlo Magno e la lontana Bisanzio minacciano di attirare un vento di guerra sulla piccola Comaclum.