Curiosità

Lo sai perché questi colori…?

Sai perchè la bandiera della resa è bianca? E perchè il tavolo da biliardo è verde?
O da quando il rosa e il celeste sono “colori di genere”? E perché il “libro nero” è… nero?

Sembrano i perché che pongono i bambini. Noi siamo curiosi come loro, ma stupisce rintracciare la Storia anche nelle cose più semplici. Non ci credete?
Leggete e diteci se non è così! Iniziamo.

Perché la bandiera che si issa in segno di resa è bianca?
Tale consuetudine risale a diversi contesti: per esempio, alla dinastia Han orientale, in Cina (25-220 d.C.), o alla Guerra civile romana del 68-69 d.C. Lo storico romano Tacito nel raccontare di questa battaglia, riferisce che i sostenitori dell’imperatore Vitellio, assediati a Cremona dalle legioni flaviane di Marco Antonio Primo, alzarono rami d’ulivo e bende bianche in segno di sconfitta (prima di allora i romani indicavano la resa mettendo gli scudi sopra la loro testa).
La scelta del bianco era, almeno all’inizio, quantomai obbligata: i panni colorati erano più costosi e pertanto poco diffusi, mentre quelli bianchi erano facilmente reperibili: bastava strappare un lenzuolo e appenderlo a un bastone. Per non contare, poi, che i vessilli delle varie casate o schieramenti erano molto colorati e il bianco, tra essi, era facilmente distinguibile.

Da quando il tappeto rosso è… rosso? Potremmo forse dire da sempre? Già Nell’Agamennone di Eschilo (458 a.C.), Clitemnestra fa distendere un tappeto color porpora – simbolo di trionfo, ma anche di sangue – per accogliere il marito al ritorno nella reggia. Si racconta di un tappeto rosso disteso sulla riva di un fiume per accogliere il Presidente degli Stati Uniti James Madison, al suo arrivo in patria nel 1821. Ma se proprio vogliamo trovare dei precursori nell’uso “ufficiale” del tappeto rosso, dobbiamo andare nel 1902, quando venne usato da una compagnia ferroviaria degli Stati Uniti (la New York Central Railroad), per guidare i passeggeri verso l’imbarco di un treno.

Perché il biliardo è verde? La consuetudine di rivestire il tavolo da biliardo con un tessuto verde è legata all’origine stessa del gioco che risale al XIV secolo quando veniva praticato all’aperto, sull’erba (somigliava moltissimo al croquet). Quando la nobiltà inglese e francese, che lo praticava, decise di spostarsi al chiuso, per via del brutto tempo e delle sommosse popolari, il verde rimase a fare da sfondo alla sfida, un po’ come memoria del passato.

Rosa per le femmine e celeste per il maschio, una associazione ovvia per tutti (o quasi) ma dalle motivazioni sconosciute, pare risalenti agli anni ’30 del Novecento!
E pensare chi fino ad allora non era così, anzi, potremmo dire l’esatto contrario.
Fino all’Ottocento rosa e celeste avevano una simbologia del tutto opposta rispetto a quella a cui siamo abituati oggi.
Negli ambienti nobiliari ottocenteschi il rosa era maggiormente preferito dagli uomini, perché simile al rosso, simbolo di energia, forza e virilità, mentre l’azzurro (e il celeste) indicava la purezza femminile perché era associato al colore del velo indossato dalla Madonna.
Pensiamo che la regina Maria Antonietta impose il rosa come tinta per le uniformi di Fontainebleau.
L’associazione e distinzione di “genere” iniziò a diffondersi negli anni ’30 del Novecento. Tutto è cominciato nel 1927, quando il Time pubblicò un grafico sui dati di vendita di capi negli Stati Uniti, indicando che il rosa era il più comprato per le bambine e l’azzurro/blu per i bambini. Il dato divenne una legge di marketing da seguire per ottimizzare la produzione e quindi le vendite. Negli anni ’40, le aziende cominciarono a produrre abiti per le donne in rosa e per uomini in azzurro. Con il passare del tempo, questo modo di interpretare i colori si è consolidato. Fino ad arrivare ad oggi.
(Ma noi speriamo che tale distinzione di genere cada defenitivamente!)

E ora dite, quante ne sapevate? Attenzione a come rispondete perché potremmo legarcela al dito e farvi finire sul Libro nero: un modo di dire che trae le sue origini dalla Rivoluzione francese, quando i nomi dei condannati alla ghigliottina venivano annotati su un piccolo volume proprio di colore nero.

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