Recensione a cura di Roberto Orsi
“Anche dall’altro mondo, i morti sono testimoni delle nostre azioni”
Le colpe dei padri ricadono sui figli? Un interrogativo che non trova una soluzione univoca. Addirittura, lo troviamo in diverse dispute teologiche. Questo assunto è riportato in diverse parti dell’Antico Testamento, ed è fonte di dibattito che non si esaurisce con una pronuncia definitiva.
Che la vita dei genitori influenzi quella dei figli è un dato di fatto oggettivo. Ma quanto le nuove generazioni possono rimediare agli errori di chi li ha preceduti? Quanto rimangono coinvolti nelle decisioni e nelle aspettative volute dai padri?
In passato questo legame di “causa-effetto” era probabilmente più marcato. I figli erano destinati a seguire le orme dei predecessori, ricalcare le stesse orme e spesso mettere il piede in quelle stesse buche insidiose sparse lungo il cammino.
Livio Gambarini con questo romanzo medievale ci fa proprio ragionare su questo concetto, attraverso il racconto di tre storie parallele nella Lombardia del ‘300. Tre storie di giovani, di diversa estrazione sociale.
Nera, l’unica dei tre ad essere stata partorita dalla fantasia dell’autore, è una giovane ragazza che eredita molto presto la gestione della bottega del padre tintore che risponde al nome di Tebaldo. Una donna fuori dal suo tempo, emancipata e capace di cavarsela negli affari pur alla sua tenera età. Si assiste al saliscendi di emozioni che la caratterizzano. Una corazza infrangibile fuori, nasconde un cuore dolce e umano.
“Le uniche occasioni in cui suo padre usava il suo vero nome era quando lei combinava qualcosa. Tebaldo riusciva sempre a leggerle dentro con un’occhiata”
Jacopo De Apibus, detto Crotto, è un giovane maestro che dopo gli studi a Bologna torna nella sua Bergamo per insegnare. Il suo obiettivo è essere nominato doctor ma la podesteria del Comune non gli riconosce la qualifica richiesta, lasciandogli il ruolo e lo stipendio di magister. Un uomo dalla doppia vita, la notte, buia e silenziosa lo trasforma.
Fin dalla nascita era affetto da una malattia misteriosa. Quando la notte calava e le luci della città si spegnevano una dopo l’altra, il piccolo Crotto faticava ad addormentarsi.
In età adulta “…dormiva due ore e passava il resto della nottata a rabbrividire sotto le coperte, pregando Dio e i santi di liberarlo da quella maledizione.”
Azzone Visconti, figlio di Galeazzo I signore di Milano e di Beatrice d’Este, ha il destino segnato. Condottiero di eserciti, si trova nel bel mezzo del grande conflitto imperituro tra guelfi e ghibellini. Da una parte il papa, Giovanni XXII, che risiede ad Avignone, dall’altra Ludovico il Bavaro Re di Germania, in procinto di scendere in Italia per l’incoronazione da lì a qualche anno come Imperatore del Sacro Romano Impero.
“Siamo draghi. Mori, guelfi, nemici del re, non fa differenza: se qualcuno si mette sulla nostra strada, ce lo mangiamo intero. Ricordatelo!”
Azzone porta sugli abiti lo stemma dei Visconti, tra le più antiche famiglie nobili italiane, il potere e la corona nel suo avvenire.
L’autore racconta con dovizia di particolari un medioevo intriso di credenze popolari, di storie e leggende che tengono svegli i bambini la notte. “I Cagnì del MùtAltrech” e “la Egia di Cadene” solo per nominarne due, regalano quel tocco di fascino e mistero a vicende assolutamente realistiche e d’impatto. L’immersione nel periodo e nei luoghi del racconto, le valli della bergamasca e la grande città di Milano, è completa e impreziosita grazie ai tanti termini dialettali messi in bocca ai protagonisti delle vicende. Il grande studio e le ricerche dietro alla stesura del romanzo sono lampanti agli occhi del lettore. Le vicende prendono vita grazie a un ritmo narrativo accattivante fatto di tanto dialogo tra i personaggi, che diventano un punto di forza dell’autore.
Le storie dei tre ragazzi svolgono le loro trame su binari paralleli che sembrano non incrociare mai la loro strada. Eppure, qualcosa li lega. Il viaggio, su quei binari, è cominciato anni prima e affonda le radici in un passato che lascia segni tangibili, ferite da rimarginare, onte da cancellare.
Giochi di potere, alleanze e doppiogioco, in una situazione politicamente instabile perfettamente ricreata da Livio Gambarini che non risparmia anche citazioni e piccoli camei ai grandi della letteratura. Una bella sfida per il lettore ritrovarli all’interno del testo.
“… una cosa che accomuna i grandi uomini è che non credono alla fortuna: costruiscono il destino con le loro mani”
Con questo primo libro della sua produzione, nel 2014, al quale ha fatto seguito “I segreti delle madri” sempre per Silele Edizioni, l’autore riesce nell’intento di scrivere una storia che appassiona a un determinato periodo, in un contesto sociale e politico molto complicato eppure reso con parole semplici e di grande godibilità.
Trama
Anno Domini 1321. Da Avignone, il Papa ha ordinato di abbattere la famiglia dei Visconti di Milano, prima sostenitrice dello scomunicato re di Germania. Nella Lombardia lacerata dall’odio tra fazioni e oscurata dall’ombra dell’eresia, vivono tre giovani di ceto quanto mai diverso: Azzone Visconti ha un carattere mite e sensibile, difetti imperdonabili per l’erede della potente signoria di Milano. Jacopo de Apibus ha una strana malattia: due ore di sonno al giorno gli bastano, e la notte ha molte sorprese in serbo per lui. Nera da Vertova è una ragazza povera che ama leggere, e che in mezzo alla brutalità e alla violenza dei suoi tempi vorrebbe solo una vita di pace. Tre esistenze separate ma legate dal destino, che stanno per essere investite da un fiume di eventi che le segnerà per sempre e cambierà il corso stesso della Storia
Editore : Silele (1 gennaio 2014)
Lingua : Italiano
Copertina flessibile : 416 pagine
ISBN-10 : 8896701732
ISBN-13 : 978-8896701737
Link d’acquisto cartaceo: Le colpe dei padri
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