Cari lettori di Thriller Storici e Dintorni, sono particolarmente orgoglioso oggi degli ospiti che abbiamo nel nostro salotto: due personaggi che incarnano molta Storia del Rinascimento italiano. Vengono da Firenze e sono i maggiori esponenti della famiglia Medici: Giuliano e Lorenzo de’ Medici.
A intervistarli per noi, la scrittrice Adriana Assini, che ringrazio per la cortese disponibilità.
Firenze, notte di san Lorenzo. Il cielo brulicava di stelle ma la via Larga era immersa nel buio. Due uomini, in vesti d’altri tempi, s’attardavano davanti al palazzo che fu dei Medici. Riconobbi Giuliano e suo fratello Lorenzo. M’accostai a loro e il più giovane non esitò ad apostrofarmi, saltando i convenevoli
Giuliano: «È dolce e amaro il vento del rimpianto che fino a qui ci ha spinti. Molto è cambiato da allora, ma non le nostre mura, che a voce bassa ancora parlano della nostra storia… Ma tu che vuoi sapere, mia signora? Se hai qualche domanda che ti preme, non indugiare, perché a noialtri non è consentito trattenerci a lungo: il nostro posto è altrove, fra le ombre…».
Assini: Subito i miei pensieri corsero al ventisei aprile del millequattrocentosettantotto, giorno della Congiura: «Vorrei che mi parlassi di quella maledetta domenica a Santa Reparata, l’ultima che ti vide vivo. Dimmi, non lo sentisti neppure per un attimo l’alito freddo della morte che ti scortò fino in duomo?».
Giuliano: «A volte la Provvidenza ci viene in soccorso inviandoci i suoi segni, ma noi, purtroppo, non sempre sappiamo riconoscerli. Quel mattino, ritroso a recarmi alla funzione, scambiai per malumore quello che invece era un presentimento. Se solo gli avessi dato retta, mi avrebbe sottratto a una sorte orrenda.»
Assini: «Ripensando a quei terribili istanti, qual è l’immagine che più ti tormenta?».
Giuliano: «Già corpo morto, mi vidi riflesso negli occhi bagnati di pianto del mio amico Agnolo, mentre, chino sul mio cadavere, s’incaponiva a contarmi le ferite: una meno di venti…».
Assini: «Quanta dannata furia armò la mano dei tuoi carnefici! Può dunque arrivare a tanto la cieca brama del potere?».
Giuliano: «Anche oltre. E tuttavia, la ferocia di Francesco Pazzi rispondeva ad altri impulsi, quelli della gelosia maligna, folle e senza fondo. Ecco la verità che non fu mai scritta: amavamo entrambi la stessa incantevole donna ma lei, tra noi due, scelse il sottoscritto. La sconfitta bruciò così tanto a quel bastardo che se la legò al dito. Quando poi, nel pieno delle sue primavere, Simonetta spirò tra gli spasmi, lui me ne addossò la colpa, ma essendo un vile, mascherò bene il suo livore, meditando una rappresaglia clamorosa.»
Assini: «Ma perché mai ti credette responsabile della morte di Simonetta? I libri narrano che la più bella delle belle morì di consunzione o di altra malattia…».
Giuliano: «All’epoca, lo credetti anch’io. Soltanto quando, lo stesso giorno e lo stesso mese di due anni dopo la sua morte, a mia volta resi l’anima a Dio, finalmente potei svelare le segrete e terribili cose che in vita avevo ignorato, maturando così tutt’altra idea su ciò che accadde allora in casa dei Vespucci: su Simonetta, più che il malanno poté il veleno… Il Cielo sa se me ne dolgo ma è inutile tacerlo: il nostro amore, assoluto ma imperfetto, ci aveva spinti a osare troppo, e questo non andò giù ai suoi parenti.»
Assini: «Se potessi riandare indietro nel tempo, agli anni belli, resisteresti alle grazie della “senza pari”, pur di evitare, a te e a lei, così terribili conseguenze?».
Giuliano: «Sarebbe saggio, ma la saggezza non appartiene agli innamorati…».
Preso tra i morsi dei ricordi, Giuliano sospirò di dolore e io cambiai argomento: «Avevi fama d’essere talmente bello da far impallidire perfino il dio Apollo» gli sussurrai spiandone il volto asciutto, inanellato dai boccoli corvini. «Di tanto tuo fascino non fu mai geloso tuo fratello?».
Lui scrollò appena la testa e rise di se stesso: davvero era stato tanto seducente? Io risposi di sì e allora, per soddisfare la mia domanda, ridivenne serio:
Giuliano: «Nella grandezza non attecchisce la pianta dell’invidia. È vero, in quanto all’aspetto la natura era stata piuttosto avara con Lorenzo, ma si trattava di un’inezia: con la sua mente luminosa, il mio magnifico fratello illuminava il mondo, più del sole e più delle stelle…».
Assini: «Dunque, tra voi nessuna rivalità, nessun attrito?».
Giuliano: «Legati da sentimenti profondi, ci trattavamo con reciproco rispetto, da pari a pari. Malgrado fosse lui il maggiore, non gliela davo mai vinta quando le sue opinioni divergevano troppo dalle mie. E però, tra di noi, nessun litigio vero, ma solo piccoli screzi che non lasciavano il segno. Insomma, conoscevamo entrambi le regole per stare bene al mondo, perché sebbene fossimo semplici banchieri senza titoli, avevamo ricevuto la stessa educazione riservata ai principi.»
Assini: «In fondo, vi compensavate: tu più dedito agli svaghi, Lorenzo più incline ad accollarsi gli impegni più gravosi…».
Restio a tessere le lodi di se stesso, Giuliano tralasciò di elencare i suoi talenti in molti campi, limitandosi a ricordare che grazie alle sue innate capacità di mediazione s’era spesso adoperato per indurre suo fratello a più miti consigli, vista la spiccata propensione di Lorenzo a rendere pan per focaccia ai suoi rivali.
Giuliano: «In ogni caso, mi rallegro del corso che presero poi le cose perché, fra torti e ragioni, Lorenzo ebbe comunque il merito di dare il meglio, assicurando prestigio e splendore alla città del giglio.»
Assini: L’ora era tarda e per tema che quegli spiriti vaganti potessero dissolversi allo spuntar dell’alba, vinsi una comprensibile soggezione e mi volsi verso il Magnifico: come sempre pensoso e altero, era rimasto un po’ in disparte, avvolto nella sua abituale, elegantissima tunica rossa.
Prima ch’io fiatassi, mise le mani avanti: la Storia lo celebrava come un gran signore dall’animo elevato. Ma lui, che pure s’era nutrito di amor proprio come fosse pane, ora non intendeva più sottrarsi al suo stesso giudizio:
Lorenzo: «Non v’è ragione d’essere indulgenti verso i propri vizi, perciò, lo ammetto: commisi errori gravi, feci cose storte, soprattutto nei primi anni di governo. Non fui, purtroppo, indenne da vanità e stoltezza, orgoglio e presunzione. L’ambiguità? Sì, fu la mia seconda pelle.»
Assini: «Un peccato che non ti perdoni?».
Lorenzo: «Essermi inimicato tutti permettendo, mio malgrado, che a pagarne il prezzo più alto fosse Giuliano. A consolarmi è il pensiero che fosse inevitabile, prima o poi, cadere in fallo: allorché, infatti, io e mio fratello ci mettemmo alla guida di Firenze, eravamo ancora due arbusti in attesa di diventare alberi. Eppure, insieme ci caricammo il mondo sulle spalle.»
Assini: «È indubbio che all’origine della famigerata congiura ci furono, sì, gli appetiti economici e politici dei vostri vicini, ma pesarono pure i tuoi sgambetti ai loro danni. Fra l’altro, pur essendo un maestro nell’indagare l’animo umano, e avendo centinaia di spie al tuo servizio, lo stesso non riuscisti a sventare le oscure trame di quella brutta gente…».
Lorenzo: «L’azzardo m’era congeniale, come l’acqua per i pesci. Peraltro, il fatto di ritenermi superiore ai miei interlocutori, mi dava l’illusione di controllarne le intenzioni. E così, senza nemmeno disporre di un esercito, buttavo legna sul fuoco, senza accorgermi dell’abbraccio mortale in cui mi stavano stringendo.»
Assini: «Coi Pazzi, pure loro banchieri fiorentini, esagerasti nel colpirne spesso gli interessi, fomentandone l’odio…».
Lorenzo: «Fingevamo d’essere sodali, ma era una farsa: mirando al governo di Firenze, loro erano pronti a estromettermi, con le armi o con l’inganno; io, consapevole, mi difendevo escogitando sempre nuovi espedienti per indebolirli.»
Assini: «A conti fatti, ritieni d’aver agito in modo giusto?».
Lorenzo: «Non mi assolvo, o almeno non per intero. E tuttavia, è arduo trovare un compromesso quando la posta in gioco è grossa.>
Assini: «A fronte della gravissima offesa ricevuta, già all’indomani dell’agguato la tua ritorsione contro i congiurati fu spietata. Nessun rimorso per i fiumi di sangue versato, anche da chi in quella storia non aveva altra macchia se non la sfortuna di portare il nome dei Pazzi?».
Lorenzo: «No, non rinnego nulla. Convengo sul fatto che quella carneficina non servì a restituirmi mio fratello, purtuttavia, come negare che fu il modo più efficace per far sapere al mondo quanto fosse pericoloso sfidare la collera di un Medici?».
Assini: «Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto sia, del doman non c’è certezza… Versi sublimi, scaturiti da un animo nobile e gentile. Come si conciliano con la tua accanita vendetta?».
Per effetto di una smorfia, il suo volto già irregolare e disarmonico si fece ancora più sgraziato. Poi con un tono cupo che ne accentuava la voce roca, mi espose in breve i suoi convincimenti:
Lorenzo: «A volte il contrasto è necessario. Sarebbe salutare scostarsi dalle errate credenze d’una morale stanca per poter liberamente pensare alla poesia come al perfetto contraltare della violenza. D’altronde, fu Omero, e non un capitano di ventura, il massimo cantore della guerra …».
Assini: «E in quanto alla tua sposa? Quando Clarice morì, tu rimanesti dov’eri, alle terme, e la tua assenza al suo funerale fece rumore…».
Lorenzo: «Ormai lei era morta, e io distante. A che pro accorrere a Firenze? Forse per dare pubblica mostra del mio cordoglio? Non m’importò di salvare le apparenze e, in quanto alla sostanza, presi la penna per confidarla al Papa.»
Un lampo squarciò il cielo sereno, poi risuonò il boato di un tuono. No, nessun temporale in arrivo, ma soltanto il segno che per Giuliano e Lorenzo fosse scaduto il tempo di peregrinare nel mondo dei vivi. Ci congedammo, ma non per sempre, perché quei due difficilmente si dimenticano.
E per noi di TSD è giunto il tempo di congedare Adriana Assini che ci ha accompagnato in questo incontro con due dei più grandi esponenti di una delle famiglie simbolo del Rinascimento italiano. A voi lettori, ricordiamo che potete continuare a leggere dei fratelli Medici nel ritratto che ne ha aftto la penna della Assini nel suo libro “Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici” (di cui potete anche leggere la recensione di TSD a questo link).
Copertina flessibile: 189 pagine
Editore: Scrittura & Scritture (13 giugno 2019)
Collana: Voci
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8885746152
ISBN-13: 978-8885746152
Link d’acquisto cartaceo: Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici
Link d’acquisto e-book: Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici
Bellissima intervista immaginaria ai due grandi esponenti della Famiglia de’ Medici. Suggestivo incontro ad ora tarda, nella Firenze di oggi, che, però, ridiventa fra le ombre quella di un tempo… Un’occasione per tornare ancora su questioni politiche irrisolte, su sconfitte e vendette, tentando di tracciarne un – pur tardo – bilancio. Fantasia e realtà storica si intrecciano anche qui deliziosamente, come negli impagabili romanzi dell’intervistatrice!
Grazie per il commento Marina, i fratelli Medici mi hanno sempre affascinato. Sono due personaggi veramente incredibili, resi benissimo dalla penna di Adriana Assini