Trama
“Sei colpi di pistola” è una raccolta di racconti con un unico fil rouge: lo sparo di una pistola. La morte di Puskin in seguito al duello con il francese d’Anthès è raccontata dalla poetessa russa Cvetaeva; la ferita inferta da Paul Verlaine al suo compagno Arthur Rimbaud è ricostruita dalle lettere, immaginarie, della moglie del primo, della madre del secondo e da un biglietto dello stesso giovane ardennese; il monologo interiore di Van Gogh ripercorre gli ultimi istanti di vita del pittore, morto in seguito alla ferita al ventre causata da arma da fuoco; lo sparo contro l’oppressione straniera di Gavrilo Princip spalanca le porte alla prima guerra mondiale; il gioco alla Guglielmo Tell dello scrittore beat William S. Burroughs che uccide la moglie è rivissuto da uno dei suoi preferiti giovani prostituti di Tangeri; il suicidio dell’ungherese Márai emerge dal dialogo tra una studiosa di letteratura e un uomo delle pompe funebri, che ritrova un bigliettino autografo sul comodino del defunto nella sua casa di San Diego. I racconti sono sei, come le pallottole nel tamburo di un revolver.
Recensione a cura di Giovanna La Motta
Cosa accomuna il poeta russo Aleksandr Sergeevic Puskin, Arthur Rimbaud,il pittore Vincent Van Gogh,Gavrilo Princip, William S. Burroughs e lo scrittore Sandor Màrai?
Apparentemente solo il loro posto nella storia ed un colpo di pistola che segnerà in alcuni casi in modo fatale, il loro destino.
Ed è da quest’ultimo elemento che lo scrittore Carlo Floris da vita a sei racconti brevi che, attraverso monologhi interiori degli stessi protagonisti o la voce di altri personaggi realmente esistiti, vicini ai protagonisti, ci descrive magistralmente i fatti e non solo.
Il primo racconto, attraverso la voce di Marina Ivanovna Cvetaeva, che pur se vissuta cent’anni dopo, fu una grande estimatrice di colui che più volte nomina come il padre della lingua russa, ci descrive le vicissitudini e i retroscena politici che porteranno al duello (apparentemente d’onore) che si conclude con la morte di Puskin.
La Cvetaeva si sente vicina a lui non solo per l’amore per la loro Russia e per la scrittura, ma anche per un destino di emarginazione, isolamento ed emigrazione dalla loro patria.
E sapete che fa un poeta? Un poeta canta, parla, racconta, fa sognare, fa rivivere le grandi storie. Usa le parole come nessun altro, le inventa, le fa suonare, come un musicista… Ci fa piangere, ridere, pensare, soffrire, sognare…
Il secondo racconto ci porta in Francia e alla travagliata relazione fra Artur Rimbaud e Paul Verlaine. Questa volta la storia ci viene raccontata attraverso un’immaginaria corrispondenza epistolare tra la moglie di Verlaine seriamente preoccupata per il comportamento del marito e la madre del giovanissimo Rimbaud. Verlaine ha comprato una pistola, con l’iniziale intenzione di togliersi la vita; ma sarà Rimbaud che colpirà, per fortuna in modo non grave ferendolo solo ad un dito. Questo fatto sancirà la chiusura di ogni rapporto tra i due e la fine della carriera di poeta per Artur.
Nel terzo racconto incontriamo Van Ghog ed è la sua stessa voce, a tratti delirante, a raccontarci i suoi ultimi istanti di vita. Qui esce fuori il mistero di cui da tempo si parla… Van Gogh si uccise o fu ucciso?
Nel racconto vediamo lui alle prese con uno dei suoi lavori en plein air, mentre un gruppo di ragazzini del paese che lo considera solo un pazzo pericoloso “accusandolo” anche di omosessualità, trama quasi come una scommessa tra loro, di ucciderlo. Vincent intanto è preso, nella sua geniale follia, esclusivamente dall’amore per la luce e i colori, in particolare il giallo. Il giallo è luce scriverà più volte all’amato fratello Teo, l’unico che si prenderà cura di lui per tutta la vita e che gli sarà accanto anche negli ultimi istanti .
Il giallo, la luce del sole, i meravigliosi colori della natura sconvolgono a tal punto il pittore che quasi non ha percezione dello sparo e del dolore della ferita. Dicendo al fratello, giunto immediatamente al suo capezzale, che ora sa che anche dopo la morte continuerà a dipingere. Perchè per lui è l’unica cosa importante, l’unica che ama davvero.
Ed arriviamo al quarto racconto, con un delitto di stato che cambierà in qualche modo la storia contemporanea ed il destino del suo esecutore.
Sono il vendicatore e sono nel giusto, sono il vendicatore e sono pronto alla morte. Tra poco arriveranno, e qualcuno di voi realizzerà il piano. Potessi esser io, l’eroe della Serbia! E’ il tempo dell’azione, non della parola.
Il giovane serbo-bosniaco Gavrilo Princip, fa parte del gruppo di nazionalisti che ha organizzato l’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria e alla moglie Sofia.
Per tutto il tempo assistiamo ad un monologo interiore dello stesso Princip, che è totalmente pervaso dai suoi ideali di libertà e di liberazione della sua terra dalla usurpatrice supremazia austriaca.
Sono attimi concitati, in cui l’arciduca e la moglie, scampano addirittura ad un primo attentato e Princip quasi li perde di vista in mezzo alla folla festante, radunatasi per vedere passare il corteo reale. Ma per una serie di coincidenze o per il destino, il corteo non fermerà la sua sfilata e il progetto omicida andrà a segno. Più volte Gavrilo si rimprovererà di non aver eseguito tutti i punti del piano, compreso quello di uccidersi subito dopo l’attentato per non finire, come invece accadrà, in mano alla polizia.
Ma dentro di sè gioisce per l’unico compito che è riuscito a portare a termine. Uccidere l’invasore, per liberare la sua amata Serbia.
Ed arriviamo al racconto su William S. Burroughs, affidato alla voce di un suo ipotetico amante che di lui racconterà ad un cliente durante un incontro. Burroughs, scrittore e pittore statunitense è di famiglia benestante,che lo sosterrà economicamente sempre; nonostante non accetti la sua omosessualità e la dipendenza da droghe via via sempre più forti. E una vita costellata di eccessi, poca voglia di lavorare, tanti amanti e due mogli.
La voce narrante ci svela come, durante un gioco pericoloso, in una serata all’insegna della droga, lo scrittore proverà a fare Guglielmo Tell posizionando una mela sulla testa della moglie e cercando di colpirla con una pistola. Ma a venire colpita sarà la moglie stessa. Da questo evento tragico, paradossalmente comincerà a scrivere e a creare i suoi romanzi più famosi.
L’ultimo racconto è dedicato al bravissimo quanto sfortunato Sàndor Màrai.
E’ arrivato il momento di raggiungerti, la chiamata alle armi. E’ il mio ultimo viaggio, il più bello. La meta sei tu, Lola.
Assistiamo al dialogo fra un improbabile becchino, che occupatosi delle esequie dello scrittore, seduto al tavolo di un bar con un’amica le racconta brevemente la storia di Marai e le svela un segreto chiedendole un consiglio.
Màrai ha perso l’amata moglie tre anni prima e un anno dopo il loro unico figlio adottivo. La vita dello scrittore è costellata di morti familiari ed è rimasto completamente solo. Ormai il suo unico pensiero è raggiungere la sua amata compagna di una vita. E con questo intento compra un revolver con cui metterà fine alla sua esistenza.
E così Carlo Floris riesce magistralmente, in questi sei brevi ma intensi racconti, ad unire sei storie che parlano apparentemente solo di morte; ma che a parer mio sono in assoluto delle storie d’amore. Gesti forti, tragici, discutibili sicuramente, ma che parlano d’amore. Che sia amore per l’arte, per la scrittura, per la propria terra, per un uomo o una donna, poco importa.
Editore: Scatole Parlanti (30 luglio 2020)
Lingua: Italiano
Copertina flessibile: 84 pagine
ISBN-10: 8832812991
ISBN-13: 978-8832812992
Link di acquisto cartaceo: Sei colpi di pistola