Articolo a cura di Antonella Sacconi
Premessa storica
Nel 1684 si costituisce una coalizione di potenze cristiane contro i Turchi. La Lega aveva avuto la sua spinta maggiore da parte dell’Austria che, soltanto un anno prima, si era trovata a respingere gli Ottomani dalle mura di Vienna. Anche Venezia ha aderito al patto con la ferma intenzione di combattere il nemico della cristianità e di riconquistare i domini perduti in quel Levante Mediterraneo dopo la lunga guerra conclusasi con la resa di Candia del 1669.
Il comando viene affidato a Francesco Morosini (già noto per la sua militanza contro i Turchi) che parte da Venezia l’8 giugno 1684 e fa rotta verso l’Egeo.
L’azione delle milizie di S. Marco, coadiuvate da soldati della Dalmazia, dell’Albania, dell’ordine di Malta, da contingenti pontifici, francesi e da un piccolo gruppo di toscani, è rapida e precisa e ben presto la Morea (Peloponneso) viene liberata. Dopo molte discussioni si delibera di procedere alla conquista di Atene e il 21 settembre 1687 una parte della flotta veneziana approda al porto del Leone (attuale Pireo).
I Turchi, presi di sorpresa, si rifugiano sull’Acropoli in attesa di aiuti da Tebe.
Si cerca di negoziare la resa senza l’uso delle armi ma il nemico rifiuta e così ci si dispone al bombardamento degli assediati. Battere con l’artiglieria l’acropoli significava metterne in serio pericolo i suoi monumenti, in primo luogo il Partenone che la sera del 26 settembre 1687, colpito da una “bomba” (così definita nei manoscritti) lanciata dagli assedianti, salta in aria perché usato dai Turchi come polveriera.
La conquista veneta di Atene, sebbene sia stata un’impresa militare (assai discussa culturalmente per la ferita del bombardamento del Partenone), ha rivelato l’interesse per i monumenti di Atene di alcuni membri dell’armata che nei loro dispacci, lettere, diari di viaggio ci forniscono notizie interessanti (anche se non sempre precise).
Accanto ai documenti scritti fiorì una corsa al “souvenir” da riportare in patria e per questo motivo alcuni originali greci provenienti da quella conquista lasciarono Atene e si ritrovano oggi in luoghi diversi.
Eccoci, quindi, alla storia dei leoni marmorei che si trovano di fronte all’Arsenale di Venezia; storia strettamente collegata all’impresa di Atene
I leoni marmorei dell’Arsenale, tutti originali greci a vista, sono la testimonianza della presenza veneta nel Levante mediterraneo nei secoli XVII e XVIII. Sono quattro ma solo tre sono riconducibili all’impresa di Francesco Morosini ad Atene e provengono dall’Attica.
Leone cd. del Pireo (IV a.C)
Mastino o Pseudo-molosso del Maestro del Ceramico ( 320 circa a.C)
Leone cd. dell’ Hephaisteion (IV a.C)
Il quarto proviene dall’isola di Delo ed è arrivato a Venezia nel ‘700.
Leone di Delo (VI a.C)
LEONE DI DELO
Il leone o leonessa, il più antico (VI secolo a.C), proviene dall’isola di Delo. La testa, sproporzionata, è stata aggiunta a Venezia nel XVIII sec. L’ originale è più piccola come quella degli esemplari ancora in situ nell’isola omonima (terrazza dei Leoni)
Nelle Vedute veneziane di Michele Marieschi (1741) compare l’ingresso dell’Arsenale con questo leone
Nel 1° decennio del XVIII sec. una nave veneziana comandata dall’ammiraglio Pisani, in rotta verso le Cicladi, si era fermata a Delo per rifornirsi di acqua. Da qui sarebbe stato prelevato il leone. Fu collocato all’Arsenale con un’epigrafe Anno Corcyrae liberatae verso il 1716 per celebrare la vittoria dei Veneziani sui Turchi che avevano assalito l’isola proprio intorno a quell’anno.
Leone del Pireo
Il cd. Leone del Pireo (IV sec. a.C) (marmo probabilmente pentelico), misura 3,80 m. di altezza e ha sulla base un’ epigrafe in latino che lo ricollega all’impresa di Morosini.
FRANCISCVS MAVROCENVS PELOPONNESIACVS
EXPVGNATIS ATHENIS MARMOREA LEONUM
SIMULACRA TRIVMPHALI MANV E PIREO DI-
REPTA IN PATRIAM TRANSTVLIT FVTVRA
VENETI LEONIS QVAE FVERUNT MINERVAE
ATTICAE ORNAMENTA
La collocazione all’Arsenale avvenne nel 1688 come risulta dai documenti d’archivio. Le epigrafi furono eseguite in bronzo (come si vede da un’incisione in un volume di Coronelli) e poi distrutte alla fine del ‘700. Vennero riscritte nel marmo della base e vi si può leggere chiaramente il collegamento dei leoni con l’impresa di Morosini.
Al Pireo viene descritto da molti viaggiatori: la sua originaria ubicazione doveva essere in fondo al porto (che si chiamava proprio Porto del Leone) all’inizio della strada verso Atene.
In un manoscritto di un anonimo conservato a Cheltenham si vede bene la collocazione del leone.
Sembra sia stato elevato come statua commemorativa per le battaglie di Maratona o Salamina.
Le iscrizioni sui fianchi del leone (quasi illeggibili) sono datate all’XI sec. Sono da riferirsi ai Variaghi o Vareghi, mercenari scandinavi al servizio dell’imperatore bizantino. Fino a metà dell’800 si leggeva una cifra 1458 seguita da una frase che segnava il passaggio di un viaggiatore ad Atene . Per quanto riguarda il significato dell’iscrizioni uno degli studiosi più importanti di scrittura runica S. Bugge afferma che non è possibile fornire una decifrazione esatta perché l’iscrizione è troppo rovinata.
Il leone compare nelle descrizioni di Atene di diversi periodi ma non lo descrive Morosini che, dopo aver visto cadere al suolo il gruppo scultoreo centrale del frontone occidentale del Partenone che voleva portare in patria come trofeo, nel dispaccio del 19 marzo 1688 in cui descrive l’accaduto accenna ad un sostituto “Ho destinato prendere in ogni modo una leonessa di bellissima struttura benché difettosa della testa la quale si potrà perfettamente accomodare col pezzo di marmo che seco sarò per trasmettere”. Sembra improbabile che il “Generale da Mar” si riferisca qui al leone del Pireo che , prima di tutto ha la criniera, ed era molto conosciuto al punto tale da dare il nome al porto di Atene già noto come “porto del Leone” già dal 1318. C’è da dire poi che nei disegni del tempo appare con la testa e effettivamente il leone del Pireo non è mancante di questa ma ha subito il restauro del muso tanto che nel 1743 lo scultore Zanetti parlando dei leoni dell’Arsenale dice a proposito delle teste “quando non ve ne e’ che una di antica” cioè quella del primo (il leone del Pireo).
Qual è allora questa leonessa ?
Mastino o Pseudo-molosso
Si è pensato al “leone” piu’ piccolo in marmo imettio che però è stato riconosciuto alla fine degli anni ‘60 come mastino. Secondo lo studioso Vermeule, che lo data intorno al 320 avanti Cristo, Morosini l’avrebbe prelevato privo della testa e scambiato per un leone vista la posa accucciata, forse dall’area di tombe vicina alle pendici occidentali dell’Acropoli. La testa fu restaurata a Venezia come quella di un felino, mentre l’originale (cranio canino) è stato ritrovato a Atene negli anni ’60. Viene menzionato nelle guide del 1705 (Martinelli). Certo non è la leonessa di bellissima struttura di cui ci parla Morosini.
La leonessa potrebbe essere allora un’ altra scultura marmorea mai giunto a Venezia e scomparsa magari in un naufragio oppure Morosini poteva riferirsi all’altro leone di marmo accucciato che, però, ha la criniera.
Leone cd. dell’ Hephaisteion
Questo leone (IV sec. a.C) ha una scritta sulla base che lo classifica come trofeo veneto ma nell’epigrafe originariamente in bronzo recava scritte (lo sappiamo dai documenti ) le parole anno salutis 1687; parole che si sono perse nell’attuale trascrizione in marmo.
ATHENIENSIA VENETAE CLASSIS TROPHAEA
VENETI SENATUS DECRETO
IN NAVALIS VESTIBULO CONSTITUTA
(ANNO SALUTIS M.DC.LXXXVII)
In alcuni disegni che riproducono la città di Atene del XVII secolo esso viene raffigurato oltre il Tempio di Efesto (Hephaisteion) e lo studioso Babin nel 1672 ci parla del leone segnalando il foro praticato nella testa che aveva fatto pensare a un suo uso come fontana.
La testa è di restauro e ce lo dice lo scultore Zanetti; questo fatto può far avanzare l’ipotesi che Morosini abbia prelevato il leone già privo della testa e, non preoccupandosi dei resti di criniera sul petto, l’abbia preso per una leonessa forse per la posa accucciata. Nel documento del 5 gennaio 1688 si parla del restauro alla scultura in qualche parte che fosse difettosa e ciò potrebbe riferirsi alla testa di questo leone con il pezzo marmoreo inviato dal Morosini visto che il marmo di questa concorda perfettamente con quello del corpo.
Significativa infine e’ l’ubicazione dei due leoni più grandi nell’antica Atene perché segnavano il punto di partenza e il punto di arrivo dell’ importante strada che connetteva il porto del Pireo al settore occidentale della città.
Articolo tratto da
Antonella Sacconi, L’avventura archeologica di Francesco Morosini ad Atene (1687-1688), Giorgio Bretschneider Editore
Curiosissimo. Le spoglie dei vinti sono sempre state preda dei vincitori e quest’articolo ben si conduce a questo sistema. Si voleva addirittura cancellare la storia del vinto per far sì che non esistendo non ci fosse gloria passata su cui ricostruire la propria patria. Ci sono ancora queste cose nel mondo di oggi.