Recensione a cura di Maria Marques
Cresciuta a Firenze e a Roma – città che simboleggiano il bello, la cultura, le arti ai massimi livelli -, ho respirato queste cose insieme all’aria. Inoltre provengo da una dinastia di mecenati, grandi collezionisti, innamorati della bellezza e del fasto –oltre a essere mercanti e banchieri, come spesso hanno sottolineato i cortigiani e Maria Stuart. Nelle vene mi scorre l’amore per le meraviglie del mondo.
Cosi, nella prefazione al saggio, si presenta Caterina de’ Medici. Un lasciapassare di primo ordine per questa regina oggetto, troppo spesso, nel passato di una visione attraverso una lente deformante di una storiografia a lei avversa. La rivalutazione della Medici, lo studio della sua vita e del suo agire di donna, sovrana e governatrice della Francia, è stato oggetto d’interventi da parte di storici illustri e il saggio di Alessandra Necci, si inserisce in questo filone, portando alla luce, per quanto consentito, la vera Caterina, scostando gli abiti vedovili che indossò per una buona parte della vista e lasciandola conoscere: moderna, affascinante e attraente. A onore del vero, attraente fisicamente Caterina non lo fu mai. Ne usci perdente dal confronto con l’amante ufficiale del marito, Enrico, la bella, algida e calcolatrice, Diana di Poitiers.
Eppure Caterina fu affascinante e, se non fu compresa dai contemporanei, come accadde a molti altri personaggi, agli occhi di un appassionato di storia non può sfuggire la sua versatile intelligenza. Figlia non solo di quel fulgido periodo che fu il Rinascimento, ma anche nipote del grande Lorenzo de Medici, seppe riunire, grazie ad una educazione raffinata e capacità intellettuali non comuni, il meglio di quel periodo accompagnato dallo sguardo unico e lungimirante che appartenne al suo illustre avo, mutuato attraverso un attento studio di una corte e di un paese che non le appartenevano per nascita.
L’ingresso nel mondo di Caterina, il 13 aprile 1519 non fu dei più rosei perché si accompagnò alla morte della madre e il mese successivo, a quella del padre e, se aggiungessimo, la fosca previsione di un astrologo: “Questa bambina sarà causa di tremende sventure” si potrebbe pensare che tutta la leggenda nera che avvolse la sua figura, non fosse poi così lontana dalla realtà. La Duchessina, così come venne chiamata mutuando il titolo del padre, divenne una pedina nelle mani del papa Clemente VII, al secolo Giulio de Medici, suo zio, cui non mancò la scelta per una alleanza matrimoniale che si concretizzò in un matrimonio con il secondogenito del re di Francia. Da questo momento in poi, Caterina si troverà spinta su un palcoscenico su cui dovrà agire con la consapevolezza della propria inferiorità, perché il titolo nobiliare che detiene è nullo al confronto del marito e dei grandi di Francia. Sarà definita spregiativamente, dalla nobiltà francese, “figlia di banchieri” ma nessun sentimento lascerà trapelare:
È meglio essere creduti più deboli, inesperti e sciocchi di quello che si è. Mi sono messa una maschera sul volto, ho dissimulato ciò che provavo, cercando spesso di passare inosservata, rendermi invisibile. Non ho bisogno di esibire l’intelligenza né di far capire che so, che noto e memorizzo ogni cosa. Tanto meno di palesare obiettivi e intenzioni.
Nulla le è regalato, tutto dovrà costruirselo da sola, in un paese a lei straniero, di cui parlerà la lingua per tutta la vita con accento italiano, senza mai arrendersi, senza mai cedere, caparbia, volitiva e instancabile sino alla fine.
L’apprendistato dietro le quinte di Caterina durò per più di vent’anni, suo mentore inconsapevole fu il suocero, Francesco I, cui fu legata da affetto e stima reciproca. Venti anni non facili, fatti di dissimulazione, di sorrisi amari e di dolorosa pazienza, riuscendo sempre a celare quanto dovesse agitarsi nel suo animo; umiliata e relegata nel ruolo di fattrice di una dinastia che dopo aver tardato per anni a nascere e di cui le fu attribuita la colpa, riuscì infine a perpetuarsi in dieci piccoli Valois, dalla salute delicata e alcuni destinati a morire prima di lei.
Possiamo solo immaginare che lampi si celassero dietro le palpebre pesanti di Caterina, lei che, pur amando i figli era costretta a cederli a Diana di Poitiers che si occupava dei piccoli principi, scegliendo balie, governanti con il beneplacito del re, ignorando la regina consorte, finché accadde l’imprevedibile. Il re Enrico II morì nel 1559 in seguito alla ferita riportata in un torneo, lasciando un erede non pronto per il ruolo che lo attendeva e soprattutto debole fisicamente che sarebbe stato preda facile dei principi di sangue, in lotta tra loro, non solo per il potere ma anche per il credo religioso: ugonotti e cattolici. Da Caterina che “non ha una posizione giuridica e formale definita, né può vantare un potere derivante dalla linea di sangue, o da una propria rete di feudatari e clientes…”, i maggiorenti del regno si aspettarono una posizione defilata, come quella mantenuta sino a quel momento e, invece, “la figlia di mercanti e banchieri” fece un passo in avanti sul palcoscenico e si dimostrò un’attrice eccellente. Liquidò l’odiata Diana senza nessuna vendetta, come altrimenti ci si sarebbe potuti aspettare, ridimensionando la sua persona come un granello di polvere. Qui, s’intuisce l’intelligenza di Caterina e il suo orrore verso la vendetta,” lo spargimento di sangue, lo sperpero di vite umane, i massacri, la violenza per la violenza”. Da quel momento in poi guiderà il regno come “governante di Francia” affiancando i figli che si succederanno sul trono.
Moderna, diplomatica, amante del compromesso. La sua lunga vita sarà spesa a lavorare per la corona viaggiando infaticabilmente per tutto il paese, affrontando situazioni disagevoli e momenti drammatici. Difficile condensare, al di là dei semplici dati biografici facilmente reperibili, il collage articolato creato dall’autrice che spazia dalla politica interna ed estera, complicata e mutevole che s’innesta in una vita che fu il perno di un paese intorno al quale ruotarono veramente principi, nobili, notabili che tentarono in tutti i modi di imporsi, di prevaricare e imprimere una direzione.
I Guisa, i Borbone, i Montmorency, i Coligny, i Condè, si scontreranno, negli anni, per imporre ai sovrani, la propria linea politica, in mezzo a massacri perpetuati in nome della religione che giungeranno al drammatico epilogo di un’incapacità di convivenza pacifica che, invece Caterina, era in grado già di vedere, ma non di realizzare. La strage della notte di San Bartolomeo, di cui Caterina sarà indicata come principale responsabile da pamphlet, racconti, romanzi e persino quadri per giungere sino a noi con film e sceneggiati, non è stata mai voluta né dalla regina né dai suoi figli. La notte in cui, in tutta la Francia, furono trucidati un numero imprecisato di ugonotti, ancora oggi è senza colpevoli certi. Nulla rimane mai fermo, tutto muta e mai quest’affermazione si adattò a qualcuno come a questa regina, la sua vita fu un tessere e disfare alleanze, un piegarsi sempre senza cedere mai, anticipare se possibile gli avversari. Un’estenuante capacità camaleontica che non la abbandonò.
Una delle cose importanti nel gioco del potere, è comprendere chi si ha davanti, pesare l’interlocutore in modo da trovare il suo punto debole. Una scienza a cui ho cominciato a esercitarmi quando ero bambina. Non fidandomi dei cosiddetti amici, ho avvicinato i nemici, offrendo loro il ruolo che preferivano in commedia.
Alessandra Necci, come ormai ci ha abituato, fa aprire il saggio da una confessione della protagonista che racconta in prima persona la propria vita toccando i fatti salienti di un’esistenza che è successivamente analizzata in un contesto a tutto tondo, diventando un saggio che spalanca le porte di un periodo e di una nazione che, ricostruita minuziosamente, prende vita e diventa vivida fra luci e ombre. Sostenuta da una poderosa bibliografia, l’autrice riesce a ridare voce, la vera voce forse, a una regina che seppe anteporre sempre la difesa della corona e della famiglia a tutto e tutti. Nel giudizio dei suoi contemporanei la regina fu criticata ,ma la situazione della Francia era troppo delicata e sconvolta dagli avvenimenti interni e esterni, perché si potesse dare il giusto peso al suo ingegno nel tentare di pacificare il regno e mantenerlo coeso o meglio come l’autrice fa dire alla sua Caterina:
Spesso nella vita la scelta non è fra il male e il bene, ma fra un male più grande e uno minore.
Trama
Sovrana dotata di incomparabile ingegno, Caterina de’ Medici è una delle figure più straordinarie del Cinquecento. Mal compresa e avversata da contemporanei e posteri, la sua personalità complessa si presta a innumerevoli e controverse interpretazioni. Tra luci e ombre, Alessandra Necci restituisce un ritratto inedito di una geniale mente politica, che sembra incarnare il Principe al femminile, capace di trovare un equilibrio tra Fortuna e Virtù, maestra nel valorizzare le caratteristiche della patria d’origine, l’Italia rinascimentale, e le opportunità offerte dalla patria d’adozione, la Francia dei Valois. Nata a Firenze nel 1519, rimasta orfana, dopo un’infanzia di privilegi e sofferenze arriva a Marsiglia nel 1533 per sposare il secondogenito del re Francesco I, Enrico di Valois il quale, però, non ha occhi che per la sua amante Diane de Poitiers. La consapevolezza di dover contare solo sulle proprie forze la rende imperscrutabile e guardinga e ne esalta la capacità di autocontrollo, l’intelligenza politica, la tenacia; talenti compresi unicamente dal suocero. Dopo anni di subalternità, «la Fiorentina» si prende la sua rivincita quando, scomparso Enrico, governa in nome dei figli ancora piccoli. Il suo regno durerà circa trent’anni, insanguinati dalle guerre di religione fra cattolici e ugonotti: anni durante i quali, spinta dalla volontà di pacificare il paese e rafforzare il potere della Corona, viaggia, tesse rapporti e alleanze, mette in scena a corte «la rappresentazione della regalità», ponendo le basi per la nascita della Francia del Grand Siècle. Tra vicende personali di una figura cardine della storia europea e intrighi dinastici, lo stile inconfondibile e l’abilità narrativa di Alessandra Necci fanno rivivere il clima di un’intera epoca.