Articolo a cura di Sabina Marineo
Alcuni mesi dopo la morte di Mazzarino si verificò un avvenimento senza precedenti che, cosa non meno singolare, fu ignorato da tutti gli storici. Si condusse in gran segreto alla fortezza dell’isola di Santa Margherita, nel mare di Provenza, un prigioniero sconosciuto di altezza superiore alla media, giovane e dal portamento nobile e fiero. Questo prigioniero portava durante il viaggio una maschera il cui sottogola era munito di molle d’acciaio che gli permettevano di mangiare pur tenendo la maschera sul volto. Era stato ordinato di ucciderlo nel caso in cui egli si scoprisse. Il prigioniero rimase sull’isola fino a quando un ufficiale di fiducia di nome Saint Mars, governatore di Pinerolo, essendo stato nominato nel 1690 governatore della Bastiglia, andò a prenderlo e, dall’isola di Santa Margherita, lo condusse, sempre mascherato, alla Bastiglia.
Il marchese di Louvois gli fece visita sull’isola prima del trasferimento. Lo sconosciuto venne portato alla Bastiglia, dove fu alloggiato nel modo più comodo possibile per quella fortezza; non gli si negava nulla di ciò che chiedeva. Egli prediligeva la biancheria di straordinaria eleganza e i pizzi. Suonava la chitarra, veniva trattato con il massimo rispetto, e il governatore si sedeva raramente davanti a lui. Un vecchio medico della Bastiglia che lo curò diverse volte disse di non aver mai visto la sua faccia, nonostante ne avesse esaminato la lingua e il resto del corpo. Secondo il medico egli aveva una bellissima figura, la pelle un po’ scura, un timbro di voce che risvegliava interesse in chi lo ascoltava. Non si lamentava della propria situazione e non faceva niente per svelare il suo segreto.
Questo sconosciuto morì nel 1703 e fu sepolto nella parrocchia di Saint Paul durante la notte. Ciò che stupisce maggiormente è il fatto che quando lo sconosciuto fu mandato sull’isola di Santa Margherita in Europa non scomparve nessun uomo importante.”
Il testo, tratto dal venticinquesimo capitolo de “Le Siècle de Louis XIV” di Voltaire, ha tramandato l’enigma dell’Uomo dalla maschera di ferro alla posterità.
Correva l’anno 1751, ma Voltaire s’era imbattuto nel singolare episodio già prima del 1738. Durante i suoi soggiorni forzati alla Bastiglia – vi fu rinchiuso due volte –, il letterato aveva avuto la possibilità di raccogliere testimonianze sul prigioniero. L’affare lo coinvolse in una serie di indagini che sarebbero continuate per anni.
Presto Voltaire dovette arrendersi all’evidenza: si trattava di un segreto di Stato talmente ben custodito, che non sarebbe mai riuscito a venirne a capo appoggiandosi a prove concrete. Poteva soltanto formulare delle ipotesi. Alla fine optò per la teoria che identificava lo sconosciuto con il fratello gemello di re Luigi XIV. La motivazione presentata dallo scrittore si basa su di una logica schiacciante: se si voleva nascondere il volto del detenuto, ciò significa che i suoi lineamenti dovevano essere noti a molte persone. In un’epoca in cui la fotografia non esisteva, le facce celebri erano poche, e la più famosa di tutte apparteneva al re di Francia.
Del resto Voltaire non era stato il solo a dover capitolare. Una dama influente e curiosa si era trovata dinanzi alla stessa barriera quarant’anni prima di lui: la principessa palatina Liselotte von der Pfalz. E, se il letterato aveva potuto attingere alle testimonianze della Bastiglia, la principessa aveva avuto l’opportunità di indagare direttamente nell’entourage di colui che conosceva l’identità del prigioniero: Luigi XIV.
Liselotte era la cognata di Luigi. Aveva sposato il fratello del re, il duca Filippo d’Orléans. Amante della vita all’aria aperta, mentre il consorte dava la caccia ai bei giovani di corte, la sportiva Liselotte cacciava invece in groppa al suo cavallo nei boschi di Versailles, insieme al monarca. La passione per lo sport e la buona tavola aveva unito i due nobili in un’amicizia sincera. Se, dunque, la principessa s’era messa in capo di scoprire l’identità del prigioniero mascherato, si trovava di certo nella posizione più favorevole per poterlo fare.
Liselotte amava scrivere, la sua penna vivace ci ha lasciato un’ampia corrispondenza che rispecchia la vita di corte. Una lettera del 1711, indirizzata alla principessa di Hannover, recita:
Se qualcuno è stato portato alla Bastiglia non si sa, né a corte né in città. Ma la cosa è ancora più strana: un uomo è stato per lunghi anni nella Bastiglia e vi è morto probabilmente mascherato; due moschettieri gli stavano accanto con l’ordine di ucciderlo se egli si fosse tolto la maschera. Mangiava e dormiva mascherato. Non deve essersi trattato di un’ingiustizia, perché per il resto lo si è trattato bene, ben alloggiato, e gli si è dato tutto ciò che desiderava. Faceva la comunione mascherato, era molto devoto e leggeva sempre.
Non si è mai potuto scoprire chi era quest’uomo.
Nemmeno lei era riuscita a togliere la maschera all’imbastigliato, nonostante avesse indagato a corte e soltanto otto anni dopo la morte del misterioso personaggio.
Ma chi era l’Uomo dalla maschera di ferro? Secondo il testo di Voltaire si trattava di un nobile coltivato, molto elegante. In un’edizione successiva de “Le Siècle de Louis XIV” Voltaire apportò altre informazioni:
Tale prigioniero era sicuramente una personalità importante (…)Il governatore poneva di propria mano i piatti sul tavolo del detenuto e si ritirava dopo aver chiuso la porta della cella.
Prima di essere trasferito alla Bastiglia, l’Uomo dalla maschera di ferro fu rinchiuso per alcuni anni nella fortezza dell’isola di Santa Margherita, presso Nizza, sotto la sorveglianza del governatore Saint Mars. Un cugino del governatore Saint Mars di servizio sull’isola, l’ufficiale Blainvilliers, riuscì a spiare la Maschera nascostamente. Blainvilliers riferisce:
(…) aveva un volto pallido, la figura alta e ben proporzionata, con le gambe un po’ grosse in basso, i capelli bianchi, anche se non sembrava molto vecchio.
Dunque il prigioniero doveva avere un’età matura allorché raggiunse Santa Margherita, e cioè prima di essere trasferito alla Bastiglia. Non era il giovane di cui parlava Voltaire, forse ingannato dal particolare del “portamento fiero”.
Ma qual è stato, esattamente, l’iter di quell’odissea tormentata che sospinse l’infelice da una prigione all’altra per ben trent’anni? Pinerolo, Exiles, Santa Margherita, Bastiglia. Ogni carcere doveva essere ristrutturato prima del suo arrivo. Affinché l’isolamento fosse totale, venivano sempre costruite tre porte di accesso alla sua cella, mentre all’interno di essa la finestra doveva essere munita di tripla inferriata. La corrispondenza intercorsa tra Luigi XIV, Saint Mars e il ministro alla Guerra Louvois circa la detenzione della Maschera e che possediamo tutt’oggi, riporta somme enormi, spese per mantenere in vita lo sconosciuto in modo principesco e nel più grande segreto.
La prima tappa fu, quindi, Pinerolo. Nella fortezza piemontese – più tardi distrutta – l’Uomo dalla maschera di ferro iniziò la sua detenzione. E sin dall’inizio era sotto la sorveglianza del governatore Saint Mars, il quale veniva profumatamente pagato per questo servizio.Voltaire non lo sapeva. Egli era convinto che lo sconosciuto fosse apparso per la prima volta a Santa Margherita, e cercava quindi di individuare la sparizione di un personaggio importante dalla scena europea con una decina d’anni di ritardo. Senza essere al corrente di Pinerolo, né Voltaire né la principessa palatina potevano risolvere l’enigma.
La prova storica che collega la Maschera alla fortezza piemontese, ci viene fornita da un carceriere della Bastiglia, il luogotenente du Junca. Quest’uomo coscienzioso riportava sistematicamente in un registro l’entrata e l’uscita di ogni prigioniero dal castello. E all’arrivo della Maschera – nel 1698 – du Junca scrisse:
Giovedì 18 settembre alle tre del pomeriggio è arrivato il signore di Saint Mars, nuovo governatore del castello della Bastiglia, proveniente dalle isole di Santa Margherita e Honorat, portando con sé nella sua lettiga un vecchio prigioniero che egli custodiva già a Pinerolo. Questo prigioniero è sempre mascherato e nessuno ne conosce il nome.
Ecco la tessera mancante: l’arrivo di un vecchio prigioniero mascherato che Saint Mars custodiva già a Pinerolo. E chi custodiva Saint Mars, ex moschettiere del re e buon amico del famoso D’Artagnan, a Pinerolo? Un prigioniero più che prominente, la cui maschera celava un volto celebre almeno quanto quello del monarca: Monsieur Nicolas Fouquet, ex sovrintendente alle Finanze. Questi fu arrestato nel 1661 proprio dall’ufficiale D’Artagnan, sotto accusa di malversazioni e alto tradimento. In seguito ad uno spettacolare processo durato tre anni, il nobile fu condannato dal re al carcere a vita. Nel 1664 Fouquet giunse a Pinerolo, accompagnato dallo stesso D’Artagnan.
Il re aveva proposto a D’Artagnan di stabilirsi a Pinerolo ed assumere la custodia di Fouquet fino alla morte di questi. Sarebbe stato ben pagato, e regolarmente. Ma il moschettiere, ombra costante del sovrintendente per tutta la durata del processo nonché suo accompagnatore da una prigione all’altra, si sentiva ormai legato a Fouquet da un rapporto d’amicizia, e rifiutò. Il re non se la prese. Affidò l’incarico ad un altro ufficiale fidato: Saint Mars, che sarebbe rimasto perpetuamente accanto al prigioniero.
All’inizio Saint Mars fu il custode di Monsieur Fouquet, poi divenne il carceriere dell’Uomo dalla maschera di ferro. Infatti a Pinerolo l’ex sovrintendente alle Finanze perse la propria identità e sparì per sempre dietro quella maschera che poi in realtà non era di ferro, ma di velluto. (N.d.A.: la maschera di ferro veniva indossata soltanto durante gli spostamenti da un carcere all’altro). Vediamo come.
Ufficialmente Nicolas Fouquet sarebbe morto nella fortezza piemontese nel marzo 1680 in preda a convulsioni e mal di cuore: si trattava di una messinscena, una misura di sicurezza. Prima di cadere in disgrazia, l’ex sovrintendente era stato l’uomo più potente di Francia, un mecenate ricchissimo dalle amicizie influenti, strettamente legato alla misteriosa Compagnie du Saint Sacrement, confraternita che si opponeva al potere del monarca e operava in segreto contro la corona. Nel corso del processo, da brillante avvocato qual era, Fouquet si era difeso egregiamente e aveva finito per conquistare le simpatie dell’opinione pubblica. A Pinerolo, e dopo vent’anni di carcere, era divenuto ormai un eroe. L’ex sovrintendente aveva scontato abbastanza, le suppliche di grazia e i libelli in suo favore si moltiplicavano a vista d’occhio.
Dunque Luigi XIV si vide costretto ad alleggerire la pena di Fouquet, ma sapeva che anche questo non sarebbe bastato: l’opinione pubblica, l’influente famiglia, i potenti signori che reclamavano dall’Olanda e dall’Inghilterra, tutti esigevano il rilascio del nobile. Prima o poi il re avrebbe dovuto cedere alle suppliche sempre più insistenti. Vi era soltanto una possibilità: prospettare la liberazione di Fouquet per calmare le acque, e poi inscenare una morte improvvisa togliendolo di mezzo definitivamente.
Vi sono diversi indizi molto pesanti che parlano in favore di tale procedura: i parenti stretti poterono vedere la salma soltanto un anno dopo il decesso; la notizia della morte fu diffusa ancor prima che Fouquet fosse spirato; le suppliche di parenti e amici stretti continuarono ad arrivare anche dopo la “morte” dell’ex sovrintendente; sulla sua tomba parigina i parenti non fecero incidere nemmeno un epitaffio. Ma alcune stranezze sospette si erano verificate già un mese prima del decesso ufficiale di Fouquet.
Senza un motivo apparente, e nonostante l’ex sovrintendente venisse accudito dal fidato servo La Rivière, gli misero al fianco un nuovo valletto, un certo Eustache Dauger. I tre uomini – Fouquet, La Rivière, Dauger – alloggiavano dunque insieme nelle due stanze che costituivano la cella della prigione. Improvvisamente un valletto morì avvelenato. Si fece sparire in fretta il suo cadavere nottetempo e subito si provvide ad isolare Fouquet e l’altro servitore in una torre, di modo che non potessero più essere visti da nessuno. Infine, un mese dopo, si annunciò la morte di Fouquet. Sappiamo dai documenti rimastici che i due prigionieri sopravvissuti furono poi trasferiti da Saint Mars nella fortezza di Exiles. Uno di essi era per certo il vecchio La Rivière. L’altro era – ufficialmente – Dauger.La Rivière morì ad Exiles e Saint Mars, insieme con l’ultimo prigioniero, andò a stabilirsi sull’isola di Santa Margherita. Da questo momento anche il nome di Dauger scomparve per sempre dai registri. Non serviva più. E fu proprio sull’isola che fece la sua apparizione l’Uomo dalla maschera di ferro.
Dunque non vi è altra possibilità: la Maschera era uno dei tre detenuti di Pinerolo, e se consideriamo che La Riviére morì ad Exiles, mentre il vero Dauger era morto avvelenato durante la notte a Pinerolo, l’unico che può aver seguito Saint Mars sino all’isola di Santa Margherita e poi alla Bastiglia è Nicolas Fouquet. Una domanda rimane: perché Luigi XIV lo voleva vivo e incarcerato per tutta la vita?
Durante il lungo processo di Fouquet, si parlò di un segreto. Più di una volta il sovrintendente chiese il permesso di poter conferire a quattr’occhi con il re, perché doveva riferirgli cose segrete. Ma la sua richiesta fu sempre respinta. Di che si trattava? Pochi sanno che Nicolas Fouquet si interessava per le scienze occulte. L’ex regina Cristina di Svezia, sua amica e appassionata d’ermetica, s’intrattenne spesso nel laboratorio alchimistico della villa di Saint Mandé, il rifugio del sovrintendente.
Il pittore Nicolas Poussin, noto soprattutto per la sua tela “Les Bergers d’Arcadie” su cui campeggia il misterioso sarcofago di pietra recante l’iscrizione latina “Et in Arcadia ego”, era in contatto con il fratello del sovrintendente, Louis Fouquet. E questo Louis, membro della Compagnie du Saint Sacrement, scrisse nel 1656 la famosa lettera inviata da Roma al fratello Nicolas, in cui parlava di un segreto che Poussin gli voleva rivelare, un segreto della massima importanza che “anche i re avrebbero voluto conoscere”. Ebbene, questo segreto fu la rovina del sovrintendente.
Nel novembre 1703 l’Uomo dalla maschera di ferro spirò alla Bastiglia e fu seppellito nel cimitero parigino di Saint Paul. Sul registro di du Junca e sul libro parrocchiale si riportò un nome falso, cancellando irreversibilmente l’identità del prigioniero.
Alcuni mesi prima, in agosto, una gran dama si era recata alla fortezza dal carceriere du Junca. Si trattava di Madame de Sevigné, ex amante di Nicolas Fouquet. È probabile che la nobildonna fosse venuta a sapere dall’amica Madame de Saint Mars, che dietro la maschera di velluto si celava il volto del povero Nicolas. Forse aveva udito che il vecchio Nicolas era molto malato, e voleva vederlo per un’ultima volta.Tre anni dopo la morte del prigioniero sconosciuto, spirò anche du Junca. Avvelenato. Solo. Lo stesso chirurgo che aveva riscontrato le cause di decesso dell’Uomo dalla maschera di ferro, visitò la povera salma del carceriere. Forse qualcuno era venuto a sapere che du Junca aveva “parlato”, rivelando a Madame de Sevigné il nome di Nicolas Fouquet?
Il longevo monarca, l’irriducibile Re Sole, sopravvisse i protagonisti di questa vicenda incredibile. Nel 1685, dopo la morte ufficiale di Fouquet, Luigi XIV era riuscito finalmente a ritrovare la tela di Poussin “Les Bergers d’Arcadie”. L’aveva comprata dal pittore Herault. Da quel momento il capolavoro del maestro classicista rimase per sempre nel suo appartamento personale, sotto chiave, insieme con il tesoro di Stato.
Potete leggere altri articoli di Sabina Marineo seguendo il suo sito: www.storia-controstoria.org
Titolo: L’uomo dalla maschera di ferro
Copertina flessibile: 226 pagine
ISBN-10: 1659592399
ISBN-13: 978-1659592399
Editore: Independently published (12 gennaio 2020)
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Molto interessante. Una nuova affascinante ipotesi sull’identità della Maschera di ferro. Attendibile. Grazie. Sempre notizie interessanti