Trama
Immaginate un giorno di aprile dell’anno 30 della nostra era, quando un uomo della Galilea, tradito dal suo re Erode, abbandonato da tutti i suoi apostoli, condannato dal Sinedrio, viene sottoposto a un orrendo supplizio. Immaginate poi che quest’uomo non muoia sulla croce, poiché un altro illustre membro del Sinedrio, Giuseppe di Arimatea salva e nasconde il moribondo, mentre i sacerdoti del Tempio si incaricano della messa in scena della sepoltura in una tomba e della resurrezione dell’uomo, Gesù di Nazareth, detto il Cristo, il Messia, giusto per provocare una rivolta del popolo ebraico contro i romani.
Recensione a cura di Roberto Orsi
Oggi vi voglio parlare di un libro molto particolare. Nella fase della scelta di una nuova lettura, quel momento bellissimo in cui hai davanti a te tutta la libreria (cartacea o elettronica che sia) e ti lasci ispirare da cover e titoli, capita che il libro ci chiami.
Così, scorrendo l’infinita lista contenuta nel mio kobo, mi sono imbattuto in questo
romanzo di Gilbert Sinouè. La copertina attira ma ancor di più lo fa la trama, almeno per quanto mi riguarda.
Un’ucronia? Può darsi, ma in questo caso chi può davvero dire come siano andate le cose?
L’autore francese di origini egiziane ci racconta
una visione alternativa della vita di Gesù, anzi oserei dire della sua morte. E se il Messia non fosse mai morto sulla croce e quindi nemmeno resuscitato? Un azzardo, una trama che rimanda all’eresia, se fossimo ancora ai tempi dell’inquisizione.
Sinouè sfida il dogma più importante su cui si basa la Cristianità, la resurrezione e la salita al cielo del Cristo che lo rende a tutti gli effetti figlio di Dio.
Giuseppe d’Arimatea e
Nicodemo, due sacerdoti del Tempio, salvano Gesù deponendolo dalla croce prima che la morte sopraggiunga e lo tengono nascosto secondo quanto stabilito con il sommo sacerdote Caifa, capo del sinedrio di Gerusalemme.
Sfruttare l’immagine divina del Cristo per trascinare il popolo ebraico nella lotta contro gli usurpatori romani, costringendolo a comandare la rivolta.
A prescindere dalla trama che può far storcere il naso a molti lettori, perché distante da ciò che siamo abituati a leggere e ciò che ci è stato insegnato, ho trovato questo
libro davvero degno di nota quale tentativo di umanizzazione e avvicinamento del Cristo.
Scrivere fin tanto che la mano troverà la forza di correre sul papiro; scrivere perché vi sia memoria; scrivere per metterli in guardia, poiché sento giungere la tempesta; scrivere, affinchè coloro che mi leggeranno comprendano che io non ho voluto nulla di ciò che essi vorranno.
Sono queste le parole di apertura di Gesù che come un evangelista mette in forma scritta la sua vita e gli insegnamenti che ha voluto trasmettere e che spesso sono stati travisati. Il libro si trasforma in
un viaggio tra gli eventi più importanti raccontati nei Vangeli. Così il lettore si trova ad assistere alla
guarigione di Lazzaro o all’episodio della buona samaritana, e ancora all’intervento del Cristo nei confronti di un’adultera, ormai condannata alla lapidazione, quando pronunciò la famosa frase “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
Gli insegnamenti di Gesù alle folle che lo seguivano, l’adorazione da parte dei discepoli disposto a seguirlo in lungo e in largo per la Galilea e le terre del Medio Oriente, vengono raccontati con una
prosa semplice ma molto conturbante.
Al di là dell’impostazione romanzesca e della trama alternativa, Sinouè permette al lettore di
soffermarsi sul messaggio cristiano e di riflettere sulla figura del Messia, quale uomo in prima battuta e come predicatore poi. Un messaggio rivoluzionario per i cuori delle persone, una rivoluzione che deve prima partire dal proprio io.
Cambiare le cose. Abbattere per ricostruire. Penetrare nel cuore degli esseri umani, coltivare campi a maggese perché nasca una terra nuova. Distruggere per ricostruire perché nessuno metterebbe una pezza di tessuto nuovo su un abito vecchio, altrimenti si rovinerebbe tutto il vestito.
Cambiare le cose dall’interno prima di poterlo fare esternamente. Essere pronti ad accogliere il cambiamento, in un terreno fertile, quello della propria anima.
L’amore è molto più importante di tutti gli olocausti e di tutti i sacrifici. Per cambiare il mondo, l’uomo ha il dovere di fare un passo oltre, di elevarsi più in alto.
Libri su Gesù e il suo calvario finale ne sono stati scritti molti. In questo caso l’autore regala
un testo che si discosta dal romanzo storico in sé, per dare più spazio ai pensieri e alle intenzioni del Cristo.
Le conversazioni di Gesù con i suoi “carcerieri” sono toccanti e cariche di significato. Insegnamenti lasciati ai posteri con un senso di scoramento del Cristo che ha capito come l’umanità probabilmente disattenderà le sue parole.
L’infallibilità dell’uomo che si manifesta al divino con tutta la sua prepotenza.
Io ho parlato di pace e loro faranno la guerra, e la faranno nel mio nome. Ho parlato d’amore e loro diverranno scintille che attizzeranno l’odio, e il sangue sgorgherà dal ventre della terra: e lo faranno in nome mio. Ho parlato degli umili e loro si copriranno d’oro, ed erigeranno palazzi. Ho parlato di clemenza e inventeranno nuovi peccati. Ho cercato di liberare l’uomo dall’ingiusto peso di precetti inutili e sterili, e loro diverranno artefici di proibizioni e leggi. Ho paura di questo, lo temo. Voi avete rubato la mia morte, ma chi mi succederà forse mi ruberà la vita.
Copertina flessibile: 245 pagine
Editore: Neri Pozza (27 novembre 2008)
Collana: I narratori delle tavole
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8854502634
ISBN-13: 978-8854502635
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