Curiosità

Sapete chi era mamma Lucia Pisapia?

Lucia Pisapia fu una Mamma premurosa non solo per i suoi due figli ma anche per gli oltre settecento ragazzi di nazionalità diverse che, a partire dal 1943, iniziò a adottare. Ragazzi che avevano una caratteristica particolare: erano tutti morti.

Dal 1943 questa donna, nel silenzio dei riflettori, aveva deciso di dedicare la sua vita al recupero delle  salme dei soldati e dei loro effetti personali. Un’opera umile e tenace compiuta a Cava de’ Tirreni quando i tedeschi della divisione “Hermann Göring” si stavano ritirando lasciando morte e distruzione mentre dall’alto i B24 americani bombardavano senza sosta le colonne tedesche.

Centinaia di cadaveri giacevano insepolti ai lati delle strade e nei campi in balia degli eventi naturali, degli animali e dello sciacallaggio degli uomini. Nessuno si occupava di loro, presi come si era col non facile compito di sfamare i vivi coi pochi mezzi allora a disposizione.

Nessuno tranne Lucia Pisapia.

Sconvolta dalla vista di alcuni ragazzi che giocano al calcio con il cranio disseppellito di un soldato e avendo sognato una radura con otto croci divelte accanto alle quali otto soldati la supplicano di restituire i loro corpi alle proprie madri, Lucia decide di ritrovare e ricomporre, dando loro un nome per poi restituirli alle famiglie, i tantissimi cadaveri di soldati disseminati qua e là nelle campagne o sulle colline attorno a Cava, resti di caduti tedeschi, anglo-americani, marocchini o polacchi, perché lei non guarda la differenza di divise o di bandiere.

Chiede il permesso al sindaco che, dopo aver a lungo tentato di dissuaderla, il 16 luglio 1946 le accorda il permesso e l’aiuto di due becchini che però, poco dopo, rinunciano all’incarico per paura dei troppi ordigni bellici inesplosi spesso accanto ai resti umani.

E così da sola si reca in tutti i luoghi in cui le viene segnalato la presenza di cadaveri. Le ossa recuperate, ripulite dai brandelli di carne e lavate, sono sistemate in cassettine di zinco che Lucia commissiona a sue spese al fabbro del paese. Gli oggetti personali e i documenti che possono favorire il riconoscimento del defunto vengono accuratamente catalogati e poi consegnati al Commissariato.

Per reperire il denaro necessario per quella che ormai è diventata una missione, la donna dà fondo alle scarse finanze familiari e non esita a togliere, per filarla e poi rivenderla, la lana dai materassi, orgoglio e dote delle donne meridionali perché i poveri dormivano sui “sacconi” imbottiti di foglie secche di granturco. I soldi sono necessari a volte anche per indennizzare i contadini per il raccolto devastato dagli scavi nei loro campi.

Le cassette funerarie sono conservate nella chiesetta di Santa Maria della Pietà detta di San Giacomo dove Lucia passa molto tempo a pregare e a piangere per quei poveri giovani così atrocemente e immaturamente defunti.

Alla fine delle operazioni di recupero i corpi ritrovati sono circa settecento.

La sua attività, tanto incessante quanto silenziosa e discreta, è presto scoperta non solo dalla stampa locale ma anche da quella internazionale, in special modo tedesca.

A metà settembre 1951 Lucia, invitata in Germania per il conferimento della Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca, è ricevuta con grande calore e acclamata come “Mama Luzia” e “Mutten der Toten”,(Madre dei Morti).

In quell’occasione si reca a casa della famiglia Wagner per restituire loro l’anello, il portasigarette e l’orologio del figlio caduto in battaglia a 22 anni, provando quella che lei stessa definisce “l’esperienza più dolorosa di tutta la vita”.

Riconoscimenti simili le giungono da Papa Pio XII e dal Presidente Giovanni Gronchi, nel 1959.

Gli ultimi decenni della sua lunghissima vita Mamma Lucia, come ormai viene universalmente chiamata, li trascorre prendendosi cura della chiesetta di S. Giacomo e pregando per quei poveri giovani morti che dice di avere adottato come figli.

Muore a 94 anni il 27 agosto 1982, e da allora la memoria di mamma Lucia è ancora molto vivida, soprattutto a Cava de’Tirreni. A lei è tuttora dedicato un premio destinato alle “donne coraggio” che riescono a fare, anche nel proprio piccolo, la differenza nel mondo.

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