Viaggio nella storia

Il giro delle sette chiese: le tre basiliche fuori le mura (prima parte)

Articolo a cura di Matilde Titone

Via delle Sette Chiese è una strada di Roma che collega via Ostiense, all’altezza della Rupe di San Paolo, a via Appia Antica, presso la basilica di San Sebastiano, intersecando via Cristoforo Colombo e via Ardeatina. Io ci sono cresciuta in questa via, c’erano e ci sono ancora le Suore presso le quali ho frequentato la scuola elementare. Si trova in una zona molto vivace della città, la Garbatella, un quartiere affascinante da visitare possibilmente con una guida. Le case sono piccole a uno o due piani con un giardinetto sul davanti, poi ci sono i palazzi la cui architettura degli anni ’20 del XX secolo è particolarmente interessante. Ma ciò che più rende questo luogo apprezzabile è la sua atmosfera molto romana, ancora popolare veramente, tra vie piccole e alberate, piccole case indipendenti e palazzi al cui centro c’è sempre un cortile alberato, centro di incontri e socializzazione, pullulano mille locali di ristorazione, di tutti i tipi di cibo e pizza a gogò, di musica, di sezioni del vecchio partito comunista oggi Pd e sezioni del vecchio movimento sociale oggi Fratelli d’Italia, da cui proviene la nostra Premier. Oggi parlerò d’altro ma ne consiglio a tutti la visita. Resterete incantati soprattutto in primavera da questo posto magico e vivacissimo.

Mi chiedevo, quando ero piccola e frequentavo la scuola delle Suore del Sacro Cuore di Gesù, quali fossero le sette chiese della via che porta quel nome. Così nel tempo ho scoperto che il nome si riferisce a sette chiese reali e questo nome ha una storia. In origine la via si chiamava Via di S. Sebastiano, nel medioevo prese il nome di Via Paradisi, fino a arrivare alla fine del XVI secolo in cui prese l’attuale nome legato alla pratica del pellegrinaggio del giro delle Sette Chiese che ideò uno sconosciuto sacerdote fiorentino intorno al 1552 il cui nome era Filippo Neri. Oggi si usa dire: fare il giro delle sette chiese, per dire perdere tempo a cercare qualcosa o qualcuno che ci interessa ma non si trova. E in ogni caso le sette chiese esistono, sono locate in Roma e sono bellissime e molto famose.  Sono le quattro basiliche giubilari, S. Pietro in Vaticano, S. Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, S. Paolo fuori le mura, più altre tre che vennero aggiunte in tempi diversi: Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le mura, S. Sebastiano fuori le mura. In tempi moderni S. Sebastiano è stata sostituita con il Santuario del Divino Amore, ma io vorrei portarvi a spasso tra le sette chiese classiche, al Santuario vi ci accompagno ma in un altro giro. E partirei proprio da S. Sebastiano.

S. Sebastiano fuori le mura

Iniziamo il nostro tour da una posizione non centrale, infatti si chiama fuori le mura la chiesa che vi farò vedere, quali mura? Le mura Aureliane che circondano quella che una volta era Roma. Sono la cerchia di mura ultima della città, oggi direi che sono centrali ma una volta non lo erano, erano giustamente come le mura dovevano essere il luogo che racchiudeva nei suoi limiti estremi tutta la città. Ecco S. Sebastiano come S. Paolo e come S. Lorenzo sono state costruite fuori da quella cinta muraria, erano Chiese di oltre città. S. Sebastiano è situata in una posizione mirabile, proprio sulla via Appia Antica, detta la Regina Viarum, cioè la più importante via che i romani costruirono per raggiungere la periferia d’Italia, Brindisi, nell’estremo oriente italiano. E’ una via magica, farci una passeggiata è come fare un salto indietro nel tempo e visualizzare così come per magia, all’improvviso, una strada fatta di basolati levigati dove passano le bighe, le aurighe, i consoli e i comuni cittadini, i contadini i viandanti, circondati da una campagna pianeggiante a perdita d’occhio. Si intravedono in lontananza i colli che circondano Roma, attraversando prati infiniti e ville di una bellezza imbarazzante oserei dire. Fermi in religioso silenzio su questa via si torna a 2300 anni fa, tanti sono i suoi anni, vuol dire vedere le Catacombe, un reticolo di cimiteri sotterranei cristiani, e sentirsi parte del Patrimonio mondiale dell’Umanità come ha decretato l’UNESCO nel 2024.

La Basilica di S. Sebastiano si trova al III miglio della Via Appia Antica. Scusate la digressione ma se iniziamo da S. Sebastiano fuori le mura è impossibile non descrivere il luogo meraviglioso in cui si trova. La basilica mostra oggi l’aspetto che le deriva dagli interventi promossi agli inizi del XVII secolo dal cardinale Scipione Borghese, nipote di papa Paolo V (1605-1621). La facciata è scandita dalle colonne ioniche binate del portico, a tre archi, cui corrispondono le paraste dell’ordine superiore. Nell’interno, a navata unica, si ammira uno splendido soffitto ligneo del Vasanzio con stemmi del cardinale Borghese e di Gregorio XVI Cappellari (1831-1846). In una nicchia sul lato destro, è allocato il celebre Salvator Mundi (Busto del Salvatore), ultimo capolavoro di Gian Lorenzo Bernini. Nella Cappella delle reliquie (1625) si conservano le impronte ritenute dei piedi di Cristo al momento del “Domine quo vadis?”. La leggenda narra che Pietro stava fuggendo da Roma dove lo avrebbero ucciso in quanto cristiano, nella sua fuga incontrò, proprio all’inizio della via Appia, Gesù e sorpreso e stupito gli chiese, Domine quo vadis? (Signore dove vai?) gli fu risposto: Romam, ut iterum crucifigar («A Roma, per essere crocifisso una seconda volta»); l’incontro fece capire a Pietro che doveva tornare a Roma e accettare  la crocefissione. Si conserva nella Chiesa una delle frecce che colpirono San Sebastiano e la colonna del martirio di quest’ultimo. Da una scala situata in quella che, prima della ristrutturazione seicentesca, era la navata destra della chiesa si può scendere al vasto complesso delle catacombe di San Sebastiano.

S. Paolo fuori le mura

La sua storia è lunga e complessa e non ve la ripeterò, venite con me e godetevi i raggi del sole che illuminano la facciata dorata dell’attuale basilica, al tramonto è uno spettacolo rimanere a osservare questo spicchio di Chiesa appoggiato sopra il colonnato decorata con dei mosaici suddivisi in tre fasce. In quella inferiore, su sfondo oro, alternati alle finestre sono raffigurati i quattro profeti dell’Antico Testamento: Isaia, Daniele, Geremia ed Ezechiele. Sopra di essi, prima del cornicione, vi è una fascia con l’Agnus Dei sul monte del paradiso da cui sgorgano i quattro fiumi simboleggianti i Vangeli, nei quali si dissetano dodici agnelli, che simboleggiano gli apostoli. Nel timpano triangolare, infine, vi è raffigurato Cristo benedicente posto in mezzo a San Paolo e San Pietro. Con quell’oro illuminato dai raggi del sole che si rifrange in un pulviscolo di pagliuzze dorate si crea un’atmosfera un po’ fiabesca. Intorno, i bianchi porticati, le verdi palme e il cortile dalle siepi perfettamente tagliate; davanti a tutto questo Eden terrestre, ieratica, vi è la statua dell’Apostolo Paolo, con la sua lunga spada, e il Libro dei libri, in mano. Questa splendida basilica romana fu inaugurata nel 324 come una piccola chiesa e fu demolita nel 386 per la costruzione di una basilica maggiore, terminata nel 395 d.C.  con pianta a croce latina; l’aula divisa in cinque navate, separate da quattro file di 20 colonne monolitiche di granito di Montorfano, e prive di cappelle laterali. Il rivestimento delle pareti, come quello del pavimento, è in marmi policromi che compongono motivi geometrici.

Nella fascia immediatamente sopra gli archi che dividono le navate, vi è la serie dei tondi contenenti i ritratti di tutti i pontefici, da San Pietro fino a papa Francesco. Realizzati con la tecnica del mosaico e su sfondo oro, furono iniziati nell’anno 1847, durante il pontificato di Pio IX. L’idea di questa serie di tondi ha le radici nell’antica basilica, poiché erano presenti anche in quest’ultima seppure dipinti. Attualmente i tondi sono 265 e i ritratti sono di fantasia; solo i papi a partire dal XVI sec. mostrano fattezze realistiche. Poiché secondo una leggenda Cristo ritornerà quando non vi sarà più spazio sufficiente per un nuovo medaglione, sotto Giovanni Paolo II essendovi solo ancora tre medaglioni liberi, furono realizzati altri 25 tondi, per cui attualmente vi sono rimasti 26 medaglioni liberi. Al centro del transetto della basilica, sotto l’arco trionfale, si trova il ciborio, opera mirabile in stile gotico di Arnolfo di Cambio che lo realizzò per volere dell’abate Bartolomeo nel 1285. Realizzato in marmo, è costituito da un’edicola gotica sorretta da quattro colonne corinzie in porfido rosso (sostituite nei restauri ottocenteschi). Ma il bello deve ancora venire, uscendo ci si trova in un chiostro cosmatesco di rara bellezza e in perfetto stato di conservazione. Il chiostro  fu costruito fra il 1208 e il 1235. Ma non è finita, I monaci benedettini che dell’Abbazia di San Paolo da secoli sono i custodi, hanno creato il giardino monastico nel quale coltivano erbe e alberi citati nella Bibbia. Una splendida oasi che riproduce idealmente l’Eden biblico, un luogo senza tempo in cui meditare e riflettere sulla visione cristiana e monastica della natura, immersi in un’eterna primavera. Un percorso botanico-scientifico ma anche teologico, filosofico e letterario. Tra i diversi ambienti si può ammirare l’Orto dei semplici (hortus simplicium) in cui vengono coltivate, secondo la millenaria tradizione benedettina, le piante officinali impiegate nella realizzazione dei rimedi fitoterapici disponibili presso la Spezieria Monastica. Alle spalle dell’abside si erge maestoso il campanile che si articola in cinque ordini, dei quali i tre inferiori a pianta quadrata; di questi quello più in alto presenta un finto loggiato tuscanico e si raccorda alla cella campanaria superiore (corinzia, a pianta circolare, che costituisce l’ultimo piano del campanile) con un ordine intermedio ottagonale con colonne ioniche. La copertura è costituita da una cupoletta.

S. Lorenzo fuori le mura

Ecco più che della Chiesa vorrei portarvi nel quartiere di S. Lorenzo, perché è un quartiere molto interessante dal punto di vista sia storico che urbanistico che sociologico, vista la presenza di centri sociali, sedi di partiti un po’ estremisti, luoghi di dibattiti culturali e tanto altro, compresa la facoltà di Psicologia.

L’urbanizzazione della zona risale alla fine del XIX secolo, quando Roma conobbe un grande sviluppo urbanistico. Prima di allora oltre le Mura aureliane si estendeva un paesaggio sostanzialmente agricolo, interrotto solo dalla basilica di San Lorenzo e dal primo nucleo del cimitero del Verano. Quando ancora non era stato costruito il quartiere, furono attivati nel 1865 lo scalo merci San Lorenzo, tuttora in uso, e nel 1879 la tranvia a vapore Roma-Tivoli lungo la via Tiburtina, con capolinea a porta San Lorenzo, in funzione fino al 1934. Tra il 1884 e il 1888 furono realizzati alloggi per ferrovieri dello scalo merci, operai ed artigiani che arrivavano a Roma dai paesi e dalle regioni limitrofe. Da qui la natura popolare del quartiere, che si rispecchia nelle particolari tipologie abitative a “ringhiera”. Proprio per migliorare le condizioni socio-economiche degli abitanti, in particolare, per favorire l’educazione dei bambini fu istituita qui la prima Casa dei Bambini al mondo, per opera di Maria Montessori.

È, o forse era, un quartiere tradizionalmente social-comunista, infatti durante il periodo fascista fu oggetto di numerose incursioni squadriste che, a fronte della tenace resistenza degli Arditi del Popolo e della popolazione locale, terminarono sistematicamente con la sconfitta e la ritirata dei fascisti. Negli anni trenta a nord del quartiere fu costruita la Città universitaria, nuova sede dell’Università La Sapienza, e l’edificio del Consiglio Nazionale delle Ricerche, CNR. Il 19 luglio del 1943, durante la seconda guerra mondiale, il quartiere fu colpito dal primo bombardamento degli alleati su Roma, con l’obiettivo di attaccare lo scalo merci, insieme ai quartieri limitrofi (Prenestino, Casilino, Labicano e Tuscolano). Alle ore 11.03, 662 bombardieri statunitensi rilasciarono 4 000 bombe (circa 1 060 tonnellate) sul quartiere, provocando circa 3000 morti, di cui 1377 identificati, e 11 000 feriti. Dopo il bombardamento papa Pio XII, con un gesto eccezionale per l’epoca, si recò personalmente nei quartieri colpiti. Il quartiere negli anni della contestazione giovanile ospitò diversi gruppi extraparlamentari, sia per la disponibilità di botteghe vuote con affitti bassi, sia per la vicinanza all’università, da Lotta Continua a via dei Piceni al Movimento Studentesco a via dei Marrucini e Potere Operaio a via dei Volsci. Dagli anni ottanta San Lorenzo perse via via la fisionomia popolare che aveva fin dalle origini diventando un quartiere alla moda per la presenza oltre che degli studenti, di artisti, scrittori, attori, registi e intellettuali. Oggi è di fatto considerato il principale quartiere universitario di Roma, frequentato dai giovani di tutta la città e animato da numerosi pub, ristoranti, birrerie, club e associazioni culturali.

 La Basilica di San Lorenzo fuori le mura, è stata eretta il 4 luglio 1709 con il decreto del cardinale vicario Gaspare di Carpegna “De cuiuslibet statuta“. Deriva dall’integrazione di due chiese di epoche diverse e dalla successiva imponente ristrutturazione voluta da papa Onorio III nel XIII secolo. La primitiva basilica è stata eretta nel IV secolo dall’imperatore Costantino I sulla tomba del martire Lorenzo, vittima della persecuzione di Valeriano nel 258. Ospita inoltre le spoglie di santo Stefano, primo martire cristiano.

 Stando in zona una visita consigliata è Il Verano, un cimitero monumentale bellissimo, sembra un ossimoro definire un luogo triste bellissimo, ma è proprio così.  Passeggiando tra i suoi viali incontri monumenti e cappelle di eccellente architettura e fine bellezza, artisti importanti hanno contribuito alla realizzazione del cimitero, non cito i nomi perché per me sono emeriti sconosciuti, ma ovviamente non lo sono in ambito architettonico. Al Verano puoi incontrare una pletora di gente nota, da comici come Aldo Fabrizi a serissimi critici letterari come Asor Rosa, poeti di fama internazionale come Giuseppe Ungaretti a scrittori che per quanto molto importanti nel panorama letterario italiano sono stati completamente rimossi o dimenticati come Massimo Bontempelli, nobili come la principessa Maria Teresa di Savoia, politici come Andreotti e Almirante, dalla destra alla sinistra tutto l’arco costituzionale è rappresentato, così come una vasta popolazione ignota come mio zio che è sepolto nella cappella privata della confraternita dei Siciliani che però vivono a Roma. Ma come dice Totò “la morte è una livella” e azzera la ricchezza e la povertà così come le idee politiche e le ideologie, i luoghi di provenienza, tutto si livella come è giusto che sia.

 Altro luogo storico  del quartiere è la Città Universitaria della “Sapienza”, costruita a partire dal 1933 per ordine di Mussolini con l’importante contributo dell’architetto Marcello Piacentini in un’area di circa 20 ettari. Costituisce uno spazio separato rispetto al resto della città e del quartiere. In questo luogo ho vissuto i miei anni universitari. E quando andavo a fare gli esami evitavo rigorosamente di guardare la statua di Minerva posta proprio alla centro del viale che va verso la facoltà di Lettere e filosofia a destra e Giurisprudenza a sinistra, davanti al Rettorato. La superstizione dice che non devi guardarla quando vai a dare un esame, e ho scoperto che anche oggi gli studenti evitano lo sguardo fiero della Dea della Sapienza, per l’appunto… Dice il buon Edoardo “Dare spazio alla superstizione è stupido, ma non crederle porta male….” Ahahahah!!

Insomma questo quartiere merita una passeggiata anche se certo non lo si trova tra gli itinerari turistici commerciali. Bisogna prepararsi alla movida sia diurna che notturna di tanti studenti tra le sue strade e tanti punti di ristoro che accolgono con menù a prezzi stracciati.

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