Narrativa recensioni

Un manoscritto ritrovato – Antonio Avenoso

Recensione a cura di Valeria Lorusso

Con il pretesto narrativo del ritrovamento di un manoscritto, più volte chiamato durante il romanzo “il brogliaccio”, Avenoso racconta la vita dello Stupor Mundi.

Partendo dalla sua nascita a Jesi e proseguendo negli anni incontreremo tutte le città che lui amò da Palermo a Melfi.

“A Jesi, bella cittadine. Costanza mia madre, mi diede al mondo. Lei, figlia di Ruggero e ormai quarantenne ebbe non poco coraggio! Sapeva benissimo, le fazioni pronte a non appoggiare il suo matrimonio, sarebbero state ben felici di spettegolare sulla mia nascita”.

Emergono in questa carrellata il ritratto del padre Corrado, il ricordo affettuoso di Costanza d’Altavilla, il rapporto controverso con Innocenzo III e l’amore per Costanza d’Aragona.

Proseguendo nella “narrazione” scopriremo un ritratto di Jolanda di Brienne seducente, capace di ammaliare il trentunenne Federico con la sua fisicità e disponibilità sessuale.

“Mai l’avevo desiderata con così assoluta determinazione. Mi faceva sentire vivo. Le scostavo spesso i capelli e iniziavo a baciarle la fronte, il viso, il naso, la parte superiore della bocca, gustando piano le labbra. La carnosità ci sconvolgeva e muovendosi si girava sino al momento in cui finiva sopra di me.

La proclamazione a re di Germania, la sconfitta di Ottone di Brunswick e la corona di imperatore, il viaggio in Terra Santa, la Crociata per ricucire i rapporti con il Papa e ottenere il suo perdone e il ritiro della scomunica.

Lungo tutto il percorso narrativo troveremo Ermanno di Salza fedele amico e confidente,

“Potevo con Ermanno di Salza gettare la dura scorza dell’antico male di vivere”, poi la Sicilia soleggiata con le sue architetture che inducevano soggezione e Melfi città amata.

“Melfi, la città da me esaltata e scelta come dimora estiva era bella, Un adagiare di colline, un saliscendi tra i vicoli e gli stendardi negli angoli […]Un chiarore solare, smagliava le pietre, luccicava Porta Calcinaia, scendeva per Porta Bagno, fuggiva a Porta Venosina. Un guazzabuglio di emozioni, il cuore in affanno, s’andava liberando nei momenti grigi, il sole cominciava a scaldare dopo aver smantellato le tristezze delle ore precedenti.”

Definirei l’opera di Avenoso un memoir storico, perchè Federico II riporta le sue riflessioni, le suggestioni, le ombre e le luci che affollano la sua mente di imperatore che vive interiormente gli eventi.

E’ una full immersion psicologica, un turbine di pensieri inframmezzati da ricordi del passato, del romanzo storico come viene inteso nell’accezione più classica del genere “Un manoscritto ritrovato” non ha nulla.

Con fatica si segue questo flusso di coscienza da cui si cerca di estrapolare la vita di Federico incasellando le note storiche qui riportate in quella che la storia ci ha tramandato.

Lo stile decisamente lirico ed evocativo, aulico nella sua poeticità, non facilita il compito pur rappresentando il valore aggiunto alla storia.

PRO

Stile dell’autore

CONTRO

Poco spazio agli avvenimenti storici.

Un manoscritto ritrovato – Edizione cartacea

TRAMA

Coniugando ricerca storica e guizzi fantastici, il romanzo di Antonio Avenoso, amalgama storie felici e intrecci della vita dell’imperatore svevo Federico II. C’è l’infanzia del piccolo imperatore dove troviamo la spensieratezza e le misere ferite. Vi sono le città care a Federico: Palermo, Melfi, Jesi, e la sorprendente attualità di un’epoca ricordata e abbandonata. È un romanzo sulla vendetta e la meschinità, ma anche sull’amicizia e sull’amore. Nel suo scrollare le coscienze esplicita attraverso il “manoscritto”, il vigore e la commozione, le inquietudini, gli sgomenti, le piccole e le grandi felicità. Un manoscritto ritrovato, penetra nelle corde del lettore quasi a far emergere i sottili confini tra la pace e la guerra.

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