Recensione a cura di Anna Cancellieri
Quando leggo una storia di streghe preferisco protagoniste dotate di qualche misterioso potere, piuttosto che sfortunate guaritrici perseguitate per la loro innocente conoscenza delle erbe. La strega di questo romanzo appartiene alla prima categoria e ha un talento singolare: la capacità istintiva di lasciarsi guidare dal potere curativo delle pietre rare che fanno parte della sua “cassetta degli attrezzi”.
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È una conoscenza la cui origine si perde nella notte dei tempi, e di cui rimane traccia nell’attuale “cristalloterapia”. L’autrice ha potuto arricchire la narrazione di dettagli preziosi proprio grazie alla professione di gemmologa.
La storia si snoda su due piani temporali: nel primo, gli anni dell’apprendistato, vediamo la giovane Ginevra nei panni di una scalpitante adolescente ansiosa di mettersi alla prova, insofferente dei continui ammonimenti dell’anziana maestra Vermilia.
“«Ma Vermilia, i tuoi rimedi funzionano davvero. Molti uomini ne sono stati testimoni! Forse, anziché scomodare le streghe, i presti dovrebbero punire i dottori che si arricchiscono con cure inutili.»
«Verrebbe da pensarlo» rispose Vermilia. «Ma i miracoli dei santi sono l’unico tipo di magia divina riconosciuta dalla chiesa. Noi rappresentiamo una minaccia al suo potere perché offriamo rimedi alternativi, ricordando alla gente la magia che Dio ha posto in tutte le cose terrene.»”
Nella mente di Ginevra si forma un chiaro progetto: diventare medica in modo da poter esercitare in modo legittimo la sua arte. Purtroppo le donne non sono ammesse nei luoghi del sapere…
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La speranza si riaccende durante la devastante peste del 1348, quando Ginevra viene richiamata a Firenze dopo lunghi anni di assenza.
Ma il vero motivo non sono i suoi talenti di guaritrice, bensì le presunte conoscenze arcane a causa delle quali è stata esiliata. Solo una strega potrebbe risolvere una serie di furti così inspiegabili da sembrare oggetto di arti demoniache: le sante reliquie vengono prelevate a una a una dalle chiese e sostituite con misteriose ampolle di acqua colorata.
A Ginevra il movente non sembra affatto demoniaco.
“«Messer Inquisitore, le reliquie non sono incastonate dentro scrigni d’oro e gioielli? Non sono gli stregoni a essere interessati a esse, ma la gente comune. Non avete bisogno di qualcuno con una conoscenza speciale…»
«Ah! Hai una mente inquisitoria, proprio come me. » (Ginevra non apprezzò il paragone) «I reliquiari d’oro vengono lasciati intatti, al loro posto. Sono scomparse solo le reliquie.»”
E così vediamo Ginevra vagare in una Firenze spettrale, del tutto impreparata al compito di investigatrice. Poiché i cristalli la proteggono dalla malattia, è l’unica che può ispezionare le chiese violate e fare l’inventario delle reliquie scomparse.
“Per aggiungere misera alla miseria, era ormai evidente che se una parrocchia era derubata della santa protezione, la sua intera popolazione sarebbe stata ben presto decimata dalla peste. La gente di Firenze cominciò a chiamare quei luoghi ‘parrocchie morte’, e nessuno ne avrebbe attraversato i quartieri maledetti, né per amore né per denaro.”
Ginevra troverà aiuto nei collaboratori più improbabili: una gentildonna volenterosa e pasticciona, ma anche capace di trovate geniali; un inquisitore schizzinoso e insicuro, lontano anni luce dagli implacabili funzionari a cui siamo abituati; il giovanissimo orfano Piero, che l’ha ricondotta a Firenze.
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Inquietante la presenza del Malocchio, considerato un’entità reale con una sua malefica volontà. Ginevra, dopo averne fatto esperienza da ragazzina, ha imparato che per tenerlo alla larga è bene comportarsi sempre in maniera amorevole e gentile.
“«Ssst. Non essere geloso. Il malocchio sente queste cose. Arriverà e te la farà pagare.»
«L’Occhio non esiste» replicò lui, anche se a bassa voce e in tono più insicuro. «È una storia che usano le donne per spaventare i bambini.»
Ginevra rimase in silenzio.
«Non è reale, vero?» chiese Piero.
«È reale e io l’ho provato sulla mia pelle. Devi fare attenzione, o accadrà anche a te.»”
Lo spirito compassionevole di Ginevra si manifesta soprattutto nel desiderio di aiutare e curare, persino andando contro i propri interessi o in violazione di espliciti divieti. È commovente il suo dolore quando vede morire le persone che non riesce a soccorrere in tempo.
In un finale da horror gotico scopriremo che il movente è quanto di più assurdo si possa immaginare, mentre i colpevoli in qualche modo ricordano i personaggi del Boccaccio, a cui l’autrice stessa ammette di essersi ispirata.
Pro
Una storia insolita per una strega insolita. Attenta e verosimile la ricostruzione storica. Affascinante la simbologia delle gemme.
Contro
Qualche sforbiciata qua e là avrebbe reso la narrazione più scorrevole.
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La strega delle pietre – Edizione e-book
TRAMA
Sfruttando i poteri nascosti delle pietre preziose, Ginevra è in grado di guarire i malati. Ma è un dono che è anche una maledizione – condannata come strega, viene cacciata da Firenze. È il 1348. L’esilio di Ginevra dura da quasi dieci anni quando viene convocata di nuovo a Firenze. La peste nera sta devastando l’Italia, e gli stessi uomini che l’hanno cacciata implorano il suo ritorno. Ginevra acconsente a tornare, certa che, finalmente, le sue cure non ortodosse saranno accettate: c’è pur sempre un’epidemia in corso. Ma la missione che le viene affidata è, invece, molto diversa: dovrà usare la sua collezione di pietre per rintracciare un ladro che sta saccheggiando le chiese di Firenze alla ricerca di reliquie dal valore inestimabile – l’unica speranza di protezione per la città. Se dovesse riuscire in questa missione sarà finalmente riconosciuta come medica, e non sarà mai più accusata di stregoneria. O forse no.