Narrativa recensioni

La strada oltre il muro – Shirley Jackson

Recensione a cura di Ivana Tomasetti

Un romanzo che deve essere letto per intero per comprenderne il senso e il messaggio, che va approfondito analizzando il tempo e il luogo. Chi sono le famiglie che abitano lungo la strada? Ognuna con le proprie caratteristiche, ognuna con i figli che seminano cattiverie e che vivono la loro adolescenza con le prime simpatie e le difficoltà a comunicare i propri sentimenti. Si comprende che alla fine sarà proprio il muro a dare identità ai personaggi visti nel loro insieme. Come a dire che il limite che il muro stesso costituisce è ciò che giustifica l’essenza della ragnatela che lega tra loro gli abitanti e lo scorrere del tempo, nell’arco di un’estate di vacanza da scuola. Il muro racchiude una realtà che vorrebbe esistere per sempre e che esclude i “diversi”; quelli che hanno difficoltà, quelli con non appartengono al ceto sociale dei benestanti, quelli che hanno difetti. E paradossalmente questa provincia americana produce giovani fuori da ogni norma sociale, nella difesa del perbenismo degli adulti.

La storia non ha un vero e proprio svolgimento: vi sono le azioni dei ragazzi che danno preoccupazioni ai genitori, che si comportano seguendo le loro invidie e i loro desideri, diventando anche vittime dei propri fratelli. Sono scardinate le idee di benevolenza, amore fraterno, sincerità; sembra che tutti i personaggi abbiano il solo desiderio di seguire i loro impulsi e di provare il proibito. Perché i giovani sono così dispettosi e cattivi? È forse il prodotto di una società che vive di apparenze? Ne nasce il quadro di una incomunicabilità che investe adulti e ragazzi richiamando i problemi del mondo moderno in cui le relazioni sociali risultano difficili, in cui la noia riempie il tempo dei giovani. Il muro crea l’isola entro la quale ciò avviene. Forse il protagonista è proprio il muro che permette una comunità da cui nessuno esce e in cui nessuno, entra; senza cambiamento, in un perenne egoismo individuale, prodotto dall’esclusione degli altri.

“Il muro era il confine di una grande tenuta che in origine comprendeva tutti i terreni intorno a Pepper Street, e che era stata svenduta un lotto dopo l’altro. Al momento il muro correva lungo Cortez Road, fiancheggiava la statale per un isolato e poi risaliva sull’altro lato; era un muro di mattoni sottile e alto, più alto di Mr. Donald che era l’uomo più alto di Pepper Street, e non era mai stato scavalcato in tutta la storia del quartiere. Veniva chiamato il muro, e la statale veniva chiamata statale e i pilastri venivano chiamati pilastri.”

Un romanzo di formazione dove la formazione non è positiva: l’astio e le ingiustizie descritte ci spingono a una ribellione rispetto al vivere di questi adolescenti senza norma morale, senza dialogo con i genitori, tutti avvolti da cinismo, assenza di affettività e di emozioni positive. Non possiamo non pensare che ciò sia anche prodotto dall’educazione ricevuta. E il finale ci sorprende, o forse neanche tanto.

Parlando di personaggi, il numero è significativo: le famiglie sono dodici con relativi figli e figlie che si raggruppano a seconda delle simpatie, mentre i genitori intervengono per mantenere il “decoro” sociale. Qualcuno si trasferisce e altri vengono a prendere il loro posto. Se vogliamo effettuare un giudizio potremo dire che le ragazze sono descritte come le più intraprendenti nelle bugie e nei pettegolezzi che vedono i maschi come vittime. In nessuno troviamo un’evoluzione nel carattere o nell’atteggiamento, non vi è una lotta personale, ma solo un’opposizione tra ragazzi, che cercano di emergere a danno degli altri. Tutti sospinti in un vortice a cui non prestano interesse.

“Pepper Street era un bel posto dove vivere perché non era sotto la responsabilità dei suoi abitanti; persino la pavimentazione era stata realizzata da uomini ormai lontani, progettata da qualcuno in un palazzo di uffici che neppure Mr. Desmond aveva mai visto. La vita degli abitanti di Pepper Street, come quella di coloro che vivono a stretto contatto con la terra, come quella dei loro antenati più o meno remoti, era silenziosamente guidata da una forza distante e misteriosa.”

Il libro sembra abbia lo scopo di scoperchiare i piccoli e grandi misfatti quotidiani delle famiglie sullo stile de “I peccati di Peyton Place”.

La narrazione è scorrevole, le scene brevi si sciolgono una dietro l’altra cogliendo istantanee delle azioni dei diversi personaggi intenti a rincorrere le angustie quotidiane, che diventano cattiverie di maggiore consistenza, delazioni ed egoismi pieni di acredine. È questo il risultato delle “buone” famiglie della provincia americana?

“«Però devi andartene» disse la vecchia Mrs. Martin. «Devi andartene di qui».
«Io non me ne vado» disse la giovane Mrs. Martin. Era seduta con grazia su una poltroncina troppo grande per lei, in mezzo a George e Hallie, che spostavano lo sguardo dall’una all’altra con occhi spalancati, ma inespressivi. «Non me ne vado e basta».”

Il narratore è in terza persona e racconta al passato. Non possiamo parlare di ritmo serrato, le scene sono spesso slegate una dall’altra e costringono a rivedere la lettura per recuperare i personaggi di cui si parla.

L’ambiente è la città di Cabrillo in California e la strada ha il nome di Pepper Street; somiglia a qualsiasi città di provincia con casette circondate da giardini e tendine alle finestre da cui gli abitanti sbirciano ciò che succede nella via, coltivando i loro egoismi.

Originale invece è l’esistenza stessa del muro che resta un baluardo a difesa di angherie e negatività, nascondendole dall’esterno, come un velo che ricopra i peccati e consenta la loro esistenza.

Shyrley Jackson (1916 – 1965) fu una scrittrice e giornalista statunitense. Scrisse racconti in stile gotico come L’incubo di Hill House.

PRO

La storia racconta la vita nascosta di adolescenti che sperimentano la cattiveria senza porsi alcun problema di carattere morale. Il finale porterà a una svolta. È uno spunto per riflettere sulla vita di gran parte degli adolescenti di oggi.

CONTRO

Utile sarebbe stato un elenco dei personaggi a inizio libro. Per non perdersi nella confusione, il lettore è costretto a farlo da sé.

La strada oltre il muro – Edizione cartacea
La strada oltre il muro – Edizione e-book

Trama

È una tipica strada dei sobborghi americani Pepper Street, abitata ancora – siamo nel 1936 – da una maggioranza Wasp che non si arrende all’arrivo degli invasori: cattolici, ebrei, cinesi. Gli uomini sono altrove, nella vicina San Francisco, assorbiti dal loro lavoro. Tocca dunque soprattutto alle donne puntellare le barricate del conformismo: «Per quanto desideriamo trovare nuovi amici degni di stima, persone che ci entusiasmino per le loro idee nuove, o perché sono diverse, dobbiamo fare ciò che ci si aspetta da noi» afferma una di loro con infernale candore – e quando la figlia le chiede ottusamente che cosa ci si aspetta da lei, risponde: obbedire. Di queste donne, murate vive nell’ostilità, impettite nella difesa del loro piccolo mondo, Shirley Jackson penetra, come solo lei sa fare, i pensieri e le abitudini; e penetra le case, decifrando il codice dell’arredamento e della cura del giardino. La facciata radiosa vela infatti l’orrore quotidiano e i cupi segreti che lo sorreggono: infedeltà, pregiudizi, malignità morbose, tensioni pronte a esplodere – e che puntualmente esploderanno. Con questo primo, fatidico passo narrativo Shirley Jackson si presenta già armata dei suoi strumenti più affilati: un’ironia leggera e corrosiva, uno humour sbarazzino e irridente, un occhio cui non sfugge nulla, una lingua che non perdona. Strumenti con cui ritrae nitidamente il clima avvelenato – preludio alla catastrofe – che avvolge e impregna tutti i personaggi di questo romanzo, in particolare i bambini: stupidi, vanesi, ipocriti, imbroglioni, crudeli, adulti in miniatura, criminali in nuce.
«Shirley Jackson penetra con acume nelle tremende verità che si nascondono talvolta dietro comode finzioni» (Donna Tartt).

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