Recensione a cura di Mara Altomare
Leggere la storia di vite straordinarie genera sempre un sentimento di ammirazione di fronte ad esistenze tanto imponenti. Con senso di umiltà bisogna prendere atto che sul nostro pianeta sono passate alcune persone, che, come Re Mida, hanno trasformato in oro tutto quello che hanno toccato. Possiamo solo guardarle dal basso del nostro essere dei comuni mortali. In questo caso possiamo, più che guardare, “leggere” da comuni mortali e lasciarci investire da una grande meraviglia.
Meraviglia a cui si unisce però lo stupore, l’incredulità, quando succede che personalità così immense possano essere un giorno scordate. Esiste allora un modo per ridestare nel mondo la memoria di queste vite eccezionali, che non meritano di essere dimenticate: è la scrittura, e questo romanzo è un omaggio a una donna grandissima e anche un dono per quei lettori ignari, che tramite la scrittura sono stati risvegliati e arricchiti.
Probabilmente per questo motivo l’autore apre il romanzo citando così il poeta e scrittore islandese Stefànsson, al Capitolo Zero
Scrivi. E non dimenticheremo
Scrivi. E non saremo dimenticati.
Scrivi. Perché la morte è solo un altro nome per l’oblio.
Hedy Lamarr, al secolo Hedwig Eva Maria Kiesler, ha vissuto una vita lunga e intensa che sembra racchiudere più vite, e forse nessun romanzo potrebbe raccontarle tutte completamente. Scrivere un romanzo su di lei è una scelta coraggiosa.
“Eva – la prima donna. Quella che non è mai stata bambina. Eva, colei che ha mangiato dell’albero della conoscenza. Eva, colei che voleva essere come Dio, conoscere il bene e il male. Eva, la donna cacciata dal paradiso terrestre, dimenticata, la peccatrice.”
Eva – prima donna, di nome e di fatto: attrice famosissima già dagli anni ’30, quando, a soli diciassette anni, davanti alle telecamere, si rende protagonista della prima scena di nudo integrale della storia del cinema, un evento scandaloso per la sua epoca, che la porta dalle sale cinematografiche europee fino a Hollywood, dove oggi c’è la sua stella sul marciapiede delle star. Il film si intitola “Estasi”, la sua eco giungerà fino al Papa e a Hitler, e questo stesso titolo avrà l’autobiografia scritta nell’ultimo periodo della sua vita. Libera, a volte disinibita anche nella sfera privata, tra film, amanti e sei mariti; il pubblico che l’ha seguita in quegli anni la riconosce per il suo corpo provocante e il suo viso perfetto, la menziona come la donna più bella del mondo, una virtù che rappresenta però anche una sorta di condanna.
“Troppo presto Hedy. Era troppo presto. “Estasi” sarà proibito in molti stati, ecco perché lo vedranno tutti. Perché era troppo presto e tu sei fatta di futuro.”
Il mondo la guarda, ma nessuno si accorge che Eva, oltre tutta questa grazia, è un genio!
Nasce a Vienna nel 1914, vive la Vienna capitale dell’impero austroungarico a cavallo tra le due guerre, quella Vienna altolocata abitata da personalità rilevanti, frequenta la stessa scuola delle figlie di Freud e fin da piccola si diletta a costruire manualmente giocattoli, con oggetti qualsiasi reperiti in casa.
“Hedy, a sei anni, (e per tutta la vita) sapeva fare cose che nemmeno lei aveva idea del come e del perché sapesse fare. Ed è bello, o fa una paura del diavolo fare cose incomprensibili anche a sé stessi?”
Avendo origini ebraiche, negli anni ’40 vola in America, che significa anche Hollywood, prosegue una carriera fortunata, dà vita alle sue piccole e grandi invenzioni: tanto per citarne un paio (quando necessità fa virtù) Eva inventa il rossetto a vite e poi la tinta per capelli “color Hedy Lamarr”; la prima produzione della tinta va esaurita in una settimana, commercializzata da un produttore di Los Angeles che ha in comune con Hedi le origini ebreo/polacche, personaggio dal nome difficile, Maksymilian Faktorowicz, ma che una volta giunto in America si fa chiamare… Max Factor!
E c’è ancora di più: il suo genio è proiettato verso un futuro inimmaginabile per i suoi contemporanei e, basandosi sull’accordatura del pianoforte, scopre il salto di frequenza, che consente di comandare le cose a distanza, senza fili. Praticamente Eva inventa il Wi-Fi… Attenzione: siamo nel 1940!
E adesso immaginiamola camminare sicura verso la porta dell’ufficio brevetti della marina americana, a 27 anni, sola, bella e fiera, passo seducente in una caserma di soldati americani: parla di scienza e del futuro con in mano lo schema del salto di frequenza, mentre gli occhi che la osservano la pensano nelle sue vesti cinematografiche, o forse nelle sue nudità.
“Nel 1940 il mondo è pronto a farsi accompagnare nel futuro da una donna? Da quella donna?”
Troppo presto!”
Il romanzo ci mette in contatto con una vita straordinaria e complessa, perché Eva è una persona che nel suo genio non può prescindere dal suo corpo di donna più bella del mondo, e dove la stessa bellezza anima e stimola il genio che lei è.
“Credo di essere stata maledetta. Il mio viso, il mio corpo sono le mie maledizioni. Il corpo è una maschera che non mi posso togliere.“
L’autore, Alessandro Barbaglia, ci fa conoscere Eva tramite una modalità affascinante, parlando di Eva e con Eva, in costante contatto diretto con lei, che tramite la sua autobiografia e le immagini dei suoi film risponde.
Inoltre si avvale di un espediente molto particolare che viaggia su due diversi piani temporali: quello dell’epoca di Eva e quello presente, in cui il protagonista e narratore è alle prese con il disagio vissuto da una sorella minore con difficoltà, una sorella geniale ma disperata, una persona “precipitata”, che somiglia a Eva e come Eva è irraggiungibile nella sua più intima essenza.
Leggendo l’autobiografia di Hedy Lamarr, il protagonista si accorge che è un libro già conosciuto e spesso letto da sua madre e sua sorella, e si domanda perché questo libro faccia parte delle loro vite, perché Hedy Lamarr suscita un così grande interesse in loro; e conoscendo la storia di Hedy / Eva ristabilisce i suoi contatti familiari: Eva lo aiuta a conoscere sua sorella, perché non è poi così lontana da lei.
E’ una storia di grande effetto, in cui il presente si intreccia con il ricordo, in cui l’uomo deve fare i conti con la sua inadeguatezza, in cui l’autore si pone e ci pone delle domande che tagliano il romanzo trasversalmente, domande che nascono in lui, che riguardano il suo essere fratello di una persona complessa, che fin dall’infanzia è un fardello pesante da portare.
“Come funziona l’amore di una madre per una figlia disperata? E quello di una madre per una figlia geniale? E come funziona l’amore di una madre per l’altro figlio, per il fratello della disperata, per il figlio che non è un genio? C’è abbastanza amore per tutti se uno dei due, per genio o per follia, ruba l’intera scena?”
Un romanzo davvero pieno di belle domande…
“Estasi ed io” è anche il titolo dell’autobiografia di Hedy Lamarr, del 1968, quando la sua parabola si può dire ormai discendente… Hedy Lamarr ha dedicato quest’opera ai suoi figli, e poi “a tutte le precipitanti”.
“…non precipitate, ma precipitanti, coloro che stanno ancora precipitando e che forse lo faranno sempre, ma che possono ancora evitare lo schianto peggiore, non sono cadute”
Un romanzo che va ringraziato, perché celebra l’immortalità di una persona che ha scavalcato il suo tempo, ha potuto raggiungere il nostro tempo e anche superarlo, pagando spesso un prezzo alto.
“Quanto è difficile essere donna? E quanto è difficile essere contemporaneamente la prima di tutte e la donna del futuro?”
I PRO DEL ROMANZO
La sorpresa per chi ancora non conosceva Hedy Lamarr, e l’originalità dello stile nel far conoscere una donna del passato così “piena di futuro”.
I CONTRO DEL ROMANZO
I capitoli dedicati ai protagonisti del presente: pagine forti ma più lente e, se il lettore si riconosce in un “precipitante”, mettono con le spalle al muro e provocano domande scomode.
TRAMA
Scordata. Come può essere dimenticata colei che a lungo è stata considerata la donna più bella del mondo? La diva per eccellenza, quella che tutti ammirano, che tutti sognano. Eppure è quel che accade a Hedy Lamarr, ebrea austriaca figlia di un dirigente di banca e di una talentuosa pianista. Hedy, al secolo Hedwig Eva Maria Kiesler. Eva, come la prima donna. È il 1932 quando gira il film che la renderà famosa. Solo che lo fa a diciassette anni, mostrandosi nuda e sensuale come nessuna prima. Forse non c’è talento nella bellezza, ma Hedy sa farne un’arma micidiale che, qualche anno più tardi, le spalanca le porte di Hollywood. Ma c’è qualcosa che stona nel modo in cui se ne serve. Così carnale, disinibita, a tratti spudorata anche nella vita privata, dove amanti e mariti si susseguono senza vergogna. Ci vuole un occhio molto attento per intuire che quel corpo provocante e quel viso celestiale possono essere la sua fortuna, ma anche la sua condanna. Perché tutti guardano quelli, e nessuno si rende conto che Hedy, in realtà, è un genio. Non se ne sono accorti nel momento in cui, da bambina, ha costruito un carillon con una scatola di metallo e gli ingranaggi di un vecchio orologio, o quando da ragazzina ha aggiustato una telecamera che si era rotta sul set semplicemente mettendoci le mani, né quando ha inventato il fondo a vite per il tubicino del rossetto, così da non doversi sporcare le mani a ogni applicazione. Impossibile allora che qualcuno le dia retta il giorno in cui, basandosi sull’accordatura del pianoforte, scopre il salto di frequenza, che consente di comandare le cose a distanza, senza fili. Hedy ha inventato il Wi-Fi e nessuno se n’è accorto. Perché essere le prime, esserlo troppo presto, significa essere sole.