Recensione a cura di Laura Pitzalis
La figura di Leonardo da Vinci è sempre stata ammantata da un alone di mistero e i miti che ne circondano la vita e il lavoro si sono diffusi così tanto da rendere questo artista la figura forse più fraintesa del Rinascimento Europeo. Agli occhi dei suoi contemporanei Leonardo appariva spesso strano, stravagante, quasi inquietante, per quella sua voglia di apprendere che non poteva essere limitata dal pudore e dalle convenzioni religiose del tempo, non si faceva certo scrupoli ad adottare tecniche fuori dall’ordinario quando si trattava di studiare la natura.
Questi metodi poco convenzionali, uniti alla sua vita eccentrica e ai suoi appunti indecifrabili, contribuirono a creare quel velo di arcano che tanto ha ispirato cinema e letteratura moderna nel cercare nelle sue opere letture mistiche e strani segreti codificati.
In un certo modo lo fa anche Simone Valmori nel suo ultimo libro, “Il figlio di Leonardo”, Mursia Editori, anche se le sue teorie non sono delle congetture letterarie ma deduzioni frutto di studi, ricerche, viaggi investigativi durati anni.
Nelle “note dell’autore” Valmori spiega
“Questo giallo nasce da una folgorazione, alla quale ne sono susseguite altre, ben più violente. Tutto è cominciato osservando un dipinto del Quattrocento conservato nella mia città, Forlì, e improvvisamente gli schemi studiati nei libri sono iniziati a saltare uno dopo l’altro e tutto mi è apparso finalmente chiaro: c’è un messaggio preciso celato nell’arte leonardesca.”
E come pubblicare queste ricerche per renderle accessibili a tutti se non trasformandole in narrativa? Nasce così questo romanzo dove l’autore ci mette a conoscenza di alcune teorie da lui elaborate illustrandoci alcuni indizi nascosti nelle opere pittoriche citate nel testo. In questo modo noi lettori , a fine lettura, abbiamo le “basi” per poter valutare se queste teorie possano essere ammissibili oppure no, stimolando un dibattito sulla figura di Leonardo da Vinci che ritengo fosse il vero obbiettivo dell’autore quando ha scritto questo libro.
Una chicca: tutti i dipinti citati nel romanzo possono essere consultati attraverso un QR Code presente alla fine del libro e scaricati per una migliore visibilità.
Ma andiamo a parlare del libro, un giallo storico con un registro narrativo a due tempi, passato e presente, alternati nei capitoli, la cui trama del primo ha origine nel XV secolo, all’epoca di Caterina Sforza e Leonardo da Vinci, e dove dei dettagli contenuti nel dipinto “La dama dei gelsomini” di Lorenzo di Credi, daranno l’input alla storia thriller ambientata ai giorni nostri tra l’Emilia-Romagna e il Veneto.
Due romanzi in uno, quindi, uno storico e l’altro thriller, con due plot distinti che convergono in un unico obbiettivo: portare a conoscenza e dimostrare teorie innovative capaci di cambiare per sempre la storia dell’arte.
Questa dualità di racconto è ben spiegata nel sottotitolo: Il segreto di Caterina Sforza, (si riferisce alla parte storica), torna a macchiarsi di sangue (la parte thriller).
Il confine tra verità storica, immaginazione, plausibilità, può essere sottile in questo romanzo dove nel passato abbiamo due protagonisti eccellenti: Leonardo da Vinci e Caterina Sforza signora di Imola e contessa di Forlì. In un’epoca dove a dominare erano i caratteri, il temperamento, dove la Chiesa badava al proprio interesse e i Papi a mettere sul trono i propri figli, Caterina dimostrò di valere quanto e forse più di un uomo, tanto da passare alla Storia come “La Contessa guerriera”, “La prima donna d’Italia”, “La tigre di Forlì”. Molto bravo Valmori a caratterizzarla psicologicamente.
“Gli anni passarono, ma Caterina non riuscì mai a dimenticare le violenze subite in quei tre giorni terribili in compagnia di Girolamo Riario. Trasformò presto la rabbia e le frustrazioni in aggressività e in talento nell’uso delle armi. Abbandonò il legno per passare al ferro e non furono pochi i malcapitati che, anziché lividi, si ritrovarono vere e proprie mutilazioni. Già a quattordici anni non aveva rivali nella caccia e nelle giostre, ed era più temuta per la sua indole attaccabrighe che per la sua nobile discendenza di cui, da sempre, poco le importava”.
Questa parte “storica” è quella che mi ha coinvolta di più per le interessanti, affascinanti e, naturalmente, competenti spiegazioni relative a grandi opere pittoriche rinascimentali. Inoltre, è piacevole, ben narrata e intrigante per l’inserimento di ipotesi più o meno geniali circa l’eventuale esistenza di un erede del grande Leonardo da Vinci.
Nel thriller, ambientato ai giorni nostri, seguiamo le peripezie dell’ingegner Giorgio Carnaccini, programmatore del comune, e della guida turistica Anna Gualandi coinvolti, loro malgrado, nel clamoroso furto de “La Dama dei gelsomini” dai musei di San Domenico. Dovranno fuggire perché ricercati per furto e omicidio e per sottrarsi a una pericolosa organizzazione criminale.
“La televisione era sintonizzata su un notiziario nazionale che ripeteva i principali fatti del giorno quando la loro attenzione venne catturata dalle parole del giornalista. «Parlano di Forlì! Della pinacoteca!» sussultò Anna. «Già…» annuì Giorgio concentrato sullo schermo, mentre lentamente masticava il grosso pezzo di pane. Poi si pietrificò alle parole del giornalista: «Si pensa quindi che i due giovani, le cui generalità non sono state ancora rese note, siano gli unici esecutori del furto della Dama dei gelsomini e dell’assassinio dell’uomo ucciso a bruciapelo. La polizia, grazie alle telecamere a circuito chiuso, ha identificato i criminali: pare siano alcuni dipendenti dello stesso Comune. Ora è caccia all’uomo.“
Di questa parte contemporanea la trama prettamente poliziesca non mi ha convinto per nulla, a parere mio troppo semplicistica, poco credibile e carente delle fondamentali tecniche e procedure investigative. Anche i dialoghi non danno una mano, risultando più adatti a un genere “romance” che non a un “thriller”. Però quando si entra nell’argomento artistico il mio giudizio si ribalta e lo trovo intrigante e curioso: è qui che l’autore tramite i protagonisti, ci mette a conoscenza delle sue teorie accompagnandoci alla scoperta di un segreto che riguarda Leonardo attraverso indizi disseminati in diverse opere non solo da Leonardo ma anche da pittori a lui vicini come Michelangelo, Raffaello, Botticelli, Luca Signorelli. Indizi che ci porteranno a interpretare da un’altra prospettiva il vero messaggio che attraverso i suoi lavori Leonardo voleva far conoscere.
“ […] Leonardo e Caterina erano entrambi figli illegittimi e conobbero bene sulla loro pelle tutti gli svantaggi di una tale condizione. Di certo questo fu un altro incentivo a celare la vera paternità di Giovanni dalle Bande Nere che, in caso contrario, avrebbe perso tutti i titoli nobiliari della madre vedova di un de’ Medici. Non potendo divulgare questa notizia, Leonardo volle comunque tramandare la storia della sua discendenza nel tempo e, a quanto pare, utilizzò l’unico modo che aveva a disposizione: l’arte.”
Non vi dirò quali sono gli indizi, non voglio rovinarvi la suspence della “caccia al tesoro”, vi dirò solo i punti cardine delle teorie di Simone Valmori e lascio a voi lettori la singolarità di seguire le tracce che l’hanno portato a elaborarle:
- Gli incontri segreti tra Caterina e Leonardo, che hanno portato al concepimento di un figlio illegittimo, quel Giovanni dalle Bande Nere, settimo figlio maschio di Caterina ufficialmente avuto da Giovanni de’ Medici, il Popolano.
- Il perché Leonardo, la cui omosessualità è ormai assodata, ha voluto concepire un figlio e perché con Caterina Sforza.
- Il perché Valmori ipotizza che “La Dama dei gelsomini” non sia un quadro di Lorenzo di Credi ma di Leonardo da Vinci.
- Un’inedita ipotesi riguardante la localizzazione del panorama che è alle spalle della Gioconda.
- Il perché della rappresentazione in alcuni quadri di Leonardo e di autori a lui vicini, di un personaggio “con un dito alzato”.
- Il perché gli unici quadri che Leonardo volle con sé in Francia fino alla morte furono: “il San Giovanni Battista”, “La Gioconda” e “Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnellino”
- La profezia che nascosta nei dipinti riguarda il futuro dell’Italia, la pace e la tanto agognata unità.
Vi ho incuriosito?
PRO
Sicuramente uno studio innovativo che accompagna il lettore in un dibattito stimolante sulla figura di Leonardo da Vinci.
In tutto il romanzo si percepisce l’amore per l’arte e una nota di merito va sicuramente all’allegato che mostra tutti i dipinti menzionati nel libro che sicuramente aiutano moltissimo a visualizzare gli indizi. Una goduria per i miei occhi! Per scaricarlo basta scansionare il QR Code che si trova alla fine del libro e inserire la password.
CONTRO
Delle riserve sul testo thriller, molto approssimativo e banale lo svolgimento poliziesco. In alcuni punti troppo prolisso e la conclusione a “effetto” che avrei sicuramente eliminato.
Per quanto riguarda il testo storico, un Leonardo da Vinci nelle vesti di Nostradamus mi ha fatto arricciare il naso.
SINOSSI
Nella terra di Romagna, l’arte e il mistero si intrecciano intorno al furto di un dipinto raffigurante una donna fiera e combattiva. Si innesca così una caccia all’uomo che per puro caso coinvolge Giorgio, un brillante ingegnere dall’animo avventuroso, e Anna, guida museale con un passato inaspettato. Intrappolati entrambi in un labirinto di antichi codici da interpretare, dovranno affrontare una spietata organizzazione criminale. Al centro delle investigazioni, il commissario Caroli è determinato a spingersi oltre ogni limite nel disperato tentativo di salvarli. In un costante intreccio tra passato e presente, Leonardo Da Vinci e Caterina Sforza sono destinati a svelare il loro segreto più grande: un incredibile esperimento che salverà un’Italia dilaniata da guerre intestine e getterà le basi per nuovi diritti universali.