Curiosità Viaggio nella storia

Le superstizioni dei marinai: un magico e curioso mondo da scoprire

Articolo a cura di Laura Pitzalis

La paura dell’ignoto e della vastità degli oceani ha generato fin dalla genesi della navigazione una lunga serie di tradizioni. Molte di queste traggono la loro origine dalla paura collegata ai rischi tipici dell’andare per mare e dall’esigenza di inventarsi sicurezza quando si affronta ciò che, da sempre, rappresenta un’incertezza.

Addentriamoci, quindi, in questo affascinante mondo esplorandone alcune tra le credenze più intriganti e bizzarre che hanno resistito al passare del tempo.

Dalle prime civiltà marittime fino ad arrivare all’era moderna, stregonerie, esorcismi, riti pagani e religiosi si sono intessuti nella cultura marinara diventando il pane quotidiano di capitani e skipper sempre attenti a scongiurare le sciagure e scacciare la malasorte accattivandosi in qualche modo, con riti propiziatori, il favore della Natura. Era scontato, infatti, interpretare le violente perturbazioni atmosferiche come la punizione di un dio infuriato con gli uomini.

E così, per esempio, per assicurarsi il favore degli dèi, nell’antica Grecia si compivano sacrifici umani prima di iniziare un viaggio in mare, mentre i vichinghi, in segno di benedizione, versavano il sangue degli schiavi sgozzati prima del varo di una nave o di una partenza.

Durante il cristianesimo le superstizioni assunsero toni più cupi quando agli spiriti malvagi e mostri marini si sostituirono i diavoli e per combatterli si invocavano i Santi.

SUPERSTIZIONI LEGATE ALLA DATA DELLA PARTENZA

Assolutamente sconsigliato mollare gli ormeggi il primo lunedì di aprile, giorno in cui Caino uccise Abele; il secondo lunedì di agosto, la distruzione dei regni di Sodoma e Gomorra; il 31 dicembre, giorno in cui Giuda Iscariota si impiccò.

Inoltre: i venerdì, a lungo considerato giorno sfortunato perché giorno in cui avvennero dei fatti funesti come la crocifissione di Cristo e la tentazione di Adamo ed Eva da parte del diavolo. Un’altra ipotesi, non collegata alla religione e forse più plausibile, la lega al fatto che spesso i marinai erano pagati il giovedì e che molti di essi si “bevevano” gran parte della loro paga risultando il giorno dopo, venerdì, completamente ubriachi. Partire quel giorno avrebbe significato una probabilità di incidenti molto alta.

Se poi il venerdì è il giorno 13 o 17 del mese ci troviamo davanti alla quintessenza della sfortuna.

Giovedì èun altro giorno funesto per  prendere il largo perché è il giorno di Thor, il Dio del tuono e delle tempeste.

Al contrario, la domenica era considerato dai marinai più superstiziosi, il giorno più favorevole, per salpare.

USANZE CHE I MARINAI, IN PASSATO COME OGGI, CERCANO ASSOLUTAMENTE DI EVITARE

Indossare abiti di un altro marinaio – Evitare di fare cadere fuori bordo un bugliolo o una scopa – Imbarcare ombrelli, bagagli di colore nero, fiori – Guardare alle proprie spalle quando si salpa – Salire a bordo della nave con il piede sinistro – Lasciare le scarpe con la suola verso l’alto (presagio di nave capovolta).

Va ricordato inoltre di non augurare mai ai marinai “buona fortuna” o “buon viaggio”, meglio un “in bocca al lupo” o il più appropriato  “in culo alla balena”.

IL CAMBIO DEL NOME DI UNA BARCA

È la superstizione marinara più nota. Mai farlo senza i dovuti scongiuri!

Le origini di questa credenza non sono affatto chiare. In tempi passati si credeva che una barca o una nave, una volta battezzata con un nome, sviluppasse una sorta di anima propria e che il nome fosse inserito in un libro tenuto dagli dèi del mare. Cambiare nome senza “comunicarlo” agli dèi equivaleva perciò ad un affronto.

Secondo altri questa superstizione affonda le sue radici nel passato. Il nome di una nave veniva cambiato da armatori senza scrupoli decisi a sfruttare anche le navi ormai considerate rottami. In un tempo in cui internet non esisteva l’unica maniera di sapere qualcosa di una nave era il passaparola nelle taverne. Nome nuovo, nave nuova. E così molti si imbarcavano su dei relitti con alta probabilità di finire in fondo al mare.

Tuttavia, cambiare nome ad una barca si può se si eseguono dei “riti” particolari: far tagliare almeno tre volte la scia della barca da un’imbarcazione amica – Scrivere il vecchio nome all’interno dello scafo sotto la linea di galleggiamento – Incrociare la scia della barca stessa descrivendo un 8 per 8 volte – Scrivere il nome corrente della barca su un foglio di carta, piegarlo, inserirlo in una scatola di legno, bruciarlo, raccogliere le ceneri e gettarle in mare.

ANCHE GLI ANIMALI NON SI SALVAVANO DAI PREGIUDIZI SCARAMANTICI

Tra gli uccelli, gabbiano e albatros erano ritenuti l’incarnazione dei marinai morti in mare, ucciderli era considerato un cattivo presagio in grado di maledire il viaggio con tempeste e cattiva sorte.

Tuttavia, erano considerati di buon auspicio se ne vedevi uno. Se uno di questi animali appariva sopra la nave, in alto mare, era segno di una burrasca in arrivo.

Il coniglio, invece, è l’animale che porta più sfortuna, anche solo parlarne porta rogna. L’origine di questa superstizione non è chiara. Pare che al Diavolo piaccia trasformarsi in questo animale, sicuramente una credenza partita da qualche prete di bordo. Forse ha più senso il fatto che non siano ben accetti perché durante il trasporto, se scappavano dalle ceste, rodevano un po’ tutto quello che incontravano.

Il gatto aveva un posto di tutto rispetto sui vascelli, anche quello nero che al contrario del cliché che lo vuole portatore di disgrazie, a bordo si riteneva portasse fortuna. C’è un motivo pratico alla base di questa credenza: i gatti cacciano i roditori, che possono danneggiare le cime e le scorte di grano a bordo, oltre a diffondere malattie tra i passeggeri e l’equipaggio. Inoltre, era ritenuto capace di prevedere eventi climatici: se soffiava, significava che stava per piovere, se si leccava contropelo, significava che stava arrivando una grandinata, se stava sdraiato sulla schiena, c’era da aspettarsi una bonaccia, se era allegro e baldanzoso, il vento stava per arrivare.

Il COLORE VERDE, LE BANANE E IL FISCHIO

Il colore verde in mare non è assolutamente accettato perché una volta gli ufficiali di marina che morivano venivano bendati e portati a casa solo dopo molti giorni di navigazione e quando veniva sbarcato il corpo era ricoperto di muffa verde, tipico di un cadavere in decomposizione.

Per altri, invece, è dovuta al fatto che il legno delle navi di una volta venisse mangiato dalle teredini, (vermi di mare) e dai denti di cane, che visti fuori dall’acqua sembravano verdi.

O ancora, era il colore della muffa o dell’ossido che si poteva formare sul legno o sul metallo delle navi, materiali con cui venivano costruite tutte le parti, scafo e albero incluso. Immaginatevi scoprirlo durante la navigazione in alto mare!

Mai portare banane a bordo! Questa è forse una delle superstizioni marinare più antiche, nata nei paesi tropicali. Per qualcuno è una semplice superstizione marinara senza senso, per altri una regola da rispettare in ogni circostanza.

L’origine della superstizione è sconosciuta. Si potrebbe ipotizzare per il fatto che le banane, nel corso della navigazione, in un ambiente caldo umido come è la stiva di un vecchio mercantile, marciscano liberando gas metano, molto tossico per l’equipaggio. Per evitare questo il comandante salpava con ogni condizione di tempo anche con mare grosso e scegliendo sempre la rotta più breve, quindi con alto rischio di naufragio. La maggior parte dei velieri spariti nel 1700 avevano carichi di banane in stiva, alimentando in questo modo l’associazione negativa tra questo frutto e la sfortuna tra i marinai.

Su questa associazione c’è un’altra ipotesi, la presenza tra i grappoli di banane di ragni velenosi che, con i loro morsi letali, avrebbero portato alla morte parecchi marinai.

Anche fischiare a bordo è proibito. Fin dall’antichità era ritenuto che fischiare a bordo potesse far nascere tempeste ed attirare il diavolo. Se un marinaio si metteva a fischiare, questo significava che voleva misurarsi con il vento, sfidandolo a duello. Inoltre, il fischio era associato a comunicazioni in codice tra ammutinati.

L’unico a cui era permesso fischiare, anzi veniva incoraggiato, era il cuoco perché finché fischiettava non rubava il cibo.

NIENTE DONNE A BORDO

Questa superstizione è ormai decaduta visto che oggi le donne sono ben accette dimostrandosi capaci e competenti in molte aree della navigazione e dell’industria marittima. Ma qualche secolo fa portavano male. Le origini di questa superstizione possono essere collegate a una combinazione di fattori storici e culturali, in un periodo in cui la navigazione era un’attività prevalentemente maschile, le navi erano spesso considerate ambienti ruvidi e pericolosi e si pensava che la presenza di donne a bordo potesse distrarre l’equipaggio o portare disarmonia tra i marinai.

Curiosamente, al contrario, una donna nuda a bordo era vista di buon auspicio, poiché si credeva che avesse il potere di calmare il vento. Questa credenza si rifletteva nell’arte dei costruttori di polene, dove spesso venivano raffigurate figure femminili con il seno scoperto: il seno nudo ammansiva il mare in tempesta e i suoi occhi aperti guidavano i marinai verso la salvezza.

Le donne, comunque, danno vita ad un’altra tradizione marinara, quella dei “Sons of a gun”, tradotto letteralmente “Figli di Fucile”. Capitava che alcune ragazze rimanessero incinta durante la loro permanenza a bordo. Non sapendo però chi fosse il padre ed essendo il ponte dei cannoni il posto più comodo dove poter far partorire una ragazza, il cognome di tutti i nati veniva registrato come “Son of a Gun”, figli dei cannoni.

SUPERSTIZIONI MARINARE DI BUON AUSPICIO

È di buon augurio per un marinaio avere un tatuaggio in quanto i simboli disegnati sulla sua pelle hanno da sempre portato con sé significati particolari, principalmente connessi alla sfera della fortuna e della protezione. Ad esempio, l’immagine di un porco o di un gallo, spesso posizionata sui piedi, indica la speranza di sfuggire a un naufragio: questi animali, infatti, erano rinchiusi in gabbie di legno che galleggiavano in acqua, rendendoli spesso gli unici sopravvissuti in caso di affondamento della nave. Da questo derivava la certezza che, se tatuati sulla propria pelle, potessero dare agli stessi poteri salvifici.

Altri simboli, quali la bussola e la rosa dei venti, si credeva fossero in grado di guidare i marinai nel ritrovare sempre la via verso casa, mentre l’ancora simboleggiava una sorta di scudo contro possibili cadute in mare. Lo stesso significato le immagini religiose.

I tatuaggi, inoltre, dovevano essere assolutamente di numero dispari. Il fatto è che storicamente il tatuaggio veniva realizzato dai marinai nel porto di partenza e un altro quando si arrivava a destinazione. Il terzo veniva realizzato se si tornava a casa sani e salvi. A questi, se ne sommava un quarto nel caso di un nuovo viaggio, e un quinto all’ennesimo ritorno. Avere tatuaggi in numero pari significava, quindi, essere lontani da casa, mentre averne in numero dispari voleva dire essere al sicuro con la famiglia.

Anche indossare orecchini a cerchio d’oro era di buon auspicio. Secondo le usanze della vecchia marineria, costituiva un “accessorio” fondamentale in quanto latore di fortuna, talismano protettivo contro la morte per annegamento e … teneva lontano lo scorbuto.

Al di fuori della superstizione, si pensava che il buco all’orecchio potesse migliorare la vista, fondamentale in mare per individuare scogli pericolosi e vascelli nemici. Inoltre, un lobo trafitto simboleggiava l’aver navigato intorno al mondo o aver attraversato l’equatore. Nella tradizione francese si potevano portare fino quattro orecchini, due per lobo, che simboleggiavano il passaggio dei quattro Grandi Capi, Capo Horn, Capo di Buona Speranza, Leuween, Capo Finisterre.

Oltre a ciò, per i marinai l’orecchino d’oro rappresentava il loro “tesoro”. Se fossero morti in mare, i marinai avrebbero trovato la pace nell’aldilà solo se il loro corpo fosse stato seppellito a terra. L’orecchino rappresentava quindi la ricompensa per chi, trovato il loro cadavere restituito dal mare, si fosse occupato della loro sepoltura. Alcuni vi incidevano il nome della loro città natale (come si usa nelle piastrine dei militari) per far sì che potessero essere sepolti in patria. Altri, per assicurarsi una degna sepoltura, portavano delle monete nella cintura.

ALTRE AZIONI SCARAMANTICHE MARINARESCHE

Lanciare un paio di scarpe fuori bordo subito dopo il varo di una barca; Mettere una moneta d’oro sotto la base dell’albero; toccare il bavero di un abito da marinaio; dipingere gli occhi sulla prua dello scafo, i cosiddetti “occhi di cubia”, che avevano una funzione protettrice simboleggiando gli occhi delle divinità che guidavano e proteggevano gli uomini in mare. Oggi in gergo navale “gli occhi di cubia” indicano i fori a prua dove passa la catena dell’ancora: in Italia essi sono il simbolo della città di Cattolica.

Nonostante oggi molte di queste superstizioni siano state contestate dalla scienza moderna e dalla tecnologia di navigazione e pur riconoscendo che in quanto credenze popolari non hanno nessun fondamento reale, a me affascinano molto perché aggiungono un tocco di mistero e incanto al mondo marinaro. Ai nostri occhi potrebbero apparire stravaganti, forse anche buffe ma ricordiamoci che in epoche passate rappresentavano per i marinai lo scudo contro una serie di molteplici paure dovute alla natura pericolosa della loro professione e all’aspetto incontrollabile e variabile di questa immensa distesa blu che è il mare.

Però … siamo sicuri che oggi queste superstizioni siano completamente sparite?

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