recensioni Saggistica

Resistenza. Col fucile in spalla per la riconquista della libertà – Pino Casamassima

Recensione a cura di Matilde Titone

“Ogni guerra sia maledetta, come maledetti siano quelli che per il loro interesse le provocano, le dichiarano senza nessun rimorso del sangue di poveri ragazzi mandati al macello, senza rimorso del pianto di mamme, di spose, di figli, di sorelle e fratelli. Quando nacqui ero già orfana di guerra, la guerra 1915-1918.”

Mi piace iniziare da questa frase pronunciata da una donna partigiana e che mi sembra valida ieri come oggi.

Il saggio storico sulla Resistenza è preceduto da un romanzo breve sulla storia di una famiglia contadina che vive a Salò.

“ Podavini Bortolo, primogenito di Giovanni e Flora Amidei, nato il 30 ottobre 1922. Un lunedì. Il re aveva appena consegnato l’Italia a Mussolini.”

Una scelta particolare, coniugare una storia privata romanzata con l’analisi storica collettiva basata su documenti e numeri. Eppure ha una logica, attraverso il romanzo l’autore può descrivere gli stati d’animo, i sentimenti e le emozioni che la narrazione storica non potrebbe far emergere. A Salò si instaurò la Repubblica Sociale Italiana diretta da Mussolini sotto stretto controllo tedesco. 600 giorni di vita, di storia, di contraddizioni. Da lì parte una ferita italiana forse ancora non guarita. Una famiglia italiana operosa che non si interessa di politica, tranne Giacomo, fratello di Giovanni che ha una forte avversione al fascismo e la trasmetterà a suo figlio Libero. Un mondo contadino semplice sconvolto dalla tragica Storia d’Italia di quel momento.  

Dopo il romanzo inizia il saggio sulla Resistenza, sui partigiani, sulle lotte in montagna e le controffensive dei tedeschi e dei fascisti. Non manca una analisi delle 4 giornate di Napoli dove il popolo e le élite partenopee scesero in piazza in un numero impressionante e riuscirono a cacciare i tedeschi e i fascisti. Parteciparono moltissime donne e anche i cosiddetti “femminielli napoletani”, professionisti e gente del popolo, tutti stanchi dei rastrellamenti e delle deportazioni, della fame e della mancanza totale di libertà. Una pagina onorevole per Napoli e i suoi abitanti.

È un’analisi lucida questo testo di come e perché si formarono gruppi di resistenti al regime ormai caduto ma rinato a Salò. Chi erano i partigiani? Che valore ha avuto questa “guerra di liberazione” nella formazione della futura Repubblica italiana?

Tutti conosciamo il CLN (Comitato di liberazione Nazionale), i GAP (Gruppi di azione Partigiana), le ragazze in bicicletta che portavano cibo e armi e dispacci ai partigiani nascosti sulle montagne, ma perché nacquero questi gruppi? Vi confluirono tanti individui di tante diverse idee, non solo comunisti ma anche cattolici e socialisti, ragazzi giovanissimi che sognavano un paese libero, libero come il nome del protagonista del romanzo precedente. Uomini e donne che non rimasero a guardare. Vi aderì anche gente comune e anche disperati allo sbando non sempre di grande valore morale. Lo spartiacque per poter parlare di gruppi armati e organizzati della Resistenza è l’8 settembre 1943, quell’annuncio dato dall’EIAR di Roma da Badoglio di resa dell’Italia agli Alleati. La data che avrebbe dovuto segnare la fine della guerra, segnò invece l’inizio della tragedia italiana.

In Italia si consumarono tre guerre: una di liberazione, una di rivoluzione e una civile.

Quest’ultima ha per certo lasciato tracce nell’Italia di oggi, italiani contro italiani, a Salò aderirono i fedelissimi del duce e i ragazzi arruolati a forza, pena la morte, dal nuovo governo sotto lo stretto controllo dei tedeschi.

Il paese si spaccò e una lacerazione profonda si configurò come una linea di demarcazione tra gli uomini e le donne che presero le armi contro i tedeschi e contro i fascisti e contro lo “Status quo”  e quelli che invece volevano la restaurazione del governo fascista, per fede nell’ideologia, per restare fedeli alla parola data, per portare a termine il processo iniziato anche se con la consapevolezza di aver già perso. Quella frattura a tutt’oggi non si è rimarginata.

Chi erano i partigiani? Erano uomini e donne e a volte adolescenti che non avevano apprezzato Mussolini e il suo regime, l’alleanza con Hitler, le leggi raziali. Erano comunisti che avrebbero voluto dopo la guerra creare uno stato sul modello sovietico, ma anche cattolici che avrebbero desiderato uno stato basato sulla democrazia e la collocazione dell’Italia nell’ambito dell’occidente sotto l’influenza statunitense, ricchi borghesi e imprenditori che sognavano un paese moderno proiettato nell’industria e fuori dal mondo contadino conservatore e antico che tanta manovalanza aveva portato al fascismo. Anche all’interno della resistenza quindi tante idee diverse e tante anime.  

“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione andate ove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.”

Queste parole di Pietro Calamandrei furono rivolte ai giovani in un discorso sulla Costituzione nata dalla Resistenza datato 26 gennaio 1955.

La narrazione non è agiografica, non c’è la vulgata dei vincitori che fecero dei partigiani i santini laici della nostra Storia, c’è invece la Storia descritta anche nei suoi momenti meno poetici e meno eroici. Un posto d’onore viene riservato alle donne che parteciparono e che la Storia non ha, volutamente o no, degnamente celebrato, partigiani compresi. Delle stragi che tutti conosciamo, Fosse Ardeatine, Marzabotto, S. Anna di Stazzema, Cefalonia e tante altre meno note ma non meno cruente, viene descritta la genesi e lo sviluppo, la ferocia con cui vennero attuate e la barbarie che l’esercito tedesco, con la collaborazione dei fascisti italiani, operò durante la sua ritirata.

Sui diversi gruppi partigiani viene eseguita una precisa e dettagliata autopsia, ricostruito il percorso a volte eroico a volte no. Una tra tutte fu la “Volante rossa”, controverso gruppo guidato dal tenente Alvaro, nome di battaglia di Giulio Paggio. La volante rossa terminò di esistere nel 1949 dopo aver eliminato molti fascisti senza processo e in modo sommario. Ebbe un rapporto ambiguo con il PCI e fu ripudiata dai Resistenti perché scomoda, violenta e molto automa. Giulio Paggio fuggì in Cecoslovacchia e lì visse fino alla fine nonostante la grazia ricevuta dal Presidente non tornò più in Italia, non apprezzò la linea di Togliatti che nel 1946 amnistiò 4123 fascisti. Pare che le brigate rosse nel loro primo quinquennio si ispirassero proprio a quei partigiani e a quella resistenza incompiuta.

Tutti conosciamo i fatti di piazzale Loreto del 25 aprile del 1945, difficile parlare di giustizia in presenza dei cadaveri di Mussolini, Claretta Petacci e altri 18 gerarchi fascisti, appesi a testa in giù. Una mano pietosa mise una spilla sull’abito della donna per coprirne le parti intime.

“Mussolini vi arrivò senza faccia, solo un ammasso informe di carne, pelle, sangue, trafitto da 5 pallottole, tanti quanti erano i figli che una donna aveva perduto per sua colpa. Sulla Petacci qualcuno aveva orinato, fra gli sberleffi e le risate grasse . Fra le mosche, sempre loro, golose di una nuova nefandezza che si fatica a catalogare come semplice “vendetta”: perché la giustizia era volata via, come la nottola di Minerva. Chissà dove.”

Finiva così una storia iniziata nel 1922.

Forse non tutti conoscono, o solo io per mia ignoranza non conoscevo, ciò che avvenne in quella stessa piazza il 14 agosto del 1944 dove a seguito di un presunto atto di sabotaggio partigiano, mai rivendicato, quindici partigiani vennero prelevati dal carcere di San Vittore e portati in piazzale Loreto, dove furono fucilati da un plotone di esecuzione composto da militi fascisti e subordinato del capitano delle SS Theodor Saevecke (poi tristemente noto come “il boia di Milano”).

Giulio Paggio

Dopo la fucilazione, alle 06.10, i cadaveri – su cui era stato gettato un cartello con la scritta “assassini”- erano stati lasciati sotto il sole della calda giornata estiva, coperti di mosche, fino alle 20 circa. I corpi erano sorvegliati dai militi della Muti, che impedirono ai parenti di rendere omaggio ai defunti e ricomporne i corpi. Da quel luogo passò un ragazzo in bicicletta, era Giulio Paggio, il Tenente Alvaro il futuro capo della Volante rossa che non si rassegnò mai alla impunità ottenuta dopo la guerra da tanti fascisti.

Certamente, a modo di vedere dell’autore e anche mio per quel che vale, è da condannare la vendetta senza giustizia. Forse bisognerebbe agire in modo diverso da coloro che vengono considerati aguzzini senza umanità. Ma è anche difficile giudicare il dato emotivo di chi ha sofferto la repressione e ha subito ogni tipo di oltraggio. Nel libro si narra di un uomo che tornato dal Brasile dopo 40 dalla fine della guerra, riconosce uno dei fascisti che gli aveva portato via la famiglia e bruciato la casa, si arma di un piccone e lo colpisce a morte, poi offre da bere a tutti e va a costituirsi dicendo: “È la cosa più bella che ho fatto in vita mia.” Che dire? Il dolore patito fu forte e difficile da comprendere per chi è nato dopo quello sfacelo. Ricordo un’intervista a Franca Valeri, milanese scampata per un caso fortuito  alla deportazione in quanto di origini ebraiche, che disse di essere passata quel giorno da piazzale Loreto e aver visto quella scena raccapricciante, ma non provò pena, troppo era stato il suo dolore nel vivere nascosta e senza poter andare a scuola o a lavorare.

Del resto è amara la constatazione dell’impunità di cui godettero tanti criminali di guerra nazisti e fascisti. Molti di loro morirono in tarda età nel loro letto senza neppure un pentimento, nonostante i processi e le condanne. Qui si aprono scenari ancora non chiari, come la distruzione di documenti, l’imboscamento di nomi e fatti da parte delle Istituzioni appena formate dopo le elezioni. Un dato mi colpisce sui prefetti e i vice prefetti nominati nel 1946 di cui il 70% proviene dalle fila fasciste e solo un terzo dai Partigiani. Ma queste sono le nostre piaghe, le nostre contraddizioni. “La classe dirigente di questo Paese dal fascismo a oggi (erano gli anni ’70) non è mai cambiata” lo dicevano in tanti. In fondo gli unici a pagare furono quelli eliminati dai partigiani in modo non ortodosso.

Il giudizio dell’autore è comunque molto chiaro: negativo sul fascismo e sul nazismo senza se e senza ma, positivo sulla Resistenza nonostante i momenti bui, a fronte dei quali prevale nel movimento tutto l’Ideale: la lotta per la conquista della libertà del paese.

Ne consiglio vivamente la lettura a chi vuole approfondire il concetto di Resistenza che non è una parola vuota, antica e datata, come tanta retorica oggi afferma, ma ancora un’idea viva e attuale, da ricordare e da non dimenticare. Lo consiglio anche a chi vuole cercare di comprendere, per quanto possibile, tutto quel periodo buio delle stragi nere seguite dagli anni di piombo e le brigate rosse.

Voglio concludere con questo pezzo riportato nel saggio verso la fine e tratto dal giornale “il Ribelle”  (giornale clandestino nato nel 1944)

“Al di sopra di ogni altra ricostruzione occorre far rinascere nel cuore degli italiani l’amore, la stima, il rispetto reciproco. È necessario colpire con severità i responsabili delle rovine della Patria, ma non si deve trasformare l’opera della giustizia in una trama di vendette nè tanto meno in un assalto ai posti id privilegio. E occorre abituarsi , riabituarsi a vedere in ogni italiano un fratello”

Pro

Leggere per conoscere approfondire e poi elaborare idee personali.

Contro

Lascio a chi leggerà trovare i contro.

Resistenza – Edizione cartacea

Trama

Il 10 agosto 1944 un ragazzo di diciannove anni passa con la sua bicicletta da piazzale Loreto, a Milano. Militi fascisti impediscono a chiunque di avvicinarsi ai cadaveri di quindici partigiani crivellati dai colpi, sui quali infieriscono con calci, sputi, urina. Quel ragazzo si chiama Giulio Paggio, e dopo aver partecipato alla Resistenza in Val d’Ossola e nella zona di Lambrate con il nome di battaglia “Alvaro”, alla fine della guerra darà vita alla Volante Rossa, per giustiziare i fascisti sfuggiti a ogni responsabilità per i crimini commessi. Oltre alle comuniste Brigate Garibaldi, saranno diverse le formazioni partigiane di stampo cattolico, liberale, socialista, repubblicano, che – sotto il comando Comitato di liberazione nazionale Alta Italia – saranno protagoniste, a partire dal 1943, della Resistenza, con azioni crescenti e sempre più coordinate con gli Alleati. Fra continui episodi di rappresaglia, anche sulla popolazione inerme, la lotta per la Liberazione riuscirà alla fine ad avere la meglio nell’aprile del 1945. In questo libro, Pino Casamassima – che vive da sempre a Salò, nei territori dell’ex Repubblica sociale italiana – racconta le storie, piccole e grandi, dei combattenti per la libertà, della guerra partigiana, del movimento antifascista, riportando anche diverse testimonianze, raccolte in tempi diversi, di chi ha vissuto ed è stato segnato da quella stagione di libertà: una primavera che ha rifondato il nostro Paese.

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